CORTE DI CASSAZIONE ordinanza n. 17035 del 9 luglio 2013
La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati
Osserva
La CTR di Potenza ha accolto l’appello della San Giorgio spa, come concessionaria del comune di Ferrandina -appello proposto contro la sentenza n.144/03/2007 della CTP di Matera, che aveva accolto il ricorso della parte contribuente “Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura”- ed ha perciò confermato l’avviso di accertamento per ICI anno 2004 con cui era chiesto il pagamento dell’imposta dovuta per immobili di proprietà della predetta Agenzia situati nel territorio comunale. La menzionata CTR ha motivato la propria decisione nel senso che —dato atto che l’Agenzia aveva sostenuto di avere diritto all’esenzione dall’imposta in ragione della previsione dell’art.7 del D.Lgs.504/1992 e trattandosi di immobili affidati ad essa Agenzia dalla Regione Basilicata nonché destinati esclusivamente all’esercizio dei compiti istituzionali dell’Ente Territoriale- nella specie di causa non risultava, di detta esenzione, né il presupposto soggettivo (il possesso degli immobili in capo alla Regione) né il presupposto oggettivo (la destinazione esclusiva ai compiti istituzionali), atteso che gli immobili oggetto di imposizione risultavano “nell’incontrovertibile possesso dell’Alsia e non destinati a compiti istituzionali della Regione”, né sarebbe bastato assumere che “all’Agenzia spettano le stesse posizioni soggettive competenti alla Regione Basilicata e che la medesima svolge attività di natura non commerciale, senza verificare la ricorrenza dell’impiego diretto e senza la sussistenza che la stessa rappresenti una istituzione inserita nell’apparato amministrativo”.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi (oltre ad un terzo —preliminare e che non può essere considerato come motivo di impugnazione proprio perché non è rivolto contro la pronuncia di cui si è detto- motivo nel quale si assume soltanto che il processo avrebbe dovuto essere riunito ad altro avente analogo oggetto,con conseguente declaratoria di nullità della sentenza che ha definito il diverso processo indicato per la riunione, anche se non si spiegano le specifiche ragioni di tale pretesa declaratoria di nullità). La Concessionaria non ha svolto attività difensiva. Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc. Infatti, con il primo motivo di censura (rubricato sub specie di violazione di legge ed esattamente degli art.7 comma 1 lett a del D.Lgs. 504/1992; degli arti.1, 2, 3, 11 e 14 della legge regionale Basilicata n.38/1996 e degli art. 17 e 18 della legge n.230/1950) e con il secondo motivo di censura (anch’esso rubricato sotto specie di violazione di legge ed esattamente degli art. 7 comma 1 lett a del D.Lgs.504/1992; art.2697 cod civ e 115 cpc) la parte ricorrente—da un canto- si duole del fatto che il giudice del merito abbia omesso di verificare la reale natura dell’Agenzia (essendo questa un’istituzione inserita nell’apparato amministrativo della Regione Basilicata) e la materiale e giuridica destinazione dei terreni in questione (in relazione ai quali l’impedimento per l’Alsia di disporne per finalità diverse da quelle di cui alla legge n.841/1050 e di cui alla legge n.230/1950 dipende proprio dalla natura giuridica da riconoscersi all’Agenzia) terreni che —una volta espropriati- vengono acquisiti al patrimonio indisponibile e qualificati come “patrimonio di destinazione”, e —d’altro canto- si duole del fatto che non sia stato ritenuto che l’Alsia non può essere neppure onerata di provare la specifica destinazione degli immobili in questione, atteso che detta destinazione è assegnata agli immobili dalla legge ed anche in via di fatto non può essere diversa, sicché spetta all’Ente Territoriale impositore —che dovesse riscontrare una realtà contra legem- di fornire la prova del venir meno del presupposto oggettivo della specifica destinazione. Entrambi i motivi appaiono inammissibili ai sensi dell’art.360 bis cpc, avendo il giudice del merito deciso le questioni di diritto qui riproposte in maniera conforme alla giurisprudenza di questa Corte di seguito menzionata, senza che l’esame dei motivi offra elementi utili per mutare il predetto orientamento. Si veda, per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8496 del 09/04/2010 (peraltro adottata proprio con riferimento alla odierna ricorrente, in relazione ad altro analogo giudizio per il medesimo caso, già sottoposto plurime volte all’esame della Corte Suprema):”In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli enti pubblici ivi indicati, spetta soltanto se l’immobile è adibito ad un compito istituzionale riferibile, in via diretta ed immediata, allo stesso ente che lo possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale (e che sarebbe perciò soggetto passivo dell’imposta ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992) e non a compiti istituzionali di soggetti pubblici diversi, cui pure l’ente proprietario abbia in ipotesi l’obbligo, per disposizione di legge, di mettere a disposizione l’immobile, restando però del tutto estraneo alle funzioni ivi svolte. Ne consegue che un’Agenzia regionale (nella specie operante nel settore dell’agricoltura) non può invocare l’esenzione per il solo fatto dell’assunzione di posizioni soggettive di competenza regionale e dello svolgimento di attività di natura non commerciale, dovendo invece provare di essere un’istituzione organicamente inserita nell’apparato amministrativo regionale, ancorché dotata di personalità giuridica propria”. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.
Roma, 10 febbraio 2013
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che la parte ricorrente, con atto di data 7.3.2013 ha comunicato di voler rinunciare al ricorso, avendo raggiunto un accordo transattivo con l’Amministrazione comunale procedente;
ritenuto che l’anzidetta dichiarazione di rinuncia, se pure non risulta notificato alle altre parti del processo a mente del comma 3 dell’art.390 cpc, implica comunque una dichiarazione di disinteresse all’esame dell’impugnazione proposta con il ricorso per cassazione, sicchè il ricorso deve comunque dichiararsi estinto per sopravvenuta x carenza di interesse,
che le spese di lite non necessitano di regolazione per la mancata costituzione della parte intimata,
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il ricorso per carenza di interesse. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2013.
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