CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 38116 depositata il 29 dicembre 2022
Tributi – Cartella di pagamento – IVA – Interessi – Motivazione riguardo ai criteri di calcolo degli interessi – Richiamo all’atto presupposto – Rigetto
Rilevato che
1. Il contribuente M.L. ha impugnato una cartella di pagamento, relativa a tributi del periodo di imposta 1984 per IVA, conseguente a una decisione del giudice tributario, oltre sanzioni, interessi e compensi per la riscossione.
2. Il contribuente ha impugnato la cartella, deducendone carenza di motivazione per mancanza del computo degli interessi.
3. La CTP di Pisa ha rigettato il ricorso.
4. La CTR della Toscana, con sentenza in data 28 agosto 2015, ha rigettato l’appello del contribuente, ritenendo che la motivazione relativa al calcolo degli interessi è stata effettuata in base alle norme di legge, osservando come il contribuente avesse solo genericamente contestato la determinazione degli interessi senza prospettare un calcolo alternativo.
5. Propone ricorso per cassazione parte contribuente, affidato a due motivi e ulteriormente illustrato da memoria; il concessionario della riscossione è rimasto contumace, mentre l’ente impositore si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, 2, comma 1, l. 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il calcolo degli interessi è determinato in base a tassi di interessi previsti dalla legge. Deduce il ricorrente che la cartella debba essere motivata e debba consentire al contribuente di ricostruire la fonte e l’entità del credito. Osserva parte ricorrente che nella cartella sia stata riportata la sola cifra globale degli interessi dovuto senza indicazione del capitale originario, delle aliquote e dei calcoli posti a base del calcolo delle varie annualità. Il ricorrente osserva come non risulti intellegibile il calcolo operato dall’Ufficio, non potendosi verificare neanche se sia stato operato un ingiustificato anatocismo.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo oggetti di discussione tra le parti, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inconferente la giurisprudenza di legittimità richiamata dal contribuente, ritenendo che sul punto la sentenza appaia non comprensibile.
2. Il primo motivo è infondato, alla luce della giurisprudenza secondo cui la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 l. n. 212/2000 e dall’art. 3 l. n. 241/1990, essendo l’obbligo di motivazione rafforzato – con indicazione della base normativa degli interessi – solo ove la cartella costituisca il primo atto notificato al contribuente e, quindi, costituisca atto impositivo (Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281, peraltro richiamata dallo stesso ricorrente in memoria.
3. Nel caso, difatti, di cartella che abbia fatto seguito a un atto impositivo prodromico, l’obbligo di motivazione della cartella di pagamento risulta meno pregnante in quanto l’atto riscossivo, dovendo essere parametrato al grado di effettiva conoscenza che il contribuente possiede rispetto ai vari elementi destinati a comporre il credito vantato dal Fisco, il calcolo degli interessi deve ritenersi già esposto in relazione all’atto prodromico ricevuto dal contribuente (atto impositivo o sentenza), in conformità con la constatazione che la cartella di pagamento viene emessa in conformità a un modello a struttura vincolata, approvato con decreto del Ministero dell’Economia (Cass., Sez. V, 9 novembre 2018, n. 28689).
4. Nella specie, risulta dagli atti che la cartella è stata emessa sulla base di una decisione giurisdizionale (decisione della Commissione Tributaria Centrale di Firenze del 16 maggio 2011), per cui la motivazione poteva ritenersi assolta mediante il richiamo all’atto presupposto. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
5. Il secondo motivo è infondato nella parte in cui denuncia che la motivazione sia incomprensibile, posto che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), motivazione che, per quanto succinta, lascia comprendere il contenuto della decisione.
6. Inammissibile è, invece, il motivo nella parte in cui censura l’omesso esame di fatto decisivo, in quanto – in disparte l’applicazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ. – l’omesso esame di argomentazioni difensive non può costituire omesso esame di fatto storico (Cass., Sez. II, 26 aprile 2022, n. 13024).
7. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese, stante la mancata costituzione del concessionario intimato e stante l’assenza di difese scritte dell’ente impositore. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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