CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 settembre 2017, n. 21259
Pubblico impiego – Licenziamento con preavviso – Lodo arbitrale rituale o irrituale – Termine impugnazione – Giorno della notificazione a richiesta di parte – Comunicazione ad opera della cancelleria – Irrilevante
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6062 del 6.3.2013, pronunciando in sede di rinvio da Cass. n. 18775/2011, ha respinto il ricorso proposto dal Ministero della Giustizia avente ad oggetto l’impugnativa del lodo n. 10249 emesso il 25.11.2004 dal Collegio Arbitrale di cui all’art. 59, comma 7, d.lgs. n. 29 del 1993, che aveva annullato la sanzione del licenziamento con preavviso irrogato a C.A., sostituendola con la più tenue sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per mesi sei.
2. Con l’originario ricorso presentato al Giudice del lavoro di Roma il 22.11.2005 il Ministero aveva contestato la legittimità della decisione arbitrale, in quanto adottata senza il consenso della P.A. la quale, a norma dell’art. 6 CCNQ 23.1.2001, non è vincolata a partecipare a tale procedura quando l’impugnazione abbia ad oggetto la sanzione espulsiva. Il Giudice di merito aveva dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto tardivo rispetto al termine di trenta giorni di cui all’art. 412 quater c.p.c., decorrenti dalla notificazione del lodo.
3. Questa Corte, con la sentenza rescindente, aveva cassato tale decisione per non avere il Tribunale precisato alcun riferimento temporale a fondamento dell’assunto relativo al decorso del termine di trenta giorni per l’impugnazione.
4. In sede rescissoria, il Giudice del lavoro di Roma ha ritenuto che da una serie di elementi fosse desumibile che la notificazione del lodo era avvenuta in data 2-3 dicembre 2004, per cui era tardiva l’impugnazione del lodo proposta il 22.11.2005: lo stesso Ministero aveva dato atto che il lodo gli era pervenuto il 3.12.2004 e nella memoria di costituzione in giudizio aveva precisato che il lodo gli era stato comunicato il 2.12.2004 tramite l’Ufficio di Segreteria del Collegio Arbitrale di Disciplina; in data 24.12.2004 aveva chiesto all’Avvocatura generale dello Stato di impugnare il lodo in questione.
5. Per la cassazione di tale sentenza il Ministero della Giustizia propone ricorso affidato a due motivi.
Resiste con controricorso C.A., che ha proposto a sua volta ricorso incidentale sulla base di due motivi.
6. Il Ministero ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c.e 118 disp. att. c.p.c., non potendo considerarsi notifica rituale una comunicazione di cancelleria del Collegio Arbitrale di Disciplina, organo ministeriale, allo stesso Ministero di cui fa parte.
Agli atti del processo l’unico lodo notificato dalla controparte era quello reso esecutivo in data 21.2.2006 dal Presidente del Tribunale di Roma e tale notificazione avvenne il 24.3.2006.
2. Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 412 quater c.p.c. che, anche nella formulazione antecedente alla riforma del 2010, richiedeva la notificazione del lodo.
Il codice di rito distingue chiaramente la comunicazione (art. 136 c.p.c.) dalla notificazione (art. 137 e segg. c.p.c.). La comunicazione effettuata dalla segreteria del Collegio Arbitrale di Disciplina alla Direzione del Personale e della Formazione del Ministero è atipica e non è assimilabile né alla comunicazione di cancelleria di cui all’art. 136 c.p.c., né tanto meno alla notificazione richiesta dall’art. 412 quater c.p.c. e disciplinata dall’art. 137 e segg. c.p.c., della quale non costituisce equipollente. Il Ministero aveva impugnato il lodo ben prima della scadenza del termine lungo, decorrente dalla comunicazione del lodo ad opera della cancelleria, mentre la notificazione effettuata dalla C., riguardante il lodo dichiarato esecutivo, era avvenuta il 24.3.2006, in epoca successiva al deposito di ricorso ex art. 412 quater c.p.c. proposto nell’interesse del Ministero.
3. Con il ricorso incidentale la C. lamenta omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.) e violazione dell’art. 828 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) per non avere il Tribunale esaminato la questione della tardività dell’impugnativa del lodo anche con riguardo al termine lungo, poiché esso decorre non già dal deposito del lodo, ma dall’ultima sottoscrizione dei componenti della Commissione arbitrale, avvenuta il 16.9.2004.
Il Giudice di merito avrebbe dovuto dichiarare la tardività del ricorso proposto dall’Avvocatura dello Stato pure rispetto al termine lungo annuale.
3. Il ricorso principale è fondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte espressa in fattispecie analoghe. In materia di impugnazioni, atteso che l’art. 326, co.1, c.p.c. è norma di portata generale, applicabile oltre che alle sentenze anche al lodo arbitrale, sia esso rituale o irrituale, il termine per proporre impugnazione avverso lodo arbitrale irrituale decorre dal giorno in cui è stata effettuata la notificazione a richiesta di parte – in quanto atto idoneo ad esprimere la volontà della parte di porre fine alla fase arbitrale e di fare decorrere i termini per l’impugnazione sia nei confronti del notificando che per la stessa parte notificante – e non dal giorno della comunicazione integrale del lodo a cura della cancelleria, nemmeno se questa sia effettuata mediante ufficiale giudiziario (Cass. n. 19182 del 2013).
4. Come si desume dall’art. 326 c.p.c. – cui va riconosciuto il carattere di lex generalis in materia, da applicare in tutti i casi in cui non sia specificamente prevista una diversa disciplina – la comunicazione, ad opera della cancelleria, alle parti costituite, della pubblicazione della sentenza a norma dell’art. 133 c.p.c. – anche se effettuata in forma integrale e mediante notificazione – non può incidere sulla decorrenza del termine per proporre impugnazione, previsto dallo stesso art. 326 c.p.c., perché la notificazione idonea – a questo fine – è solo quella fatta ad istanza di parte (art. 285 c.p.c.), la quale soltanto ha la capacità di esprimere la volontà di porre fine al processo mettendo in moto i termini per l’impugnazione, sia nei confronti del notificato, sia nei confronti dello stesso notificante (Cass. 4 novembre 1997, n. 10782; Cass. 11 aprile 2002, n. 5136; Cass. 23 maggio 2013, n. 12767); b) tale principio trova applicazione anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione del lodo arbitrale – sia esso rituale o irrituale, come quello di cui si tratta nella presente controversia – e ciò comporta che tale decorrenza deve essere individuata nella data della notificazione del lodo medesimo ad istanza di parte, della quale non costituisce equipollente la comunicazione integrale, a cura degli arbitri del lodo stesso, anche se tale comunicazione sia stata eseguita (con forma più rigorosa di quella prevista della spedizione in plico raccomandato) mediante notificazione dell’ufficiale giudiziario (arg. ex Cass. n. 17420 del 2004; Cass. n. 13906 del 2007, con richiami a Cass. SU n. 3670 del 1997).
5. A tale giurisprudenza va data continuità. Ne consegue che il Tribunale di Roma, nella sentenza impugnata ha erroneamente attribuito alla comunicazione del lodo effettuata a cura della Segreteria del Collegio arbitrale l’effetto di far decorrere il termine di trenta giorni per l’impugnazione.
6. Attesa la natura di lodo irrituale – che nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche va riconosciuto all’arbitrato previsto in materia di sanzioni disciplinari dall’art. 59 bis del d.lgs. n. 29 del 1993, introdotto dall’art. 28 del d.lgs. n. 80 del 1998 (corrispondente all’art. 56 del d.lgs. n. 165 del 2001, poi abrogato dall’art. 72 del d.lgs. n. 150 del 2009, con decorrenza dal 15 novembre 2009) -, consegue l’applicabilità – come unico regime di impugnazione – di quello previsto dall’art. 412 quater c.p.c., secondo cui il lodo è impugnabile – nei limiti suoi propri – innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro; avverso la sentenza pronunciata in primo (ed unico) grado dal tribunale l’unico mezzo di impugnazione proponibile è il ricorso per cassazione (v. tra le più recenti, Cass. 20968 del 2016, nonché Cass. 19182 del 2013 e Cass. n. 23900 del 2004, n. 44 del 2003).
7. Nell’accoglimento del ricorso principale resta assorbito l’esame di quello incidentale.
La sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa persona del giudice, che si atterrà al principio sopra enunciato e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma in diversa persona del giudice, anche per le spese del presente giudizio.
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