CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 ottobre 2017, n. 24536
Imposta sul reddito – Regime di esenzione – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Fusione – Incorporata – Aiuti di Stato
Fatti di causa
1. La società “A.E.B.S.P.A. (di seguito “la società” o “AEB”), quale avente causa della società incorporata (…) SPA (di seguito GEA), a seguito di fusione per incorporazione con atto del 29.12.2003, impugnava, con esito favorevole in primo grado, tre cartelle di pagamento notificatele in data 04.07.2007, concernenti il recupero dell’aiuto di Stato fruito dalla società relativamente ai periodi di imposta 1997, 1998 e 1999 ed equivalente alle imposte non corrisposte in ragione del regime di esenzione fiscale goduto all’epoca, ai sensi dell’art. 3, comma 70, della legge n.549/1995 e dell’art. 66, comma 14, del d.l. n. 427/1993, e dei relativi interessi; il recupero era stato attuato dall’Amministrazione in forza dell’art. 1, comma 2, del d.l. 15 febbraio 2007 n. 10, convertito con modificazioni in legge 6 aprile 2007, n. 46, a sua volta emanato in attuazione della decisione della Commissione Europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, con la quale era stato qualificato aiuto di Stato – illegittimo perché lesivo del principio della libera concorrenza di mercato – il regime di esenzione triennale dall’Imposta sul reddito, fruito dalle società per azioni a capitale pubblico, istituite ai sensi dell’art. 22 della legge n. 142/1990, per la gestione dei servizi pubblici locali.
3. Il giudice di primo grado aveva osservato che la società, a capitale Interamente pubblico, operava come longa manus degli enti pubblici da cui era partecipata ed aveva perciò diritto di godere delle esenzioni fiscali.
4. L’appello, proposto dalla Amministrazione con la chiamata in causa del Concessionario alla riscossione, veniva accolto con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 40/36/09, depositata il 30.03.2009 e non notificata, avverso la quale la contribuente ricorre per cassazione su quattro motivi, ai quali l’Agenzia e l’Equitalia – Esatri SPA replicano con controricorso.
5. Il giudice di appello, in riforma della prima decisione ritenuta viziata da violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dopo aver ritenuto tempestivo l’appello dell’Ufficio, ha dichiarato legittime le cartelle di pagamento ritenendo corretti i conteggi e non fondate le questioni proposte dalla società in merito all’erroneo computo dell’aggio per l’agente della riscossione, all’omessa sottoscrizione delle cartelle ed alla omessa indicazione del responsabile del procedimento.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo, articolato in due sub motivi, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992 anche in combinato disposto con gli artt. 20, 22 e 47 bis del medesimo d.lgs., nonché la violazione dell’art. 112 cod. proc.
La doglianza, presupponendo l’applicabilità del dimezzamento del termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio introdotto dall’art. 47 bis del d.lgs. n. 546/1992, si fonda su una prima circostanza – il fatto che l’Agenzia si era costituita in appello in data 15.10.2008, e non già in data 14.10.2008, e quindi “dopo 16 giorni dal momento in cui ha provveduto a spedirle il ricorso in appello” (fol. 15 del ricorso) – e su una seconda circostanza – il fatto che l’Agenzia aveva provveduto sempre in data 15.10.2008, e quindi tardivamente, a depositare la copia dell’appello notificato a mezzo del servizio postale presso la segreteria del giudice di primo grado, in violazione dell’art.53, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992. La ricorrente propone il suo computo, al fine di rilevare la tardività degli adempimenti, partendo dalla data di spedizione dell’atto di appello (29.09.2008) piuttosto che da quella di ricezione (30.09.2008) (fol. 17 del ricorso).
1.2. Il motivo, pur prospettando molteplici questioni, risulta infondato in ragione dell’applicazione del consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale in tema dì contenzioso tributario, qualora la notificazione del ricorso introduttivo abbia avuto luogo mediante spedizione a mezzo del servizio postale, il termine entro il quale, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dev’essere effettuato il deposito presso la segreteria della commissione tributaria decorre non già dalla data della spedizione, bensì da quella della ricezione dell’atto da parte del destinatario: la regola, desumibile dall’art. 16, ultimo comma, secondo cui la notificazione a mezzo del servizio postale si considera effettuata al momento della spedizione, in quanto volta ad evitare che eventuali disservizi postali possano determinare decadenze incolpevoli a carico del notificante, si riferisce infatti ai soli termini entro i quali la notificazione stessa deve intervenire, ed avendo carattere eccezionale non può essere estesa in via analogica a quelli per i quali il perfezionamento della notificazione rappresenta il momento iniziale, trovando in tal caso applicazione il principio generale secondo cui la notificazione si perfeziona con la conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario (cfr. Cass. SS. UU. nn. 13452/2017, 13453/2017; Cass. sez. sempl. nn.12185/2008, 18373/12, 12027/2014, 3432/2017).
Ne consegue che la costituzione in giudizio dell’appellante ed il deposito dell’appello presso la segreteria del giudice di primo grado avvenne tempestivamente, calcolando la decorrenza dei termini dalla data di ricevimento dell’atto notificato.
1.3. Per completezza di deve osservare, con riferimento al primo profilo, che alla fattispecie in esame non si applica il dimezzamento dei termini ex art. 47 bis, comma 7, del d.lgs. n. 546/1992, per la costituzione in giudizio, poiché – come questa Corte ha già avuto modo di affermare – la disciplina, in tema di contenzioso tributario, dettata nell’art. 47-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto, con effetto dal 9 aprile 2008, dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 59 del 2008, conv., con modif., dalla I. n. 101 del 2008, si interpreta, in considerazione della sedes materiae in cui è stato inserito, della finalità di accelerare le controversie in materia di aiuti di Stato e della disciplina transitoria, contenuta nei commi 2 e 3 dell’art. 2 del d.l. n. 59 citato, nel senso che i termini dimidiati (ad eccezione di quello per proporre ricorso in appello) si riferiscono unicamente ai casi di concessione della sospensione cautelare da parte della commissione tributaria provinciale (da ultimo Cass. n. 23797/2016).
Nel caso in esame, la questione è posta, infondatamente, con riferimento alla costituzione in appello (e non risulta nemmeno che vi sia stata sospensione cautelare in primo grado) ed alla sua denunciata tardività.
1.4. L’implicita reiezione del motivo, infondato per le ragioni esposte, esclude la ricorrenza della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. da parte della CTR, laddove aveva ritenuto la nullità della prima decisione che aveva annullato le cartelle ritenendo spettanti alla società le agevolazioni fiscali oggetto di recupero con ingiunzione e successiva emissione di cartelle, poiché i vizi denunciati dalla parte privata con l’originario ricorso concernevano vizi propri della cartella e non dell’atto presupposto. A corredo è posto il seguente quesito “Voglia questa Corte statuire se la declaratoria della illegittimità della cartella di pagamento a seguito di declaratoria di illegittimità della comunicazione-ingiunzione, non costituisca una violazione al principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., come affermato nella sentenza impugnata”.
2.2. Il motivo va respinto per inammissibilità del quesito, che si risolve in una interrogazione astratta priva del riferimento alla fattispecie concreta, necessario per la comprensione della rilevanza della questione (Cass. n. 12007/2015), oltre che per carenza di autosufficienza in quanto non trascrive l’originario ricorso.
3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 49 del d.m. 04.08.2000 avente ad oggetto la remunerazione del Servizio nazionale della riscossione tramite ruolo e l’insufficiente motivazione circa la determinazione dell’aggio spettante all’agente della riscossione.
Secondo la ricorrente la CTR avrebbe errato nel ritenere corretti i conteggi in merito al calcolo dell’aggio dovuto al Concessionario alla riscossione con riferimento al criterio connesso alla vetustà del ruolo, in quanto – a suo parere – non era decorso un biennio tra l’anno di riferimento dell’entrata iscritta a ruolo e quello in cui il concessionario aveva potuto portarla in riscossione perché l’astratta debenza del tributo era stata disposta solo con l’emanazione del d.l. 15.02.2007 n. 10, con cui era stato imposto il recupero dei presunti aiuti di Stato ritenuti illegittimi a seguito della decisione 2003/193/CE della Commissione europea e, quindi, solo dall’entrata in vigore di tale disposizione doveva essere eventualmente calcolato l’aggio e non dall’anno (1997) al quale l’imposta si riferiva, poiché l’effettivo debito era sorto solo dieci anni dopo. Propugna una interpretazione dell’anno di riferimento dell’imposta, ricollegata al momento in cui l’importo è divenuto esigibile.
Formula a corredo il seguente quesito “… se l’aggio dovuto all’Agente della riscossione nel caso del recupero degli Aiuti di Stato di cui al d.l. n.10/2007 vada calcolato dall’anno di entrata in vigore della disciplina che dispone il recupero medesimo”.
3.2. Il Concessionario controricorrente contesta tale prospettazione sostenendo che l’anno di riferimento è comunemente inteso in relazione all’anno in cui matura il credito e non già all’anno in cui l’entrata diviene esigibile; sostiene altresì che, comunque, le entrate in discussione erano divenute esigibili sin dalla pubblicazione della decisione della Commissione EU sulla G.U. dell’Unione Europea il 24.03.2003, ovvero, in subordine, al più tardi a seguito dell’entrata in vigore della legge 18.04.2005 n. 62, che all’art. 27 dettava la procedura per il recupero degli aiuti di Stato (fol. 11 del controricorso).
Conclude, rilevando che l’eventuale irregolare conteggio dell’aggio non potrebbe incidere sulla legittimità della cartella, ma comportare solo un ricalcolo.
3.2. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito precisati.
3.3. L’art. 17, comma 1, del d.lgs. 26/02/1999 n. 46 (che riguarda il “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo”) prevede che la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalla imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici, si effettua mediante ruolo. Ne discende che tale disposizione non è dettata solo per le imposte, ma anche per le entrate di diversa natura.
L’art. 17, comma 1, del d.lgs.13.04.1999 n. 112 (che disciplina gli “Oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione”), richiamato dall’art.49 del d.m. 04.08.2000, e sulla cui interpretazione verte la doglianza, detta il criterio di vetustà per la determinazione dell’aggio nei seguenti termini “1. L’attività dei concessionari viene remunerata con un aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse; l’aggio è pari ad una percentuale di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre dell’anno precedente il biennio di riferimento, sulla base dei seguenti criteri: (…) c) tempo intercorso tra l’anno di riferimento dell’entrata iscritta a ruolo e quello in cui il concessionario può porla in riscossione. “
L’art. 27 della legge 18.04.2005 n. 62, nel dettare la “Procedura per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegittimi dalla decisione 2003/193/CE della Commissione, del 5 giugno 2002”, ha previsto una procedura di autoliquidazione e di accertamento delle somme da restituire, procedura richiamata dall’art. 1, comma 2, del d.l. n. 10/2007, che solo a seguito del mancato adempimento deve essere seguita dall’intimazione di pagamento e, quindi, dall’iscrizione a ruolo a titolo definitivo (fattispecie speciale ed autonoma, ulteriore rispetto a quanto previsto dall’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, che è richiamato al comma 2).
Orbene, nel caso di specie, si è di fronte al recupero di entrate (gli aiuti di Stato illegittimamente fruiti), anche se equivalenti alle imposte non corrisposte (Cass. n. 15414/2015), giacché la procedura dettata in via legislativa ad hoc prevede una autoliquidazione dell’imposta solo al fine di determinare il quantum da recuperare (art.27, comma 3, della legge n. 62/2002, nella versione vigente dal 12.02.2005, “Entro il termine di cui al comma 2, i beneficiari di cui al medesimo comma, indipendentemente dalla comunicazione ivi prevista, presentano alle Direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate territorialmente competenti una dichiarazione dei redditi dei periodi d’imposta nei quali il regime di esenzione è stato fruito, con l’autoliquidazione delle imposte dovute. Il modello è presentato anche in caso di autoliquidazione negativa”) – e, quindi, il successivo recupero dell’aiuto di Stato, e cioè di un’entrata, mediante ingiunzione. Ne consegue che, una volta che queste somme non siano state versate dal destinatario dell’ingiunzione, è possibile procedere all’iscrizione a ruolo, proprio in ragione della espressa previsione dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 10/2007, perché altrimenti la fattispecie non avrebbe potuto essere ricondotta in quelle previste dall’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973; è stata inoltre espressamente prevista la possibilità della riscossione coattiva ex art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 46/1999 dall’art. 27, comma 16, della legge n. 62/2005, prima versione, alla quale rinvia l’art. 1 del d.l. n. 10/2007.
3.4. L’anno di riferimento, per il computo dell’aggio, va quindi determinato con riferimento al sorgere dell’ “entrata”, che il beneficiario all’entrata doveva autoliquidarsi a seguito dell’entrata in vigore della legge n.26/2005, e non al sorgere originario dell’imposta oggetto della moratoria fiscale, che individua solo il criterio di quantificazione dell’entrata: ne consegue l’erroneità del criterio di vetustà utilizzato dal Concessionario per il computo dell’aggio.
In questi termini il motivo è fondato e la CTR in sede di rinvio dovrà provvedere al ricalcolo dell’aggio alla luce dei principi espressi ed alla compiuta motivazione.
3.5. Da ultimo, va rimarcato che la questione incide su di un profilo della controversia del tutto interno all’ordinamento nazionale.
4.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma 2, del d.P.R. n. 602/1973 e 17 della legge n. 212/2000 per avere erroneamente escluso la CTR la nullità della cartella nonostante fosse stata omessa la sottoscrizione da parte del responsabile del procedimento.
4.2. Il motivo è infondato, oltre che inammissibile quanto alla denuncia per vizio motivazionale.
Le cartelle in esame vennero notificate alla contribuente in data 04.07.2007, come risulta dal suo stesso ricorso (fol. 8) e nel caso in esame trova applicazione il principio, che qui si conferma, secondo il quale l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dall’art. 7 della I. n. 212 del 2000, a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le cartelle di pagamento dall’art. 36, comma 4-ter, del d.l. n. 248 del 2007, conv., con modif., dalla I. n. 31 del 2008, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (Cass. nn. 11856/2017, 13747/2013).
5.1. In conclusione, il ricorso va accolto sul terzo motivo, infondato il primo ed il quarto motivo ed inammissibile il secondo; la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia in diversa composizione per il riesame con compiuta motivazione e per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso sul terzo motivo, infondato il primo ed il quarto motivo ed inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione per il riesame con compiuta motivazione e per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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