CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 luglio 2017, n. 17484
Tributi – Verifica fiscale – Contabilità parallela – Files contenuti in un computer della ditta – Sequestro della documentazione “in nero” senza il consenso ufficiale del contribuente e senza la stampa dei files estratti e la pedissequa sottoscrizione dell’interessato – Legittimità
Ritenuto in fatto
La Guardia di Finanza eseguiva una verifica fiscale nei confronti della ditta individuale A. di B.R., constatando che la stessa aveva effettuato acquisti di autovetture dalla società M. srl ritenuta una società cartiera; rinveniva, in uno dei computer della ditta, “files” contenenti una contabilità parallela dalla quale risultavano ricavi di gran lunga superiori a quelli dichiarati. In base ai risultati della verifica l’Agenzia delle Entrate notificava a B.G., titolare della ditta individuale A., distinti avvisi di accertamento relativi ad Iva, Irpef ed Irap dovute per gli anni di imposta dal 2002 al 2005.
Contro gli avvisi di accertamento B. G. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale che li accoglieva parzialmente, annullando gli avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2003 e 2004 limitatamente ai costi relativi agli acquisti di autoveicoli presso la società M. srl ed alla detraibilità della relativa Iva.
B.G. proponeva appello e l’Agenzia delle Entrate si costituiva proponendo appello incidentale nella parte in cui la Commissione tributaria provinciale aveva deciso in senso sfavorevole all’Ufficio. La Commissione tributaria regionale con sentenza del 9.5.2011 rigettava l’appello principale e quello incidentale.
B. G. propone ricorso per cassazione per nove motivi
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
B. deposita memoria di replica al controricorso.
Considerato in diritto
1. Primo motivo:”violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo n.3, in relazione alla inesistenza della notifica perché apposta in fronte agli avvisi di accertamento anziché in calce come prescritto dall’art.148 cod.proc.civ.”, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha erroneamente rigettato l’eccezione di inesistenza della notificazione erroneamente apposta sugli avvisi di accertamento.
Il motivo è infondato. L’irregolare apposizione della relata di notifica sul frontespizio dell’avviso di accertamento, anziché in calce ad esso, non integra alcuna ipotesi di inesistenza della notificazione, ma corrisponde ad una fattispecie di nullità della notificazione, sanata dal raggiungimento dello scopo dell’atto ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., il cui effetto sanante può essere escluso soltanto se il destinatario dimostri l’incompletezza dell’atto notificatogli e quindi la non conformità all’originale (conforme Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23175 del 14/11/2016, Rv. 642020 – 01). Nel caso di specie è pacifico che il contribuente non ha eccepito alcuna incompletezza della copia degli avvisi che gli sono stati notificati.
2. Secondo motivo:”omessa motivazione, in merito all’eccepita violazione dell’art. 52 commi 7 e 9 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633″ nella parte in cui ha ritenuto asportabile la documentazione “in nero” senza il consenso ufficiale della parte e senza la stampa dei files estratti e la pedissequa sottoscrizione dell’interessato.
Il motivo è infondato. Lo stesso ricorrente dà atto della esistenza della motivazione, nella parte in cui deduce (pag.13 ricorso) che “il Collegio ha ritenuto che le tutele previste dall’art. 52 commi 7 e 9 richiamato dovessero essere assicurate soltanto con riferimento alla documentazione ufficiale; ciò perché soltanto con riferimento a questa vi sarebbe la esigenza di non ostacolare l’esercizio della ordinaria attività di impresa”. La motivazione del giudice di appello, oltre che sussistente, è giuridicamente corretta. In proposito si deve ribadire che il disposto dell’art. 52 comma 7 d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, che pone determinati limiti al sequestro della documentazione contabile, ha riguardo unicamente alla documentazione contabile ufficiale e non riguarda la anche alla documentazione extracontabile, o “in nero”, in quanto soltanto con riguardo alla prima vi è l’esigenza, alla cui tutela la disposizione in oggetto è diretta, di non ostacolare l’esercizio della ordinaria attività d’impresa (Cass. n.24923 del 2011).
3. Terzo motivo: “insufficiente e contraddittoria motivazione , in violazione dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ., in merito all’eccepita violazione degli artt. 10 e 12 comma 5 legge n. 212 del 2000 circa l’eccessiva durata delle verifiche, considerato che le stesse dopo il periodo di permanenza presso i locali della ditta, sono comunque proseguite presso i locali della Guardia di Finanza .
Il motivo è infondato. Non sussiste il denunciato difetto di motivazione poiché la Commissione tributaria regionale ha correttamente distinto tra verifica svolta nei locali della impresa ( durata 21 giorni) e la prosecuzione della verifica “a tavolino” presso i locali della Guardia di Finanza (non cumulabile con la durata della verifica “in loco”).
4. Quarto motivo:”omessa e insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ. Violazione dell’art.7 legge 212 del 2000 e 3 legge n.241 del 1990″, in riferimento alla mancata allegazione agli avvisi notificati alla ditta ricorrente degli atti di accertamento compiuti nei confronti della società M. srl.
Il motivo è inammissibile per mescolanza e sovrapposizione di ragioni d’impugnazione eterogenee, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.. E’ ulteriormente inammissibile per violazione del principio di autosufficienza ai sensi dell’art. 366 comma primo n.5 cod. proc. civ., difettando la “localizzazione” (mediante specifica indicazione o trascrizione) della parte dell’atto di appello contenente la reiterazione della eccezione di nullità degli avvisi impugnati per mancata allegazione degli accertamenti svolti nei confronti di un terzo, eccezione che si assume rigettata dal giudice di appello con motivazione insufficiente.
5. Quinto motivo:”omessa ed insufficiente motivazione , ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ. , in merito alla violazione degli artt. 33 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, 52 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 in materia di accesso, ispezioni e verifiche, nonché degli artt.157 e 158 cod. proc. pen., oltre all’art. 126 cod. proc. civ. inerente la redazione del processo verbale”, in relazione al processo verbale di constatazione ed ai singoli verbali giornalieri redatti dalla Guardia di Finanza.
6. Sesto motivo:”omessa ed insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ. ,in merito alla violazione dell’art. 10 comma primo legge 212 del 2000 circa la modalità di acquisizione della dichiarazioni di B. e sua valenza”.
Entrambi i motivi sono inammissibili perché non articolano alcuna concreta denuncia di vizio di motivazione della sentenza impugnata, ma formulano direttamente censure di illegittimità con riguardo alle modalità di svolgimento della attività amministrativa di verifica compiuta dalla Guardia di Finanza.
7. Settimo motivo: “infondatezza della pretesa erariale- violazione dell’art. 2697 cod. civ. e 21 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, e quindi motivazione insufficiente illogica e contraddittoria circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ. .Erronea interpretazione delle risultanze probatorie in ordine al mancato esame comparativo dei “files” rinvenuti con la contabilità”.
Il motivo è inammissibile poiché contiene una mescolanza inestricabile di ragioni eterogenee di ricorso e deduzioni di censure in fatto non ammesse in sede di legittimità
8. Ottavo motivo: “omessa e insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ. in merito alla impossibile individuazione della ratio decidendi della pronuncia data la mera adesione alle argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado”.
Il motivo è infondato. La sentenza impugnata contiene autonome e dettagliate argomentazioni che danno adeguatamente conto della ratio decidendi seguita dal giudice di appello.
9. Nono motivo: “insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5 cod. proc. civ. circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione al mancato riconoscimento di maggiori costi a fronte di maggiori ricavi in violazione delle disposizioni di cui all’art. 109 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e 53 Cost.
Il motivo è inammissibile. Con esso il ricorrente non denuncia un vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto provata l’esistenza di costi maggiori di quelli già riconosciuti dal giudice di primo grado, ma propone direttamente in questa sede un riesame nel merito della risultanze della attività amministrativa di verifica della Guardia di Finanza, alla quale contesta di non avere estratto i files del gruppo B contenente gli oneri assunti dalla azienda ed i costi connessi alla vendita delle autovetture.
Spese regolate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate , liquidate in euro seimiladuecento oltre eventuali spese prenotate a debito.
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