Commissione Tributaria Regionale per il Lazio, sezione 17, sentenza 1191 depositata il 2 marzo 2020
Massima:
È dovuta l’imposta di registro in relazione al lodo arbitrale depositato presso la Camera innanzi alla Corte di Appello arbitrale e dichiarato esecutivo dal Tribunale ancorché sospeso con ordinanza della Corte d’Appello in accoglimento di inibitoria proposta dall’Agenzia che aveva impugnato il lodo, né l’imposta di registro può essere assolta con “prenotazione a debito”. Infatti l’art. 37 del dPR 131 del 1986, stabilisce, tra l’altro, che i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati né compete la prenotazione a debito in quanto l’istituto è applicabile solo quando l’imposta è a carico dell’amministrazione pubblica. (G.T.).
Con atto inviato in via telematica il 15.10.2019 la XXXXX s.r.l. ha appellato la sentenza n. 2731 del 2019 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni n. 2014/003/LO/00016739/0/002, con il quale veniva richiesto il pagamento dell’imposta di registro in relazione al lodo arbitrale depositato presso la Camera arbitrale il 17.5.2012 e dichiarato esecutivo dal Tribunale di Roma in data 10.12.2014.
A motivo del ricorso la società aveva lamentato la violazione dell’art. 66 del DPR n. 131 del 1986, nonché dell’art. 37 del medesimo DPR, evidenziando che il lodo arbitrale – reso a seguito di controversia insorta nei confronti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e che condannava quest’ultima al risarcimento del danno, per un importo di euro 28.724.768,74 – era stato reso esecutivo in data 10.12.2014, ma sospeso con ordinanza della Corte di Appello di Roma del 21.4.2015, in accoglimento dell’inibitoria proposta dall’Agenzia, che aveva impugnato il lodo innanzi alla Corte di Appello; che, altresì, era stato violato l’art. 59 del DPR n. 131 del 1986, dovendo l’imposta di registro in oggetto essere assolta tramite il meccanismo della “prenotazione a debito”.
La Commissione Tributaria Provinciale – in sintesi – ha respinto il ricorso valutando che il provvedimento oggetto di registrazione è il decreto che ha dichiarato esecutivo il lodo, del tutto equiparato alla sentenza civile, ai fini dell’imposta di registro e che il provvedimento di sospensione dell’esecutività del lodo non è idoneo ad incidere sull’avviso di liquidazione, stante la perduranza dello stesso, con eventuale diritto di rimborso dell’imposta in ipotesi di riforma della sentenza.
Ha chiesto l’appellante la riforma della sentenza per omessa pronuncia in ordine alla eccepita violazione dell’art. 59 del dpr n. 131 del 1986, ai sensi della quale l’imposta di registro doveva essere assolta nel caso di specie tramite il meccanismo della “prenotazione a debito”; ha reiterato, poi, la doglianza di violazione dell’art. 66 del dpr n. 131 del 1986 e di violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del medesimo dpr, stante l’avvenuta sospensione di esecutività del lodo.
Si è costituita l’Agenzia delle Entrate – Dir. Prov.le di Roma chiedendo il rigetto dell’appello ed evidenziando che la prenotazione a debito può essere disposta dall’ufficio solo in caso di richiesta in tal senso da parte del cancelliere, ex art. 10 del dpr n. 131/86.
Si è altresì costituita l’Agenzia Dogane Monopoli con controdeduzioni nelle quali ha chiesto respingersi l’appello; ha poi proposto appello incidentale condizionato, con il quale ha reiterato l’eccezione di difetto di giurisdizione – non accolta dai giudici di primo grado – in ordine al rapporto tra la stessa e la XXXX srl in ordine alla richiesta di pagamento dell’imposta di registro.
L’appello non merita accoglimento.
Iniziando ad esaminare – per motivi di ordine logico – il secondo motivo di appello, ne rileva il Collegio l’infondatezza.
Ai sensi dell’art. 37 del dpr n. 131 del 1986 (T.U. Imposte di Registro) “1. Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato. 2. Il contribuente che ha diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell’art. 77 all’ufficio che ha riscosso l’imposta”
Sostiene ancora al riguardo l’appellante di non essere tenuta al versamento dell’imposta di registro richiesta con ravviso di liquidazione impugnato tenuto conto che l’esecutività del lodo – concessa con decreto del Presidente del Tribunale di Roma del 10.12.2014, ai sensi dell’art. 825 cpc (su istanza della società, per come dedotto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nelle controdeduzioni di primo grado e non contestato) era stata sospesa dalla Corte di Appello di Roma in data 21.4.2015, su istanza di inibitoria proposta dall’Agenzia delle Dogane, nel giudizio di impugnazione da questa azionato innanzi alla Corte di Appello; e, invero, correttamente i giudici di primo grado hanno ritenuto che la sospensione dell’efficacia esecutiva del lodo non fa venir meno il presupposto dell’imposta, in applicazione della giurisprudenza di legittimità che – nell’ambito della funzione nomofilattica che le è propria – ha affermato come in tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, il provvedimento di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado non fa venir meno il presupposto del tributo, tenuto conto che tale presupposto è costituito, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 131/86, non già dall’efficacia esecutiva, bensì dall’esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione (“In tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, il provvedimento di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado non fa venir meno il presupposto del tributo, costituito, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 131 del 1986, non già dall’efficacia esecutiva, bensì dall’esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione” Cass. Ord. n. 12480 del 2018).
Inconferente, poi, è il richiamo all’art. 66 del medesimo dpr n. 131/86 (ai sensi del quale “I soggetti indicati nell’art. 1 (flettere b) e c), – vale a dire i notai, gli i giudiziari, i cancellieri – possono rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione in termine fisso da loro formati o autenticati solo dopo che gli stessi sono stati registrati, indicando gli estremi della registrazione, compreso l’ammontare dell’imposta, con apposita attestazione da loro sottoscritta)” ed alla sentenza della Corte Costituzionale n. 522 del 2002 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto articolo nella parte in cui non prevede che la disposizione di cui al comma 1 non si applica al rilascio dell’originale o della copia della sentenza o di altro provvedimento giurisdizionale, che debba essere utilizzato per procedere all’esecuzione forzata), riferendosi la norma all’ipotesi – diversa da quella per cui è causa – di rilascio, da parte dei soggetti preposti, di originale o copia di atti soggetti a registrazione anche in ipotesi di mancato pagamento dell’imposta di registro, in virtù della sentenza additiva della Corte Costituzionale sopra richiamata ed in applicazione del principio affermato dal giudice delle leggi che l’onere fiscale non può ledere il diritto alla tutela giurisdizionale.
Né può ricavarsi in alcun modo – secondo l’assunto dell’appellante – dalla ratio della suddetta decisione della Corte Costituzionale, per conseguenzialità logica, un differimento al momento della definizione della procedura esecutiva del pagamento dell’imposta di registro.
Quanto, poi, alla dedotta violazione dell’art. 59 del dpr n. 131 del 1986 – sulla quale i giudici di primo grado non si sono pronunciati – la doglianza è infondata.
La disposizione di cui al predetto articolo – ai sensi del quale “Si registrano a debito, cioè senza contemporaneo pagamento delle imposte dovute: a) le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato e le persone o gli enti morali ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato quando essi vengono formati d’ufficio o ad istanza o nell’interesse dei detti soggetti….”- deve essere, invero, coordinata con le disposizioni di cui all’art. 158 del DPR n. 115 del 2002 (T.U. in materia di spese di giustizia), rubricato “Spese nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito e recupero delle stesse”.
Dispone tale articolo che “Nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica, sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione:
c) l’imposta di registro ai sensi dell’articolo 59, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel processo civile e amministrativo”.
L’istituto della prenotazione a debito, quindi, opera nel solo caso in cui l’imposta di registro – nel processo in cui è parte una pubblica amministrazione – è a carico dell’amministrazione, laddove nel caso di specie, trattandosi di tassazione di un decreto di esecutorietà di un lodo arbitrale concesso ai sensi dell’art. 825 cpc, ai sensi dell’art. 57 del dpr n. 131/86 (Soggetti obbligati al pagamento) – ed in deroga al principio della solidarietà tributaria, che pone a carico di entrambe le parti in causa il pagamento dell’imposta -, l’imposta di registro deve essere pagata dal soggetto richiedente tale decreto e nel cui interesse lo stesso è stato reso (prevede testualmente la norma che “Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli articoli 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli articoli 633, 796, 800 e 825 del codice di procedura civile”.
Ai sensi dell’art. 60 del medesimo dpr 131/86 (Modalità per la registrazione a debito), altresì, la registrazione a debito può essere eseguita a condizione che nel contesto o a margine dell’originale di ciascun atto sia indicato che questo è compilato o emanato ad istanza o nell’interesse dell’amministrazione dello Stato, in coerenza con quanto previsto dall’art. 59, comma 1, del medesimo DPR, che richiede, ai fini della registrazione a debito delle sentenze, dei provvedimenti e degli atti resi nell’ambito di procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato, che tali atti siano formati …ad istanza o nell’interesse dei detti soggetti, ipotesi che non ricorre nel caso di specie.
La ratio sottesa alle ipotesi di cui alla lett. a) di cui all’art. 59 T.U.R. è, invero, quella non far gravare immediatamente l’imposta sulle amministrazioni dello Stato che siano parte in causa o sui soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato laddove, in applicazione del principio processuale della soccombenza, valevole per la condanna alle spese di lite ex art. 91 c.p.c., la parte vittoriosa potrà poi recuperare in sede di esecuzione forzata anche gli esborsi eventualmente sopportati a titolo di imposta di registro; difatti la parte definitivamente vittoriosa, se pure in un primo momento è gravata dell’obbligazione tributaria, potrà azionare la pretesa di rimborso delle somme versate a titolo di registrazione in sede esecutiva nei confronti dell’Amministrazione.
L’appello, conclusivamente, deve essere respinto.
Le spese di lite – liquidate come in dispositivo – seguono le regole della soccombenza.
Rigetta l’appello; Condanna l’appellante al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.500,00 in favore di ognuna delle parti appellate.
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