CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 giugno 2017, n. 15964
Lavoro – Direttore generale di banca – Licenziamento disciplinare – Impugnazione – Richiesta di audizione personale
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Salerno, I.M., premesso di aver lavorato alle dipendenze della Banca di Credito cooperativo di Montecorvino Rovella dal 5.9.83 al 25.11.2010 con mansioni di direttore generate, impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli il 23.11.10 e motivato con riferimento ad una prassi operativa in forza della quale alcuni soggetti avevano potuto disporre irregolarmente di risorse finanziarie in modo sistematico e continuativo.
A sostegno della domanda deduceva: A) la violazione dell’art. 7 comma 2 della legge n. 300\70 perché, pur avendo inviato giustificazioni, non era stata soddisfatta la sua richiesta di audizione personale; B) l’illegittimità del recesso, in quanto supportato da fatti che avevano già formato oggetto di pregressa azione disciplinare; C) l’illegittimità del provvedimento per insussistenza dei fatti addebitati e per violazione del principio della immediatezza della contestazione; per essere comunque sproporzionato ex art. 2106 c.c.
Chiedeva dunque la condanna della società convenuta al pagamento dell’indennità supplementare in misura pari a 29 mensilità della retribuzione nonché alla erogazione dell’indennità sostitutiva del preavviso in misura corrispondente a 10 mensilità di retribuzione. Resisteva la Banca.
Il Tribunale, con sentenza del 9.10.2014, ritenuta la specificità e la tempestività della contestazione ed esclusa l’ipotesi di una reiterazione di addebiti già valutati, giudicava sussistente una giusta causa di licenziamento.
Peraltro, rilevata la violazione delle prescrizioni di cui all’art. 7 della legge n. 300/1970, condannava la resistente al pagamento delle indennità richieste nel ricorso introduttivo e nella misura ivi indicata. Avverso la suddetta pronuncia proponeva appello la Banca, lamentando, per quanto qui interessa, che la contestazione degli addebiti era stata ricevuta dal Moscatello il 2.11.2010, mentre le deduzione difensive, con la richiesta di audizione, erano pervenute alla Banca solo il 17.11.10 e, pertanto, oltre il termine di 10 gg. fissato contrattualmente; in subordine che la gravità degli addebiti mossi,
peraltro sfociati in un procedimento penale, avrebbe dovuto indurre il primo giudice a contenere il risarcimento nella misura minima, anche in considerazione della ritenuta presenza di mere irregolarità formali. Resisteva il M. deducendo che il rispetto del termine per la richiesta di audizione personale doveva essere valutato con riferimento alla data di spedizione della missiva e non a quella di ricezione da parte del datore di lavoro; che la doglianza relativa alla misura del risarcimento non era supportata da argomentazioni specifiche. Proponeva altresì appello incidentale dolendosi, tra l’altro, della mancata valutazione della tardività della contestazione; della mancata rilevazione della duplicazione di fatti già posti a base di un precedente provvedimento disciplinare; dell’insussistenza di una causa giustificativa del recesso.
Concludeva affinché la Corte, in accoglimento dell’appello incidentale, dichiarasse il licenziamento nullo e, comunque, ingiustificato.
Con sentenza depositata il 13.2.2015, la Corte d’appello di Salerno, in parziale accoglimento dell’appello principale, condannava la società al pagamento della sola indennità sostitutiva del preavviso, e rigettava l’appello incidentale.
Riteneva la Corte non impugnata la statuizione che riconosceva al M. l’indennità sostitutiva del preavviso; intempestiva la richiesta del lavoratore di essere sentito a sua difesa; sussistente la legittimità del licenziamento e conseguentemente insussistente il diritto del M. all’indennità supplementare.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Cassa, affidato a due motivi.
Resiste il M. con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato ad unico motivo, cui resiste la Cassa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. – Deve pregiudizialmente respingersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale avanzata dal M. per violazione dell’art. 366 c.p.c. Ed invero l’atto, pur riproducendo alcune pagine della sentenza impugnata, consente di individuare adeguatamente l’autonoma esposizione sommaria dei fatti di causa, peraltro non particolarmente complessi.
2. – Venendo pertanto al merito si osserva.
Con il primo motivo la Banca ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 2119 e 2118 c.c., nonché dell’art. 52 del c.c.n.I. per i dirigenti delle Banche di credito cooperativo, Casse rurali ed artigiane.
Lamenta in sostanza che la sentenza impugnata, pur a fronte dei gravi fatti contestati (consistenti nell’irregolare cambio di assegni di terzi, ovvero nel versamento di titoli con contestuale consegna di contanti, accordando una immediata ed ingente disponibilità di contanti per titoli, taluni dei quali con firme non corrispondenti allo ‘specimen’ depositato, che sarebbero stati negoziati in tempi successivi; operazioni effettuate personalmente o fatte realizzare dai suoi impiegati, fatti per i quali venne sottoposto a procedimento penale conclusosi con sentenza di patteggiamento recante la condanna a due anni e dieci mesi di reclusione), ritenne insussistente una giusta causa di licenziamento (pur riconosciuta dal giudice di primo grado) ed invece sussistente, erroneamente applicando le norme denunciate, un giustificato motivo di recesso.
2. – Con il secondo motivo la Banca denuncia la violazione degli artt. 324, 132 n.4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., nonché gli artt. 112 e 2909.
Lamenta che la corte salernitana riconobbe l’indennità sostitutiva del preavviso sulla base dell’erroneo presupposto che sul riconoscimento di questa da parte del primo giudice non risultavano specifici motivi di gravame, con conseguente formarsi di giudicato interno.
Evidenzia di avere invece dedotto in sede di gravame che mentre sul riconoscimento della giusta causa (ritenuta dal Tribunale) non intendeva evidentemente avanzare censure (ribadendone comunque la sussistenza), contestava invece il riconoscimento dell’indennità di preavviso (oltre che dell’indennità supplementare nella misura massima), pag. 13 appello, chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
3. – I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.
Ed invero la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto non censurata la pronuncia del Tribunale laddove riconobbe l’indennità sostitutiva del preavviso (il cui ammontare è previsto dal c.c.n.I.), ed in sostanza un giustificato motivo soggettivo piuttosto che una giusta causa di licenziamento, avendo la società ricorrente censurato la sentenza di primo grado sul punto affermando la sua erroneità ‘nella parte in cui condanna la Banca al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare nella misura massima prevista’ (pag 13 appello, pag. 15 odierno ricorso per cassazione).
3. – Col ricorso incidentale il M., denunciando la violazione dell’art. 7 L. n.300\70, domanda la cassazione della sentenza impugnata laddove ritenne intempestiva la richiesta di audizione personale del lavoratore, contenuta nella lettera di giustificazioni (inviata il 9.11.10 e ricevuta il 17.11.10), da presentarsi, a norma del c.c.n.I. di categoria, entro dieci giorni dalla contestazione (spedita il 29.10.10 e ricevuta il 2.11.10).
Lamenta in particolare che la corte salernitana ritenne che tale richiesta (contenuta nella lettera di giustificazioni) dovesse pervenire al datore di lavoro nel detto termine di dieci giorni, non essendo sufficiente la spedizione nel medesimo termine.
Il ricorso incidentale è inammissibile.
Anche a voler prescindere dalla circostanza che nella specie viene denunciata la violazione dell’art. 7 L. n. 300\70, violazione inconferente nella specie (essendo l’obbligo del datore di lavoro di ascoltare personalmente il lavoratore non in contestazione ma condizionato all’esistenza di una sua specifica e tempestiva richiesta), deve rilevarsi che la censura si base sul rispetto dei termini di decadenza previsti dal c.c.n.I. che non risulta neppure prodotto, in contrasto con l’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c. Né il M. deduce che i termini di decadenza previsti dal c.c.n.I. rendessero particolarmente gravoso l’esercizio del diritto ai sensi dell’art. 2965 c.c.
Deve poi rimarcarsi che la decisione delle S.U. di questa Corte n. 8830\10 (in tema di decadenza dall’impugnativa di licenziamento ex art. 6 L. n. 604\66 nel testo precedente la legge n. 92\12), invocata dal ricorrente incidentale, nonché la conforme sentenza n. 6757\11, ha fondato la decisione sul necessario e ragionevole bilanciamento tra la previsione di un termine breve di decadenza ed il diritto del prestatore a conservare il posto di lavoro ed a mantenere un’esistenza libera e dignitosa (artt. 4 e 36 Cost.).
Applicare tale principio anche alla richiesta di audizione personale del lavoratore, non comportante di per sé la risoluzione del rapporto di lavoro (peraltro aggiungendosi alla garanzia delle difese scritte), condurrebbe ad una ingiustificata deroga al principio di cui all’art. 1334 c.c. in materia di efficacia degli atti unilaterali recettizi.
4. – Entrambi i ricorsi debbono pertanto rigettarsi, con conseguente compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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