CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2017, n. 27745
Studio Associato – Compilazione buste paga e adempimenti tributari – Appropriazione somme versate dalla s.n.c. per i contributi dei propri dipendenti
Ritenuto
che, con ricorso affidato a due motivi, la C. della N. di T. L. e R. O. & C. s.n.c. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna, pubblicata in data 11 agosto 2015, che, in accoglimento dei gravami interposti dalla V. Assicurazioni S.p.A. e T. M. avverso la decisione del Tribunale di Rimini n. 841/2007, rigettava la domanda avanzata dalla odierna ricorrente nei confronti del M. (che chiamava in causa, a fini di manleva, la V. Assicurazioni), di G. R. Dell’O. e dello Studio Associato E. di M. e Dell’O. (del quale il giudice di primo grado dichiarava il difetto di legittimazione passiva) al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecito (appropriazione delle somme versate dalla s.n.c. per i contributi dei propri dipendenti) commesso da detti professionisti associati nell’espletamento dell’incarico di compilazione delle buste paga e di adempimenti tributari;
che resiste con controricorso la V. Assicurazioni S.p.A., mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati T. M. e G. R. Dell’O.;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata ai difensori di entrambe le parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la società ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che:
a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto la Corte territoriale, “pur confermando la mancata contestazione dell’incarico congiunto da parte del convenuto M.”, avrebbe poi erroneamente escluso che detta circostanza non avesse rilievo probatorio, così violando il principio di porre a fondamento della decisione i fatti non contestati, di cui all’art. 115 c.p.c. ;
b) con il secondo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte di appello erroneamente escluso che la società attrice avesse dedotto “di avere conferito l’incarico ad entrambi i professionisti congiuntamente”, avendo “dedotto di averlo conferito all’associazione professionale”, là dove, invece, essa s.n.c., nell’atto di citazione, aveva “espressamente dedotto che l’incarico veniva conferito ad entrambi i professionisti costituiti in associazione professionale”;
che entrambi i motivi (la cui esposizione dei fatti di causa, sebbene scarna, supera il vaglio di cui al n. 3 del primo comma dell’art. 366 c.p.c.), alla luce del loro congiunto scrutinio, sono inammissibili perché non supportati da indicazione specifica dei contenuti dei documenti rilevanti e dalla loro localizzazione processuale, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. (cfr., tra le tante, Cass. n. 74552013);
che, difatti, va rilevato che la sentenza impugnata ha affermato, in modo netto e chiaro, che l’allegazione di parte attrice era circoscritta all’esistenza di un conferimento dell’incarico professionale “all’associazione professionale” e non già “ad entrambi i professionisti congiuntamente” (p. 5 della sentenza di appello). Di qui, la Corte territoriale ha poi tratto il convincimento, giuridicamente corretto, sulla irrilevanza, quanto alla posizione del M., del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. in assenza di allegazioni di fatto sull’affidamento di un incarico congiunto ai professionisti personalmente (avendo poi il M., peraltro, contestato la propria estraneità ad un incarico affidatogli personalmente), operando detto principio in presenza di fatti specificamente individuati, tali, quindi, di poter essere oggetto di contestazione (tra le altre, Cass. n. 21847/2014, Cass. n. 3023/2016 e Cass. n. 21075/2016);
che, dunque, a fronte di siffatta ratio decidendi, intrinsecamente unitaria, la società ricorrente, dapprima destrutturandone la portata con censure atomistiche (che, dunque, si presentano non conferenti rispetto a detta unitarietà), si è, poi, limitata ad una affermazione, per l’appunto, del tutto generica e priva di localizzazione processuale, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. circa la presenza in atto di citazione di primo grado di una presunta deduzione di incarico “conferito ad entrambi i professionisti costituiti in associazione professionale”, omettendo di dare contezza specifica dei contenuti propri del medesimo atto introduttivo di primo grado, comprensivo delle stesse relative conclusioni, così da impedire a questa Corte, quale giudice del “fatto processuale”, di poter accedere allo scrutinio sul fondo delle censure (Cass., S.U., n. 8077/2012), gravitanti, entrambe, sulla circostanza relativa alla presenza, o meno, di detta intelligibile
allegazione (non potendo la successiva memoria ovviare, in via integrativa/emendativa, alle carenze del ricorso);
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e la società ricorrente condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014;
che non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in euro 2.500,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis del citato art. 13.
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