CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2017, n. 25266
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Credito d’imposta
Premesso
– che con sentenza n. 53 giugno 2009 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto ricorso proposto dalla D.S. s.r.l. avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione relativa all’anno di imposta 2002, effettuato ai sensi degli artt. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972, e recante l’iscrizione a ruolo della somma di Euro 1.271,08 dovuta per IVA ed IRPEG, conseguente al disconoscimento del credito di imposta indicato nella dichiarazione relativa ai precedente anno di imposta (2001) che l’amministrazione finanziaria sosteneva non essere stata presentata;
– che i giudici di appello ritenevano che nel caso di specie, in cui la società contribuente aveva provveduto, alla presentazione telematica della dichiarazione.: dei redditi e provato la sua regolare trasmissione ad opera di un intermediario autorizzato, era onere dell’amministrazione finanziaria «avvisare ciascun intermediario via e-mail (e quindi, recapitargli messaggio presso la sua casella di posta elettronica), che sulla sua casella Entratel (diversa quindi da quella alla quale era da indirizzarsi l’avviso) era consultane l’elenco delle dichiarazioni trasmesse telematicamente e che, dall’eseguito controllo, avevano evidenziato anomalie ed errori che non ne consentivano l’acquisizione. Onere cui appellante non ha dato prova di aver adempiuto», aggiungendo, altresì, che, non essendosi in presenza di dichiarazione omessa, non vi era «alcun danno erariale, bensì (in presenza) di una situazione di mancanza di chiarezza fra l’Amministrazione ed il contribuente in violazione della L. 212 del 2000, art. 6 co. 5, che prevede che prima dell’iscrizione a ruolo l’Ufficio debba invitare contribuente a fornire necessari chiarimenti»;
– che avverso tale statuizione l’Agenzia ricorrente, propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimata società con controricorso e memoria illustrativa;
Considerato
– che con il primo motivo l’Agenzia ricorrente lamenta l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata per avere i giudici di appello risolto la controversia affermando che la società contribuente aveva prodotte, copia della conferma della ricezione della dichiarazione trasmessa in via telematica;
– che motivo è inammissibile per diverse convergenti ragioni, la prima da ravvisarsi nella non decisività del fatto dedotto, peraltro non costituendo ratio decidendi della statuizione impugnata, fondata sul mancato assolvimento da parte della ricorrente amministrazione finanziaria dell’onere di provare l’avvenuta comunicazione all’intermediario della società contribuente dell’errore bloccante, e la seconda da ravvisarsi nei fatto che dedotto vizio di insufficiente motivazione non è prospettato con la illustrazione della chiara indicazione delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr.., ex multis, Cass. n. 24255 del 2011) non potendosi ritenere adeguato il quesito di fatto o «momento di sintesi» formulato, a conclusione del motivo (ex art. 366 bis cod. proc. civ: vigente ratione temporis), nel seguente termine: «Il giudice di appello, in sintesi, pur a fronte di specifica contestazione, ha omesso ogni verifica in punto di fatto»;
– che con il secondo motivo a ricorrente deduce a violazione, e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, sostenendo che ha errato la CTP, nel ritenere nella specie la notifica della cartella di pagamento non era stata preceduta dall’invito alla società contribuente a fornire necessari chiarimenti, non sussistendo nella specie incertezze su aspetti rilevanti della decisione;
– che con il terzo motivo la ricorrente deduce a violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e segg. del DPR n. 322 del 1998, così come modificato dai d.P.R. n. 435 del 2001 e 2697 cod. civ., sostanzialmente sostenendo che era onere del contribuente e del suo intermediario «richiedere la prova del l’avvenuto invio (della dichiarazione) di guisa così, da poter e dover conoscere il motivo dello scarto della dichiarazione e quindi, il mancato buon fine dell’attività di trasmissione»;
– che, ragioni di ordine logico-giuridico, impongono preliminare esame di tale ultimo mezzo di impugnazione;
– che il motivo è inammissibile in guanto non coglie la ratio decidendi della statuizione impugnata fondata sui mancato adempimento da parte dell’amministrazione finanziaria dell’onere di provare di avere tempestivamente comunicato all’intermediario, autorizzato e delegato ala trasmissione telematica della dichiarazione fiscale della società contribuente, lo scarto della predetta dichiarazione per la presenza di un errore bloccante;
– che, ai riguardo, questa Corte ha affermato che «in terna di accertamento delle imposte sui redditi :. la dichiarazione inviata in via telematica ai sensi dell’art. 3) comma 2, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (nel testo applicabile “ratione temporis”) si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa, e si ritiene ricevuta, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo, dai momento della comunicazione di ricevimento da parte dell’Amministrazione- finanziaria, atto che assolve alla finalità di fornire prova dell’avvenuta, tempestiva, consegna da parte dei contribuente e del regolare adempimento degli obblighi di presentazione», precisando che «tale disciplina si applica anche nel caso in cui si siano verificati i cosiddetti “errori bloccanti” della trasmissione telematica, che – con i tempio e le modalità di cui alla circolare n. 35 del 23 aprile 2002 del Ministero della finanze sono segnalati nel sistema telematico consultabile dal contribuente, il quale, messo in condizione di avvedersi in tempo utile dell’avvenuto “scarto” della propria dichiarazione, può porvi tempestivo rimedio» (cfr. Cass. n. 675 del 2015; conf. Cass. n.11156 del 2014, n: 7558 e n. 16003 del 2015);
– che, sulla base della ricognizione delle disposizioni, anche regolamentari (ci si riferisce alte circolari n. 195 del 24.9.1999 e n. 35 del 23.4.2002), disciplinanti la materia, questa Corte ha ricostruito l’intero sistema osservando che: «a) la comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione presentata in via telematica prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, comma 10, è il documento in formato elettronico trasmesso dall’Agenzia delle Entrate al contribuente o all’intermediario all’uopo incaricato che prova che la dichiarazione è stata presentata e che essa è stata ricevuta dall’amministrazione; b) la comunicazione è generata dal servizio telematico Entratel nel quale la dichiarazione è immessa dal contribuente o dall’intermediario incaricato a condizione che la sua presentazione non sia inibita dalla presenza di anomalie che determinano il blocco alla trasmissione c.d. errori bloccanti” che il servizio evidenzia a mezzo di tre o quattro asterischi; c) la comunicazione è emessa a seguito, “dell’avvenuta presentazione della dichiarazione” e contiene “l’esito del primo controllo formale operato su di essa”, in caso negativo, operando lo scarto della dichiarazione, ed è inoltrata al contribuente o all’intermediario incaricato “dopo breve tempo” (alludendo evidentemente, ad una consegna cartacea si trova anche indicato al punto 4.3. della Circolare 35/2002 “al più tardi entro il giorno successivo a quello di consegna”); d) qualora di seguito alla trasmissione della comunicazione emergano, nella fase di liquidazione della dichiarazione errori o anomalie, l’intermediario abilitato sarà raggiunto da un preavviso telematico di irregolarità, del cui contenuto potrà prendere visione onde adottare le iniziative del caso»;
– che, pertanto, nell’ipotesi come quella in esame in cui la società contribuente ha dedotto di aver ricevuto una comunicazione di conferma della ricezione dei file telematico di trasmissione della dichiarazione senza l’indicazione di errori bloccanti spettava all’amministrazione finanziaria fornire la prova che invece, il servizio telematico aveva in realtà generato una comunicazione di errore bloccante, tale da rendere necessaria una seconda tempestiva trasmissione della dichiarazione ovviamente emendata dai segnalato errore;
– che il motivo in esame è anche inammissibile perché presuppone che sia stata regolarmente, inviata all’intermediario la comunicazione di errore che a seguito del primo controllo formale, impediva l’accettazione della dichiarazione, ma che la società ha negato di aver mai ricevuto e l’amministrazione finanziaria non ha provato di averla effettuata;
– che il secondo motivo resta, quindi, assorbito;
– che, conclusivamente, il primo e terzo motivo di ricorso vanno dichiarati inammissibili; assorbito secondo, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese, processuali liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il primo e terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi oltre al rimborso forfetario nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
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