CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 agosto 2022, n. 24853

Omessi contributi – Gestione Commercianti – Annullamento del carico contributivo ex art. 4, co. 1, D.L. n. 119/2018 – Cessata materia del contendere

Fatti di causa

1. La Corte di appello di Catanzaro, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta avverso la cartella esattoriale emessa nei confronti di M.N.C., per il pagamento dell’importo complessivo di euro 777,66 (oltre euro 5,88 per spese di notifica) a titolo di omesso versamento dei contributi dovuti alla Gestione Commercianti, per l’anno 2009, e somme aggiuntive.

2. La Corte di appello ha ritenuto che permanesse, in capo al predetto C., dante causa dell’odierno ricorrente, l’obbligo contributivo in oggetto, in quanto socio liquidatore della società T. s.a.s., posta in liquidazione il 28.12 2006.

3. Avverso la decisione, propone ricorso per cassazione l’erede indicato in epigrafe, con un unico motivo, cui resiste l’INPS, con controricorso.

4. Il procuratore generale, in vista della decisione della controversia ed ai sensi dell’art. 23 comma 8-bis del dl. n. 137 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 2020, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

5. Con memoria difensiva, depositata in prossimità dell’udienza fissata ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ., parte ricorrente ha chiesto l’applicazione dell’art. 4, comma 1, del D.L. nr. 119 del 2018, conv. con modif. dalla legge nr. 136 del 2:018.

6. La trattazione del ricorso è stata rinviata all’odierna udienza. Il ricorrente ha reiterato la richiesta di «annullamento» ex lege del carico contributivo.

Ragioni della decisione

7. In via preliminare deve esaminarsi la richiesta di annullamento del carico contributivo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 4, comma 1, del D.L. nr. 119 del 2018, conv. Con modif. dalla legge nr. 136 del 2018.

8. La norma invocata così dispone: «I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille Euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’art. 3 (id est: di definizione agevolata), sono automaticamente annullati […]».

9. Sono esclusi dall’annullamento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo: i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti; le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna; le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015; i debiti relativi alle risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo i, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, dei 26 maggio 2014, e all’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione.

10. Nell’interpretazione della disciplina che precede, all’attualità si registrano due orientamenti.

11. Secondo Cass. nr. 11817 del 2020: «Ai fini dell’annullamento, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 119 del 2018, conv., con modif., in l. n. 136 del 2018, dei debiti tributari la cui riscossione sia stata affidata agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 10gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, il limite di mille euro di valore del debito è riferito al “singolo carico affidato”, per tale dovendo intendersi la singola partita di ruolo, e cioè l’insieme dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi accessori, sicché vi rientrano le cartelle anche di importo complessivo superiore a detto valore, il cui singolo carico affidato all’agente della riscossione non superi l’importo di mille euro, costituendo oggetto del condono il singolo debito e non l’importo complessivo della cartella».

12. Secondo Cass. nr. 17988 del 2020 (cui ha dato seguito la più recente Cass., sez. lav., nr. 20254 del 2021): «Ai fini dell’annullamento, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 119 del 2018, conv., con modif., dalla l. n. 136 del 2018, dei debiti tributari la cui riscossione sia stata affidata agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, il limite di valore del debito (mille euro) non deve essere riferito ai singoli carichi risultanti da ciascuna cartella esattoriale ma alla sommatoria di essi e, se i debiti sono di diversa natura, al valore complessivo dei carichi omogenei».

13. Nella fattispecie, il carico complessivo della cartella notificata il 27 marzo 2010 è pari ad euro 776,66, oltre euro 5,88 per spese di notifica. L’importo indicato (euro 776,66) si riferisce ai contributi e alle somme aggiuntive.

14. Pertanto, per natura giuridica del credito, ammontare ed arco temporale di riferimento, si è in presenza di una situazione per la quale, a prescindere dalla prescelta opzione interpretativa, opera il meccanismo delineato dalla norma di legge.

15. Non rileva, infatti, che ci possano essere debiti risultanti da altre cartelle.

16. La norma in esame, infatti, quando allude ai «debiti residui», si riferisce ad una posizione debitoria risultante da una cartella di pagamento. Allude cioè ad una pretesa dell’esattore espressa in essa: lo fa manifesto il riferimento alle «cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’art. 3». Il riferimento alle cartelle, con uso del plurale, implica che l’emergenza dei «debiti residui» certamente è una condizione che può riguardare distinte cartelle. Si allude cioè a posizioni debitorie che eventualmente risultino da più cartelle e, sotto tale profilo, certamente il riferimento al valore di Euro mille va inteso nel senso che il c.d. «annullamento» entro questo limite si correla al valore complessivo dei carichi di ciascuna cartella (in motiv. Cass. nr.17988 del 2020).

17. Ciò posto, occorre osservare che l’annullamento opera automaticamente, ipso iure, in presenza dei presupposti di legge e «determina l’estinzione del processo per cessata materia del contendere, senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto dovuto meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell’ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impositori» (Cass. nr. 15471 del 2019).

18. In conclusione, va dichiarata l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, essendosi verificata la peculiare fattispecie di legge.

19. Le spese processuali, in dipendenza della definizione ope legis della controversia, devono essere interamente compensate.

20. Non sussistono, inoltre, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo.

P.Q.M.

Dichiara l’estinzione del giudizio, per intervenuta cessazione della materia del contendere, e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.