CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 maggio 2017, n. 13743
Tributi – ICI – Agevolazioni – Edifici sottoposti a vincolo storico-artistico
Fatti di causa
La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento per ICI 2004 relativamente a due edifici sottoposti a vincolo storico-artistico – P.M.A.C., detto C.C., sito in corso (…), e P.M.S., sito in via (…) – per i quali oltre all’agevolazione prevista dall’art. 2, comma 5, d.l. n. 16 del 1993, convertito dalla legge n. 75 del 1993, l’ente religioso reclamava, rispetto al primo di essi, la riduzione dell’aliquota conseguente alla esecuzione di importanti lavori di manutenzione e rispetto al secondo l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 per essere lo stesso collegato alla chiesa di Santa Margherita, alla sagrestia e alla cappellani studentesca e universitaria e in ragione della situazione di permanente dimora, alloggio e assolvimento delle funzioni ministeriali dei componenti sacerdoti.
La Commissione adita accoglieva il ricorso e la decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale il Comune propone ricorso per cassazione con due motivi. L’ente religioso resiste con controricorso, illustrato anche con memoria depositata in occasione della chiamata della causa innanzi alla Sesta Sezione civile.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso l’ente locale lamenta l’omessa pronuncia «sul capo dell’appello comunale relativo alla determinazione del numero di vani catastali da assoggettare all’imposta», affermando che il criterio di calcolo utilizzato dall’ente era conforme ad una norma del 2004 e non esito di una applicazione retroattiva del regolamento del 2009.
2. Il motivo non è fondato in quanto il giudice di merito non ha omesso di pronunciarsi sul punto, ma ha rigettato la deduzione difensiva dell’ente locale affermando che il criterio utilizzato in concreto dal Comune era quello cui faceva riferimento il regolamento del 2009 (applicato retroattivamente), mentre nulla avallava, ad avviso del giudice d’appello, «l’assunto dell’amministrazione attualmente appellante secondo cui tale criterio (od analogo) fosse contenuto nell’indicata deliberazione del Consiglio Comunale n. 82 del 2004».
3. Con il secondo motivo di ricorso l’ente locale lamenta la violazione dell’art. 7 comma 1, lettere d) e i), d.lgs. n. 504 del 1992 e dell’art. 2967 cod. civ., in quanto:
a) con riferimento all’immobile denominato “P.S.” mancherebbe la prova che lo stesso fosse destinato allo «svolgimento di attività riconducibili a fattispecie suscettibili di esenzione»;
b) con riferimento all’immobile denominato “P.C.” sarebbe stata riconosciuta la spettanza dell’agevolazione ICI sulla base di «una mera dichiarazione di parte … inerente alla ristrutturazione dell’immobile» in questione, senza considerare che a norma dell’art. 3 bis del Regolamento ICI, che il giudice avrebbe dovuto conoscere in base al principio iura novit curia, ben altre dovevano essere le condizioni necessarie per legittimare la riduzione attribuita.
4. Il motivo è prima inammissibile che infondato, essendo inteso ad ottenere una revisione del giudizio di merito che faccia prevalere la valutazione degli elementi di fatto considerata dalla parte su quella ritenuta dal giudice, la cui motivazione non è oggetto di specifica censura.
5. Si tratta in buona sostanza di considerazioni critiche che attengono al merito e si risolvono in larga parte nella diversa interpretazione che la parte, rispetto al giudice, ritiene sia corretto dare alla documentazione versata in atti, contestando in ultima analisi un accertamento di fatto che appare congruamente motivato e sotto questo aspetto, come già detto, nemmeno censurato.
6. Si tratta, peraltro, di considerazioni critiche non coerenti con il principio di autosufficienza, in particolare con riferimento al regolamento comunale. Quest’ultimo, invero, diversamente da quanto la parte ricorrente afferma, non risponde, secondo l’orientamento espresso da questa Corte, al principio iura novit curia: «Qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l’esame di un regolamento comunale», ha affermato la Corte, «è necessario – in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso – che le norme del regolamento invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie (rispetto alle quali va tenuto distinto il caso delle fonti paraprimarie o subprimarie, quale lo statuto comunale), il principio iura novit curia, e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali (così come di quelli provinciali) tra i doveri del giudice, che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti» (Cass. n. 18661 del 2006; v. nello stesso senso Cass. nn. 1893 del 2009 e 1391 del 2014).
7. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi € 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo.
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