Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza n. 3461 depositata il 4 aprile 2023

servizi di progettazione – requisiti di partecipazione – non ammissibile utilizzo del medesimo requisito sia da parte della società di ingegneria sia da parte del professionista suo dipendente

FATTO e DIRITTO

1. La società M.M. S.p.a. (in seguito anche solo MM) ha partecipato alla procedura di gara per l’affidamento dei «servizi tecnici di ingegneria e architettura per la progettazione definitiva, per il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione definitiva e di esecuzione, per la direzione dei lavori e dell’esecuzione della fornitura del materiale rotabile, relativi alla realizzazione della linea tramviaria T2 della Valle Brembana Bergamo – Villa d’Almè», indetta da società T.B. S.p.a., società pubblica.

All’esito delle operazioni di gara, il contratto è stato aggiudicato al raggruppamento temporaneo di professionisti T., con mandataria la società I. S.p.a. (con E. S.p.a., S.P. Associazione Professionale Ingegneri e Ing. A.E. quali mandanti).

2. La M.M., seconda classificata, ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione sostenendo che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura in quanto sia la mandataria sia le mandanti sarebbero prive del requisito di capacità tecnica e professionale dei servizi analoghi nel decennio (come richiesti dagli artt. 7.3 e 7.4 del disciplinare di gara); inoltre, uno dei professionisti dell’aggiudicataria non avrebbe dimostrato il possesso dei c.d. “servizi di punta” dato che gli incarichi indicati non sarebbero a lui riferibili, perché si tratterebbe di esperienze acquisite come dipendente e non come libero professionista.

3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha respinto il ricorso, rilevando come il raggruppamento aggiudicatario si è presentato in gara nella forma del raggruppamento misto, sottoposto all’applicazione delle regole proprie tanto dei raggruppamenti verticali quanto di quelli orizzontali, a seconda del profilo o della componente che venga in rilievo. In particolare, all’interno di ciascun sub-raggruppamento orizzontale, i requisiti di qualificazione richiesti per la specifica prestazione devono essere soddisfatti dal sub-raggruppamento nel suo complesso. Nel caso di specie, i requisiti risulterebbero soddisfatti dal momento che, nell’ambito di ciascun sub-raggruppamento e con riferimento a ciascuna delle dieci categorie di lavori da progettare: la mandataria del sub-raggruppamento possiede il requisito richiesto in misura maggioritaria; sommando i requisiti della mandataria e i requisiti delle mandanti del singolo sub-raggruppamento, ciascun sub-raggruppamento soddisfa pienamente, nel suo complesso, il requisito richiesto.

Il primo giudice, inoltre, ha ritenuto infondata anche l’ulteriore censura concernente la mancata esclusione dalla gara del raggruppamento aggiudicatario per il difetto dei requisiti di capacità tecnica e professionale in capo a uno dei progettisti (mandante nel raggruppamento), che avrebbe speso in gara esperienze maturate per appalti affidati a società di cui il professionista era dipendente (nella specie il professionista era dipendente della M.M.); facendo valere, quindi, non esperienze proprie ma del datore di lavoro.

Secondo il giudice territoriale, poiché si tratta di un’attività di natura intellettuale, il professionista potrebbe farla valere come requisito esperienziale personale indipendentemente dal fatto che sia stata svolta come dipendente o come lavoratore autonomo.

4. La M.M., rimasta soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi del ricorso di primo grado in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

5. Resiste in giudizio la società T.B. S.p.a. (di seguito TEB) chiedendo che l’appello sia respinto.

6. Si sono costituite in giudizio anche le componenti del RTP aggiudicatario: I. S.p.a., E. S.p.a., S.P. Associazione Professionale Ingegneri e Ing. A.E., concludendo per la reiezione dell’appello.

7. All’udienza del 22 settembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Con il primo motivo d’appello, la MM deduce l’ingiustizia della sentenza per avere respinto il secondo motivo del ricorso in primo grado, con il quale aveva denunciato l’illegittimità dell’aggiudicazione al raggruppamento T. per il difetto dei requisiti di capacità professionale in capo al mandante Ing. A.E. il quale ha indicato, quali referenze, incarichi svolti nell’ambito di appalti affidati non al professionista ma alla MM (ed espletati dall’Ing. A.E. in quanto dipendente di quest’ultima società). Ribadisce, pertanto, in critica alla sentenza (che sul punto ha ritenuto «del tutto ragionevole che nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica detta attività possa essere spesa come requisito esperienziale della persona fisica che lo ha posto in essere, piuttosto che dalla persona giuridica che si è limitata ad avvalersene nella mera qualità di datrice di lavoro») che le referenze fatte valere dall’Ing. A.E. hanno per oggetto incarichi che erano stati commissionati dalle stazioni appaltanti non al professionista bensì alla società MM, la quale si era aggiudicata la relativa procedura di affidamento e aveva stipulato il contratto e assunto tutti gli obblighi connessi all’esecuzione. Vero è che le funzioni di direttore dei lavori sono state poi svolte dall’Ing. A.E., ma in qualità di dipendente della società; il che, ad avviso dell’appellante, non gli consente di vantare come propria la referenza, che spetta invece a MM.

8.1. In tal senso l’appellante invoca sia l’art. 83 del codice dei contratti pubblici (approvato col d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), il quale – indicando il requisito del “fatturato minimo” nel settore di attività – non può che riferirsi alla società e non al suo personale; sia l’art. 86 e l’allegato XVII, parte II del medesimo codice dei contratti, che in materia di comprova dei requisiti pretendono la dimostrazione attraverso una certificazione rilasciata al soggetto contraente, e non al dipendente che materialmente abbia svolto le prestazioni in appalto; sia l’art. 46, comma 2, il quale, sancendo che le società di ingegneria possono far valere come proprie le referenze dei soci, direttori tecnici e dipendenti a tempo indeterminato, si riferisce alle esperienze maturate da questi come liberi professionisti, sul presupposto che nel caso di professionisti incardinati in una società di ingegneria (perché soci, direttori tecnici o dipendenti a tempo indeterminato), i loro requisiti sono riferiti alla società.

8.2. Infine, l’appellante sottolinea un ulteriore profilo di illogicità della sentenza, poiché il riconoscimento delle referenze in capo all’Ing. A.E. consentirebbe paradossalmente la “doppia valutazione” del medesimo requisito, che dovrebbe essere considerato valido sia per il raggruppamento aggiudicatario (attraverso il mandante Ing. A.E.), sia per MM.

9. Il motivo è fondato.

9.1. Nel sistema delineato dagli articoli 24, commi 2 e 5 (in base ai quali è stato adottato il decreto ministeriale 2 dicembre 2016, n. 263 sui requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria), 46 (che individua gli operatori economici che possono partecipare alle procedure per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria), 83 (in tema di requisiti speciali per la selezione degli offerenti) e 86 (sui mezzi di prova mediante i quali gli operatori economici possono dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione), i requisiti speciali per la selezione sono incentrati essenzialmente (oltre che sui requisiti prescritti dal D.M. n. 263/2016 cit.) sulla capacità economica e finanziaria e sulla capacità tecnica e professionale (al pari di quanto previsto per la generalità dei servizi), che l’operatore economico può dimostrare attraverso una documentazione la quale presuppone che il professionista (nelle diverse articolazioni giuridiche consentite dall’art. 46 cit.) abbia stipulato un contratto per l’affidamento e lo svolgimento dei servizi. 9.2. Ciò appare del tutto evidente con riferimento al requisito di capacità economica e finanziaria (cfr. Allegato VII, parte I, del codice dei contratti pubblici, in particolare laddove prevede che detto requisito “di regola” può essere dimostrato mediante «una dichiarazione concernente il fatturato globale» ed eventualmente una dichiarazione del «fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto»), dal momento che non sembra ipotizzabile provare questi elementi se l’operatore economico non sia stato parte del contratto e quindi centro di imputazione di tutti gli effetti derivanti dall’incarico. Alla medesima conclusione si deve giungere per i requisiti di capacità tecnica (si pensi alla attestazione circa i «principali servizi negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici e privati»: cfr. Allegato VII, parte II, del codice dei contratti pubblici).

Nel caso di specie, il disciplinare della gara di cui trattasi richiedeva la dichiarazione dei «servizi di ingegneria e di architettura di cui all’art.3 lett. vvvv) del Codice, espletati negli ultimi dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando e relativi ai lavori di ognuna delle categorie […]» [punto 7.3, lettera h)], nonché la dichiarazione dei «[d]ue servizi “di punta” di ingegneria e architettura di cui all’art.3 lett. vvvv) del Codice, espletati negli ultimi dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando […]» [punto 7.3, lettera i)], con riferimento a importi minimi di lavori indicati ai medesimi punti del disciplinare di gara. Dichiarazioni che, pertanto, presuppongono lo svolgimento in proprio degli incarichi e non l’esecuzione degli stessi nella qualità di dipendente (come nel caso di specie) di una società di ingegneria (parte del contratto di appalto nell’ambito del quale i predetti servizi sono stati eseguiti).

Alla luce di tali considerazioni, dunque, non è ammissibile l’utilizzo del medesimo requisito sia da parte della società di ingegneria sia da parte del professionista dipendente di questa.

9.3. Anche il parere di cui alla deliberazione Anac n. 290 del 1 aprile 2020 (invocato dall’amministrazione appaltante), reso in materia di dimostrazione dei requisiti di capacità tecniche e professionali, muove dal presupposto che non sia consentita una duplicazione dei requisiti. Proprio «al fine di garantire il rispetto del principio della non duplicazione dei requisiti» ritiene «opportuna l’adozione di un atto sottoscritto da tutti i professionisti dello studio associato con il quale si procede, in caso di scioglimento dell’associazione professionale, all’attribuzione del fatturato ai singoli componenti dello studio e, nel caso in cui l’associazione continui ad operare, all’attribuzione allo studio associato e ai professionisti uscenti». Si desume agevolmente che lo stesso requisito non può essere fatto valere sia dall’associazione che dal professionista.

9.4. L’appellato raggruppamento aggiudicatario propone una diversa ricostruzione secondo la quale l’ing. A.E. avrebbe utilizzato servizi svolti come direttore dei lavori in rapporto di servizio con l’amministrazione appaltante, e non con la società appaltatrice di cui era dipendente.

Tuttavia, dalla documentazione in atti non risultano provvedimenti di nomina dell’Ing. A.E. come direttore dei lavori scelto dall’amministrazione appaltante. Risulta invece che abbia svolto il ruolo di direttore lavori per la società appaltatrice di cui era dipendente (nell’attestazione di Brescia Infrastrutture si precisa infatti che, nel contratto di appalto stipulato tra stazione appaltante e raggruppamento con mandataria M.M., l’ing. A.E. è indicato come «direttore dei lavori del Raggruppamento […]», non come direttore lavori nominato dalla stazione appaltante).

In ogni caso, anche se si accedesse alla ricostruzione patrocinata da parte appellata, si tratterebbe di servizi che l’ing. A.E. ha svolto nella qualità di dipendente della M.M. (aggiudicataria dell’appalto che includeva anche il servizio di direzione lavori, poi svolto dall’Ing. A.E.), come risulta dalla documentazione in atti.

10. L’accoglimento del primo motivo d’appello, determinando il pieno soddisfacimento dell’interesse azionato dall’appellante, giustifica l’assorbimento del secondo motivo (con il quale l’appellante ha dedotto che il raggruppamento con mandataria I. non avesse dimostrato il possesso dei requisiti per l’esecuzione di tutte le prestazioni in appalto). Peraltro, il motivo è anche infondato, come rilevato dal primo giudice con ampia e corretta motivazione.

11. L’appello, pertanto, va accolto e, in riforma della sentenza, va accolto il ricorso di primo grado con il conseguente annullamento degli atti con esso impugnati.

12. Ne discende altresì, ai sensi degli articoli 122 e 124 del codice del processo amministrativo, l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione, di dichiarare l’inefficacia ex nunc del contratto stipulato il 21 dicembre 2021 tra la TEB e il raggruppamento temporaneo di professionisti T. con mandataria I. S.p.A., e di accertare il diritto di M.M. al subentro nel contratto alle condizioni offerte in gara, per il periodo successivo alla data di pubblicazione della presente sentenza e fino alla scadenza residua del contratto, previa verifica di ogni altro requisito necessario per la stipula.

13. In accoglimento delle ulteriori domande dell’appellante, spetta all’appellante anche il risarcimento del danno per equivalente in relazione al periodo di esecuzione del contratto già eseguito dal precedente (illegittimo) aggiudicatario, che l’appellante quantifica pari al 10% dell’importo contrattuale non eseguito.

13.1. La domanda pone, anzitutto, la questione della prova della quantificazione del danno, in particolare – per quel che rileva nel caso di specie – sotto il profilo del danno da lucro cessante, ossia del danno derivante dalla mancata esecuzione del contratto oggetto della gara. La società appellante, in effetti, non ha allegato specifici elementi di prova in ordine alla quantificazione del danno subito, limitandosi, come riferito, a invocare l’applicazione del criterio del 10% del corrispettivo contrattuale.

13.2. Un consolidato orientamento del Consiglio di Stato (si veda, per tutte, la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 12 maggio 2017, n. 2, in particolare ai punti 40 ss.) ha costantemente considerato infondata la domanda risarcitoria formulata in maniera del tutto generica in punto di quantificazione del danno; e ciò, muovendo dal pacifico presupposto che, in tema di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, ricade interamente sul ricorrente l’onere della prova del quantum (esigenza ribadita dall’art. 124 del c.p.a.: «[…] il giudice […] dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato»), in base al principio generale sancito dall’art. 2697 del codice civile, non potendosi invocare il principio acquisitivo (applicabile solo nell’ambito della giurisdizione di legittimità su interessi legittimi).

13.3. Peraltro, è stato altresì affermato come sia ammissibile (con riferimento al lucro cessante) sopperire alla prova diretta dell’esistenza del danno, così come della sua entità (quando il danno sia di ammontare incerto, ovvero sia difficoltosa la precisa determinazione di esso), facendo ricorso alle presunzioni semplici di cui all’art. 2729 del codice civile, purché fondata su circostanze specifiche e concrete che dimostrino l’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, l’attuale esistenza del danno (cfr. Cass. civ., Sez. prima, 30 settembre 2016, n. 19604, pronunciata in una fattispecie di risarcimento del danno da perdita di chance ma con argomenti estensibili anche al caso del danno da lucro cessante per la mancata esecuzione del contratto; in termini anche Cass. civ., Sez. prima, 13 settembre 2021 n. 24635, che – in un caso di risarcimento del danno da lucro cessante per la contraffazione del marchio – rammenta che l’esistenza di tale danno può essere provata anche mediante indizi e presunzioni).

In tale contesto, le allegazioni fornite da M.M. e la circostanza notoria secondo cui l’esecuzione di un contratto di appalto costituisce normalmente occasione di guadagno per l’impresa appaltatrice, nei termini esplicitati nell’offerta risultata aggiudicataria, costituiscono la prova della certa esistenza del danno subito per non aver eseguito il contratto.

13.4. Quanto alla liquidazione del danno e alla determinazione del suo ammontare, in considerazione della difficoltà di determinare il periodo di mancata esecuzione del contratto (che potrà essere stabilito con certezza solo all’atto del subentro), soccorre lo strumento disciplinato dall’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo, di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno nei confronti della M.M. nella misura che la stessa amministrazione proporrà (entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione, o – se anteriore – dalla notificazione della presente sentenza) tenendo conto dei seguenti criteri:

I) va riconosciuta, a titolo di perduto utile, una somma pari alla differenza tra il prezzo contenuto nell’ offerta economica presentata in gara da M.M. e i costi potenziali per l’esecuzione del contratto, quali risultanti dalla medesima offerta, proporzionalmente al periodo di contratto non eseguito (e quindi: dal 21 dicembre 2021, data della stipula del contratto da parte del raggruppamento T., e fino alla data di stipula del subentro);

II) su tale somma va applicata la riduzione nei termini dell’aliunde perceptum vel percipiendum, salvo che la M.M. dimostri di non aver impiegato mezzi e risorse in altri appalti eseguiti nello stesso periodo di cui trattasi; riduzione che, in assenza di tale prova a carico della danneggiata, può equitativamente determinarsi pari al 50% dell’utile che la MM avrebbe potuto conseguire dall’esecuzione del periodo di contratto per cui è controversia;

III) deve essere esclusa la voce del danno curriculare, giacché non è stata data alcuna dimostrazione di siffatto pregiudizio, considerato, inoltre, che la società potrà comunque subentrare nell’appalto, che potrà perciò eseguire (in parte) e spendere fra le proprie esperienze curriculari (cfr. al riguardo, ex multis, Cons. Stato, V, 20 gennaio 2021, n. 632; e da ultimo Cons. Stato, sez. V, 7.11.2022, n. 9785, che richiama una consolidata giurisprudenza secondo la quale il danno curriculare va ancorato a specifiche conseguenze pregiudizievoli: «h1) alla perdita di un livello di qualificazione già posseduta ovvero alla mancata acquisizione di un livello superiore, quali conseguenze immediate e dirette della mancata aggiudicazione; h2) alla mancata acquisizione di un elemento costitutivo della specifica idoneità tecnica richiesta dal bando oltre la qualificazione SOA (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 aprile 2019, n. 2435; Id., sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5497), sicché solo all’esito di tale dimostrazione, relativamente all’an, è possibile procedere alla relativa liquidazione nel quantum (anche a mezzo di forfettizzazione percentuale applicata sulla somma riconosciuta a titolo di lucro cessante: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803) e sempre che non debba ritenersi che, trattandosi di impresa leader nel settore di riferimento […] renda la mancata aggiudicazione di un appalto non idonea, per definizione, ad incidere negativamente sulla futura possibilità di conseguire le commesse economicamente più appetibili e, più in generale, sul posizionamento dell’impresa nello specifico settore di mercato in cui è chiamata ad operare (Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 2019, n. 689)»);

IV) sulla somma così determinata va operata la rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, con decorrenza dalla data di stipula del contratto con il RTP T. (21 dicembre 2021) e fino alla stipula del subentro, ulteriormente maggiorata degli interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza e fino all’effettivo soddisfo.

14. In conclusione, l’appello va accolto anche per quanto concerne le domande risarcitorie, nei termini sopra enunciati.

15. La disciplina delle spese giudiziali per il doppio grado di giudizio segue la regola della soccombenza, secondo quanto precisato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti con esso impugnati.

Dichiara l’inefficacia del contratto stipulato il 21 dicembre 2021 tra T.B. S.p.A. e il raggruppamento temporaneo di professionisti T. con mandataria I. S.p.A., e il diritto di M.M. al subentro nel contratto nei termini di cui in motivazione.

Condanna T.B. S.p.A. al risarcimento del danno in favore dell’appellante, nella misura determinata attenendosi ai criteri di cui in motivazione, ai sensi dell’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo, con offerta da proporre nel termine di novanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, della presente sentenza.

Condanna, in solido, le appellate T.B. S.p.A., I. S.p.A., E. S.p.A., Ing. Luigi A.E. e S.P. Associazione Professionale Ingegneri S.p.A., al pagamento delle spese giudiziali per il doppio grado, che liquida in euro 15.000,00 (quindicimila/00), oltre IVA, cc.pp.aa. e 15% spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.