CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 11626 del 7 giugno 2016
EVASIONE CONTRIBUTIVA – TIPOLOGIA DELLE INFORMAZIONI DA FORNIRE – CONTRASTO INTERPRETATIVO – AMPIO CONTENZIOSO – FINE FRAUDOLENTO – NON SUSSISTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza definitiva n. 6655 del 2012, la Corte d’appello di Roma, facendo seguito a sentenza non definitiva che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva dichiarato l’insussistenza della nullita’ del ricorso introduttivo del giudizio ritenuta dal primo Giudice, condannava la s.r.l. Laboratorio San Faustino a pagare alla Fondazione Enpam la somma di Euro 6.961,53, a titolo di contributo 2% di cui alla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, oltre alla sanzione calcolata sulla base dell’articolo 116 comma 8 lettera b) della L.n. 388 del 2000, cosi’ recependo le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, che aveva assunto come base di calcolo del 2% del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale per il periodo indicato, abbattuto della percentuale del 30% prevista dai D.P.R. n. 119 del 1988, e D.P.R. n. 120 del 1988.
Per la cassazione della sentenza la s.r.l. Laboratorio San Faustino ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso la Fondazione Enpam. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. A fondamento del primo motivo di ricorso, la societa’ deduce violazione ed errata applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, ed erronea conoscenza dei fatti e dei presupposti.
2. Come secondo motivo, deduce violazione ed errata applicazione della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, e chiede in via subordinata, per il caso in cui la norma in questione vada interpretata correlando la percentuale dovuta a titolo di versamento contributivo previdenziale al fatturato societario, di ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 18, 35, 38, 41 e 53 Cost., e contestualmente sospendere il presente giudizio rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.
3. Come terzo motivo, deduce violazione ed errata applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, e lamenta che la Corte d’appello abbia applicato l’ipotesi dell’evasione contributiva, laddove nel caso si trattava soltanto di un omesso pagamento, il cui importo era facilmente quantificabile sulla scorta dei dati del fatturato della societa’, regolarmente tenuti, ed in assenza di obblighi strumentali specifici in capo alla societa’, se non nell’indicazione dei nominativi dei professionisti interessati alla produzione del fatturato e la relativa percentuale contributiva di spettanza.
4. I primi due motivi, che possono esser esaminati congiuntamente in quanto connessi, non sono fondati.
4.1. Prima di affrontare il nodo centrale della controversia, e’ opportuno delineare la struttura e i compiti dell’ENPAM ed il quadro normativo di riferimento.
L’ENPAM – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici nasce come ente di diritto pubblico dalla trasformazione – disposta con D.P.R. 27 ottobre 1950 e in esecuzione del D.L.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, della Cassa di Assistenza del Sindacato Nazionale Fascista Medici, istituita con R.D. 11 luglio 1937, n. 1484. Il D.L.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 21, delineo’ le funzioni e i poteri dell’Ente, prevedendo tra i suoi fini istituzionali lo svolgimento di attivita’ previdenziale ed assistenziale gestita dal Fondo Generale di Previdenza e sancendo a) l’obbligo di iscrizione all’Ente per tutti gli iscritti agli albi provinciali dei medici; b) l’obbligo del pagamento dei contributi previdenziali; c) il riconoscimento del potere di determinazione e di imposizione dei contributi, in capo ai Consigli Nazionali dell’ENPAM e della Federazione Nazionale degli Ordine dei medici Chirurghi ed Odontoiatri (art. 21 del DLCPS n. 233/1946). Dal 1 gennaio 1958 l’attivita’ dell’Ente – originariamente concepita come attivita’ assistenziale – fu riconfigurata come attivita’ di previdenza e di assistenza da un nuovo Statuto, approvato con D.P.R. 2 settembre 1958, n. 931, e successivamente modificato con D.P.R. 9 gennaio 1971, n. 142. Con L. 20 marzo 1975, n. 70, l’ENPAM fu inquadrato tra gli Enti gestori di “forme obbligatorie di previdenza e di assistenza”.
Con D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, “Attuazione della delega conferita dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 1, comma 32, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”, fu consentita all’ENPAM (insieme agli altri enti previdenziali elencati nell’allegato A del d.lgs. citato), la trasformazione, a decorrere dal 10 gennaio 1995, in associazioni o fondazioni previa deliberazione dei competenti organi (art. 1, comma 1). Essa quindi assunse personalita’ giuridica di diritto privato, ai sensi degli artt. 12 e seguenti del cod.civ., continuando tuttavia a svolgere le attivita’ previdenziali e assistenziali a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali era stata originariamente istituita, ferma restando l’obbligatorieta’ dell’iscrizione e della contribuzione (art. 1, comma 3). Con lo stesso decreto legislativo si fissarono i criteri ai quali dovevano ispirarsi il regolamento e lo statuto (art. 1, comma 4). L’art. 2 dispose inoltre che le associazioni o le fondazioni – tra cui l’ENPAM – avessero autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei principi stabiliti dallo stesso articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del decreto in relazione alla natura pubblica dell’attivita’ svolta (comma 1), e che la gestione economico-finanziaria dovesse assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicita’ almeno triennale (comma 2). La trasformazione dell’ENPAM in Fondazione di diritto privato fu deliberata dal Consiglio Nazionale dell’Ente il 16- 17 dicembre 1994.
Tale trasformazione non ha tuttavia mutato l’attivita’ istituzionale della Fondazione ENPAM, che e’ rimasta a valenza sostanzialmente pubblicistica: al riguardo, la Corte Costituzionale ha precisato che “la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza e’ inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva piu’ generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell’ambito della pubblica amministrazione La privatizzazione, prevista dal legislatore delegante, e’ caratterizzata da elementi sia di continuita’ che di innovazione. La giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 248 del 1997) ha gia’ riconosciuto che la trasformazione lascia immutato il carattere pubblicistico dell’attivita’ istituzionale di previdenza ed assistenza, secondo le finalita’ istitutive di ciascun ente, cosi giustificando l’obbligatorieta’ dell’iscrizione e della contribuzione. Si modificano, invece, gli strumenti di gestione e la qualificazione dell’ente, che si trasforma ed assume la personalita’ di diritto privato” (Corte Cost., sent., 5 febbraio 1999, n. 15).
Il decreto legislativo n. 509/1994 lascia ferma, quindi, a) l’obbligatorieta’ dell’iscrizione previdenziale; b) l’obbligatorieta’ della contribuzione previdenziale (art. 1, comma 3); c) l’autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nei limiti ed “in relazione alla natura pubblica dell’attivita’ svolta” (art. 2, comma 1). L’Ente rimane soggetto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, in taluni casi di concerto con altri Ministeri rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti trasformati ai sensi dell’art. 1, comma 1 (art. 3); e’ inoltre soggetto ai controlli della Corte dei Conti (art. 3, comma 5) ed e’ obbligato a costituire una riserva legale preordinata ad assicurare la continuita’ nell’erogazione delle prestazioni ed a garantire l’equilibrio di bilancio (art. 1, comma 4, lett. c).
I Fondi di Previdenza ENPAM sono tutti ad iscrizione obbligatoria: sono infatti iscritti obbligatoriamente al Fondo di Previdenza generale ENPAM tutti i medici e gli odontoiatri, come conseguenza necessaria ed automatica della loro iscrizione all’Albo Professionale, a prescindere dalla circostanza che vi sia esercizio effettivo della professione o iscrizione presso altri fondi di previdenza ugualmente obbligatori.
L’onere della contribuzione a carico degli appartenenti all’ordine professionale anche in ragione del solo elemento oggettivo del potenziale esercizio dell’attivita’ professionale e’ il precipitato logico-giuridico della struttura di tipo solidaristico dei sistemi previdenziali professionali: la Corte Costituzionale, gia’ con le pronunce n. 133 del 1984 e 813 del 1988, ha sottolineato come i moderni sistemi previdenziali relativi alle varie categorie professionali sono ispirati ad esigenze superiori di solidarieta’ sociale, “sia pure operanti nell’ambito della categoria” (cfr., in particolare, sent. n. 133 del 1984), per cui occorre prescindere da elementi precipuamente soggettivi (quale, ad es., la maggiore o minore attivita’ professionale svolta e la conseguente diversita’ di remunerazione). Si e’ aggiunto che, in questo quadro solidaristico, non e’ irrazionale che le norme ricolleghino l’obbligo del contributo al solo elemento oggettivo del potenziale esercizio dell’attivita’ professionale, connesso alla iscrizione al relativo albo, assicurando adeguati mezzi di sussistenza a quei lavoratori che si trovino in condizione di non potersi personalmente cautelare contro i rischi della vecchiaia e della invalidita’ (cfr., Corte Cost., ord. 813 e n. 707 del 1988; sent. 17 marzo 1995, n. 88).
Il sistema previdenziale dell’ENPAM prevede a) un fondo di previdenza generale, al quale sono iscritti tutti i medici odontoiatri come conseguenza necessaria e automatica della loro iscrizione all’albo professionale, e b) tre Fondi speciali, cui sono iscritti i medici e gli odontoiatri che operano in rapporto di convenzione e/o accreditamento con gli istituti del servizio sanitario nazionale: essi sono b1) il Fondo speciale dei medici di medicina generale; b2) il Fondo degli specialisti ambulatoriali; b3) il Fondo degli specialisti esterni. Anche l’iscrizione ai Fondi Speciali ENPAM e’ automatica e consegue alla stipula delle convenzioni.
Al Fondo speciale degli specialisti esterni erano iscritti, sulla base dell’originario regolamento, i medici e gli odontoiatri operanti nei propri studi professionali aventi un rapporto professionale con gli istituti del Servizio sanitario nazionale, comunque denominati, disciplinati dall’Accordo collettivo nazionale unico di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48. Successivamente e’ stata prevista l’iscrizione anche dei medici e odontoiatri che partecipano alle associazioni fra professionisti ed alle societa’ di persone operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale.
Con la riforma introdotta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, per l’erogazione delle prestazioni specialistiche, comprese quelle riabilitative,di diagnostica strumentale e di laboratorio, e’ stata prevista la possibilita’ per le Usl di avvalersi dei propri presidi o anche di strutture private di professionisti, con i quali intrattiene appositi rapporti fondati “sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa” (art. 8, comma 5).
Il D.Lgs. 23 dicembre 1996, n. 662, ha poi sostituito al sistema che prevedeva il rapporto di convenzione con il servizio sanitario nazionale (art. 8, comma 5) il regime fondato sull’accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni e sull’adozione di un sistema di verifica della qualita’.
Infine, il D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 8, ha modificato la disciplina prevedendo l’accreditamento istituzionale rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private.
Occorre aggiungere che, a norma del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 sexies, comma 5, come introdotto dal D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 8, comma 4, la remunerazione delle attivita’ diverse da quelle previste nel comma 2 (attivita’ assistenziali specificamente indicate) e’ determinata in base a tariffe predefinite: allo scopo, il Ministro della sanita’, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individua con apposito decreto i sistemi di classificazione che definiscono l’unita’ di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, preventivamente selezionate. Lo stesso decreto stabilisce i criteri generali in base ai quali le regioni adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture, secondo le loro caratteristiche organizzative e di attivita’, verificati in sede di accreditamento delle strutture.
Il sistema dunque prevede un’identica remunerazione della prestazione specialistica sanitaria, determinata nel nomenclatore tariffario nazionale cui si affiancano i tariffari regionali come sopra determinati, il cui scostamento rispetto a quello nazionale varia da regione a regione ed e’ essenzialmente dipendente dalla eliminazione di talune prestazioni, dalla loro sostituzione con altre o dal loro accorpamento, ovvero dall’uso di metodiche diverse.
In linea generale, puo’ comunque dirsi che sia che venga erogata dalle strutture pubbliche sia che venga erogata da quelle private, la prestazione sanitaria ha una medesima remunerazione e cio’ in considerazione dell’identita’ della prestazione professionale resa Dal punto di vista previdenziale, il D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 13, modificando il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, ed introducendo l’art. 15 nonies, ha precisato al comma 4, “Restano confermati gli obblighi contributivi dovuti per l’attivita’ svolta, in qualsiasi forma, dai medici e dagli altri professionisti di cui all’art. 8”.
Se dunque l’ampia formulazione dell’art. 15 nonies, ha lasciato immutato l’obbligo contributivo e le modalita’ di versamento della contribuzione nel fondo speciale da parte dei singoli professionisti in regime di convenzionamento, si e’ invece posto il problema della sussistenza dell’obbligo contributivo e delle modalita’ di alimentazione del fondo speciale per il caso di prestazioni specialistiche anche ambulatoriali eseguite nell’ambito di un rapporto di convenzionamento con strutture sanitarie gestite da persone giuridiche private, da imprese societarie o da medici in forma associata.
E’ cosi’ intervenuta la L. 23 agosto 2004, n. 243, intitolata “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”, la quale, al comma 39, cosi’ dispone: “Le societa’ professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e le societa’ di capitali, operanti in regime di accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a valere in conto entrata del Fondo di previdenza a favore degli specialisti esterni dell’Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM), un contributo pari al 2 per cento del fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale e delle sue strutture operative, senza diritto, di rivalsa sul Servizio sanitario nazionale. Le medesime societa’ indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attivita’ di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale”. Il successivo comma 40 prevede quanto segue: “Restano fermi i vigenti obblighi contributivi relativi agli altri rapporti di accreditamento per i quali e’ previsto il versamento del contributo previdenziale ad opera delle singole regioni e province autonome, quali gli specialisti accreditati ad personam per la branca a prestazione o associazioni fra professionisti o societa’ di persone”.
Le disposizioni della L. n. 243 del 2004, commi 39 e 40, sono state recepite dall’ENPAM con delibera del Consiglio di amministrazione del 22 aprile 2005, n. 19, concernente modifiche al Regolamento del Fondo specialisti esterni, approvata con D.M. del lavoro e delle politiche sociali 24 novembre 2005, n. 24, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze: il Regolamento e’ stato cosi integrato con la previsione tra gli iscritti al Fondo medesimo dei medici e degli odontoiatri:
a) aventi rapporto professionale con gli Istituti del Servizio Sanitario Nazionale comunque denominati ed operanti nei propri studi professionali;
b) che partecipano alle associazioni fra professionisti ed alle societa’ di persone operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale; c) indicati, ai sensi della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, dalle societa’ professionali mediche ed odontoiatriche, in qualunque forma costituite, e dalle societa’ di capitali operanti in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale (art. 2 del Regolamento del Fondo specialisti esterni).
Con la medesima delibera n. 19 del 2005, il Regolamento e’ stato integrato attraverso la seguente previsione (art. 3):”La determinazione della misura dei contributi previdenziali e’ rimessa alle norme dell’Accordo Collettivo Nazionale Unico di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48, nonche’ alle disposizioni di cui alla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, commi 39 e 40. Nell’ottica di assicurare l’equilibrio della gestione, e’ comunque rimessa all’ENPAM la rideterminazione della misura dei contributi gia’ fissata dal predetto Accordo Collettivo”.
Il successivo art. 4 ha stabilito che “Il contributo previdenziale dovuto ai sensi della L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, e’ calcolato decurtando il fatturato annuo delle societa’ attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale e delle sue strutture operative di una quota di abbattimento in ragione delle percentuali stabilite dai D.P.R. 23 marzo 1988, n. 119, e D.P.R. 23 marzo 1988, n. 120. Le relative modalita’ di versamento sono stabilite con delibera del Consiglio di Amministrazione”.
4.2. Delineato il quadro normativo, e’ stato puntualmente rilevato a pg. 6 della sentenza gravata della Corte di merito, e non utilmente contestato dalle parti ricorrenti, che la domanda dell’ENPAM ha ad oggetto il pagamento del contributo previsto dalla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, da calcolarsi, secondo l’ente previdenziale, sulla base del fatturato prodotto dalla societa’ in regime di accreditamento per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale resa nei confronti del Servizio sanitario nazionale nel periodo di riferimento, in considerazione del “nomenclatore tariffario” che individua il valore delle prestazioni, e quindi secondo i criteri indicati dal D.Lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal D.Lgs. n. 229 del 1999.
4.3. La questione posta con il presente ricorso riguarda quindi solo l’esatta interpretazione della norma dell’art. 1, comma 39, e in particolare il significato da attribuire al concetto di “fatturato annuo attinente a prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale”.
Tale questione, contrariamente a quanto dedotto con il primo motivo, e’ stata affrontata dalla Corte di merito, e la soluzione che ha adottato e’ coerente con la corretta interpretazione della normativa di riferimento. Essa non puo’ infatti prescindere dal tenore letterale della norma che riferisce il contributo previdenziale “al fatturato annuo” della societa’: in generale, il fatturato e’ il complesso dei ricavi delle vendite o delle prestazioni di servizi nonche’ degli altri ricavi e proventi ordinari di un’impresa in un determinato periodo di riferimento. Diverso e’ il concetto di compenso o retribuzione, che invece costituisce il corrispettivo dell’attivita’ svolta da coloro che concorrono a realizzare l’oggetto sociale e, quindi, anche il fatturato.
Il legislatore ha ben presente questa diversita’ concettuale proprio in questa materia: l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti convenzionati in materia di prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio (cosiddetta “branca a prestazione”) recepito nel D.P.R. 23 marzo 1988, n. 120, all’art. 4, dispone che “sui compensi liquidati ai medici specialisti convenzionati Pente erogatore provvede mensilmente a versare all’ENPAM, sul conto personale di ciascun sanitario, un contributo previdenziale pari al 12 per cento, di cui il 10 per cento a carico dell’ente ed il 2 per cento a carico del medico”. Allo stesso modo, l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con professionisti convenzionati con il S.S.N. per l’erogazione di prestazioni specialistiche sanitarie (cosiddetta “branca a visita”), recepito nel D.P.R. 23 marzo 1988, n. 119, all’art. 7, dispone che “Sui compensi di cui all’art. 6, al netto della quota parte riferita al costo dei materiali e alle spese generali, l’U.S.L. versa trimestralmente e con modalita’ che assicurino l’individuazione dell’entita’ delle somme versate e del medico cui si riferiscono, un contributo previdenziale, a favore del competente fondo di previdenza…. nella misura del 22 per cento di cui il 13 per cento a proprio carico e 9 per cento a carico del medico”. In entrambi gli accordi, la base di calcolo del contributo previdenziale e’ costituita dai compensi corrisposti dal servizio sanitario nazionale ai medici specialisti esterni convenzionati.
Invece, la L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, ancora la base di calcolo del contributo previdenziale al diverso e inequivoco concetto del “fatturato annuo” della societa’, limitandolo pero’ a quello prodotto esclusivamente dal corrispettivo delle prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale (e delle sue strutture) dai medici e odontoiatri in regime libero professionale con le dette societa’. Prestazioni che, come si e’ visto, sono remunerate in maniera predeterminata sulla base del nomenclatore tariffario nazionale o regionale.
L’art. 1, comma 39, nella parte finale, si preoccupa poi di attribuire a ciascun medico la quota parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che “le medesime societa’ indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attivita’ di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale”: anche tale disposizione depone nel senso di un uso appropriato e tecnico della parola “fatturato”, giacche’ essa non avrebbe significato ove la base di calcolo fosse gia’ costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla societa’.
L’interpretazione letterale della norma risponde anche alla sua finalita’, che e’ quella di assoggettare a contribuzione il controvalore delle prestazioni rese dai medici specialisti esterni al Servizio sanitario nazionale operanti non piu’ in regime di convenzionamento diretto con il Servizio stesso bensi’ attraverso strutture societarie, ivi comprese quelle di capitali: come si e’ gia’ evidenziato, i D.P.R. n. 119 del 1988, e D.P.R. n. 120 del 1988, nulla disponevano in proposito e la giurisprudenza di questa Corte (chiamata a pronunciarsi prima della L. n. 243 del 2004) ha escluso l’obbligo delle Asl di versare sul conto personale dei singoli medici il contributo previdenziale in relazione all’attivita’ da questi svolta in una struttura privata gestita da una societa’ sul presupposto della mancanza di un rapporto diretto di convenzionamento (ora accreditamento) tra l’ente pubblico e il medico e non sussistendo per legge la possibilita’ di convenzioni di un terzo tipo, stipulate da persona giuridica o ente collettivo, con rapporto previdenziale diretto tra il medico ed il servizio sanitario nazionale, obbligato percio’ a versare i contributi in favore del primo (Cass., 3 agosto 2006, n. 17574; Cass., 13 maggio 2005, n. 10050, e da ultimo, Cass., ord., 13 luglio 2011, n. 15421).
La L. n. 243 del 2004, e’ intervenuta a colmare questa lacuna normativa, attraverso la previsione del prelievo contributivo sul fatturato annuo delle societa’, in qualsiasi forma costituite, prodotto dalle prestazioni specialistiche rese dai medici e odontoiatri nei confronti del Servizio pubblico. Si e’ voluto cosi’ evitare che, attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attivita’ di lavoro del medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione previdenziale.
4.4. Tale soluzione non appare incoerente con il sistema, giacche’ se e’ vero che per il calcolo della contribuzione alle varie casse dei professionisti si fa generalmente riferimento al reddito professionale netto e su questo si applica l’aliquota contributiva, vi sono tuttavia ipotesi in cui, come avviene nella previdenza forense, oltre al contributo sui redditi viene aggiunta una contribuzione sul volume di affari dichiarato ai fini dell’Iva e si prevede un contributo minimo, indipendentemente dal reddito prodotto.
In altri settori, si prescinde dall’ammontare della retribuzione corrisposta al lavoratore (v. L. n. 381 del 1991, e D.P.R. n. 797 del 1955, art. 35). In tutti questi casi, il calcolo della contribuzione e’ slegato dalla retribuzione effettiva o dal reddito del soggetto sul cui conto previdenziale confluira’ il prelievo, per essere effettuata su base convenzionale, in forza di una scelta discrezionale del legislatore che non puo’ di per se’ essere reputata incongrua o irrazionale sotto il profilo della disparita’ di trattamento.
Al riguardo va rammentato il principio, piu’ volte affermato, dalla Corte costituzionale secondo cui “ogni sistema previdenziale presenta caratteri di autonomia, onde le rispettive soluzioni sono da riportare ad accertamento di presupposti, a determinazione di fini, a valutazioni di congruita’ dei mezzi, non estensibili fuori dallo specifico sistema proprio” (cfr. Corte Cost. n. 402 del 1991, che in tema di previdenza forense ha ritenuto legittimo la L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 11, comma 1, nella parte in cui prevede un contributo integrativo – oltre al contributo soggettivo obbligatorio – costituito da una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel “volume annuale d’affari ai fini dell’I.V.A.”, in quanto non determina alcuna disparita’ di trattamento, censurabile ex art. 3 della Costituzione, con la normazione concernente gli iscritti ad altre e diverse Casse di previdenza).
4.5. Neppure si ravvisano quegli elementi di incongruenza su cui insiste la difesa della parte resistente, dati dal fatto che il prelievo del 2% grava su un soggetto – le societa’ accreditate – terzo rispetto a quello che beneficera’ dei trattamenti assistenziali e previdenziali cui il contributo e’ funzionale, sicche’ contrasterebbe con i principi costituzionali di cui agli artt. 38 e 53, l’imposizione di una contribuzione gravante non gia’ sul reddito prodotto dall’attivita’ del professionista, bensi’ sul fatturato della societa’, che e’ invece il prodotto dei vari fattori produttivi (capitale, beni, professionalita’) organizzati dall’imprenditore.
In realta’, la previsione dell’art. 1, comma 39, riporta un equilibrio nel sistema, ove si consideri che per l’attivita’ svolta dai medici e odontoiatri in regime di accreditamento ad personam o di struttura societarla personale (studi professionali, associazioni di professionisti, societa’ di persone) con il servizio sanitario nazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 13, e L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 40, gli istituti del servizio sanitario nazionale versano al Fondo degli specialisti esterni, per le prestazioni rientranti nella cosiddetta “banca a prestazione”, il 10% dei compensi assoggettati a contribuzione (mentre il restante 2% e’ a carico del professionista), e per le prestazioni rientranti nella cosiddetta “branca a visita” (il cui prelievo Complessivo e’ del 22%) il 13% (restando a carico del professionista il 9%).
Non vi e’ dubbio che si sia in presenza delle medesime prestazioni; che esse siano egualmente remunerate sulla base dei tariffari nazionali (o regionali); che per l’erogazione delle stesse partecipino le medesime figure professionali f si adoperino le stesse tipologie di apparecchiature e macchinari, sia che esse vengano rese nell’ambito della struttura pubblica, sia che vengano rese dal singolo medico accreditato ad personam sia, infine, che vengano rese da un’associazione di professionisti o societa’ di persone o di capitali, che si avvalgono dell’opera dei professionisti medici o odontoiatri.
In altri termini, il medico in regime di libera professione e collaborazione con una societa’ di capitali, in quanto svolge una prestazione di tipo professionale identica a quella dello specialista direttamente convenzionato (accreditato), beneficia a titolo di solidarieta’ (seppur nella misura diversa e inferiore del 2%) del contributo a carico dell’impresa accreditata, allo stesso modo con cui ne beneficia il medico o odontoiatra accreditato ad personam o facente parte di un’associazione di professionisti o di una societa’ di persone, e cio’ in forza dello stesso contratto di accreditamento con il Servizio sanitario nazionale.
In tali sensi depone anche la funzione che l’ordinamento assegna a tali societa’, qualificandole come “partecipanti all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza garantiti dallo Stato”, che, unita all’omogeneita’ delle prestazioni rese da tali strutture rispetto a quelle rese dal servizio pubblico, concorre a delineare un concetto “unitario” di servizio sanitario.
4.6. Queste ultime considerazioni valgono a respingere la tesi difensiva delle societa’, secondo cui l’interpretazione che ancora al fatturato della societa’ la base di calcolo della contribuzione previdenziale per i medici e gli odontoiatri finirebbe per sottoporre a contribuzione anche la quota di fatturato prodotto da soggetti diversi dal medico specialista (biologi, analisti, tecnici di laboratorio, ecc.) che concorrono a rendere possibile la prestazione sanitaria: la prestazione specialistica in questione e’ (per definizione) la stessa, nel senso che richiede la stessa organizzazione e il coinvolgimento delle stesse professionalita’, sia che sia resa da una societa’ di capitali o di professionisti, sia che sia resa dal singolo medico-persona fisica; la sua remunerazione e’ unica e fissata dall’autorita’ pubblica nel nomenclatore tariffario, anche sulla base di una valutazione complessiva dei costi che essa comporta. E cosi’ come non si dubita che il medico-persona fisica non possa scomputare dalla base di calcolo del contributo ENPAM da lui dovuto il valore dell’opera prestata dai collaboratori di cui si sia avvalso o il costo dei macchinari adoperati (oltre alla gia’ prevista decurtazione riferita al costo dei materiali e alle spese prevista dai D.P.R. nn. 119 e 120: artt. 7 e 4, richiamati dal regolamento ENPAM), altrettanto deve ritenersi con riguardo alla societa’ di capitali che si avvale del medico specialista in regime di libera professione e che per la prestazione sanitaria da questi resa riceve dallo stesso Servizio sanitario nazionale la medesima remunerazione del primo.
E analogamente a quanto previsto per il singolo medico professionista accreditato, l’Ente previdenziale si e’ dato carico di stabilire una quota di “abbattimento” della base contributiva volta a depurare il fatturato dai costi di produzione necessari per le prestazioni sanitarie specialistiche, attraverso il richiamo ai D.P.R. n. 119 del 1988, e D.P.R. n. 120 del 1988 (e alle percentuali previste in tali decreti) contenuto nel Regolamento del fondo della specialistica esterna, come modificato dagli artt. 1 e 2 con delibera n. 19 del 22 aprile 2005, approvata dai Ministeri vigilanti sulla fondazione ENPAM e assunta per dare attuazione alla L. n. 243 del 2004.
Questa determinazione rientra nell’ambito dei poteri che l’ordinamento riconosce all’ente previdenziale nel D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, laddove gli attribuisce autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nei limiti ed “in relazione alla natura pubblica dell’attivita’ svolta” (art. 2, comma 1) e gli impone di costituire una riserva legale preordinata ad assicurare la continuita’ nell’erogazione delle prestazioni ed a garantire l’equilibrio di bilancio (art. 1, comma 4, lett. c).
4.7. Infine, vanno rigettate in quanto manifestamente infondate le questioni di legittimita’ costituzionale prospettate dalle ricorrenti, sul presupposto di una presunta esistenza nel nostro ordinamento di un principio di corrispondenza tra l’entita’ del contributo previdenziale dovuto e il reddito o compenso effettivamente percepito dal professionista o dal lavoratore iscritto all’ente di previdenza.
Al riguardo, e’ sufficiente richiamare le osservazioni su svolte (punti 37 e 38) ed il principio gia’ affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 402 del 1991) secondo cui ogni sistema previdenziale presenta caratteri di autonomia e le rispettive soluzioni sono da riportare ad accertamento di presupposti, a determinazione di fini, a valutazioni di congruita’ dei mezzi non estensibili fuori dello specifico sistema proprio (cfr. pure Corte Cost., sentenza n. 133 del 1984; v. pure Corte Cost. n. 88/1995).
Cio’ vale a respingere, in quanto manifestamente infondato, anche, l’ulteriore dubbio di legittimita’ costituzionale – per il vero solo genericamente sollevato – fondato sull’asserita duplicazione dei contributi previdenziali riferiti alla medesima attivita’ professionale per la quale il medico gia’ versa all’ente di previdenza il 12,50% del proprio reddito: tale obbligo infatti sussiste in capo a tutti i medici e odontoiatri iscritti all’albo professionale che producano un reddito libero professionale superiore ad un certo importo e che concorrono, con la detta percentuale del 12,50%, ad alimentare la quota 8 del fondo generale della libera professione. Dunque, non solo in capo ai medici e agli odontoiatri che prestano la loro attivita’ libero professionale in favore delle societa’ di capitali. Non sussiste pertanto alcuna disparita’ di trattamento all’interno della stessa categoria professionale.
4.8. Quanto infine alla asserita disparita’ di trattamento rispetto alle strutture pubbliche e private gestite da enti religiosi, che erogano le medesime prestazioni specialistiche e per le quali non e’ previsto alcun onere contributivo in favore del Fondo per la specialistica convenzionata esterna dell’ENPAM, sembra sufficiente rilevare che la questione, oltre ad essere inconferente rispetto all’ambito della presente controversia e generica nella sua prospettazione, non indicando le norme di riferimento da valere quale tertium comparationis anche sotto il profilo della denunciata violazione delle norme del Trattato CE (e specificamente degli artt. 82 e 86), non tiene conto della peculiarita’ dei rapporti esistenti tra Stato e Chiesa cattolica regolati da accordi bilaterali che disciplinano la condizione giuridica degli enti (cfr. Corte Cost., n. 235/1997).
4.9. In definitiva, l’imposizione del contributo del 2% a carico delle societa’ che si avvalgono delle prestazioni dei medici e odontoiatri in regime di libera professione – al pari di quella prevista per gli istituti del Servizio sanitario nazionale per le medesime prestazioni – risponde ad un tipo di previdenza solidaristica, caratterizzata dalla “riferibilita’ dell’assunzione dei fini e degli oneri previdenziali, anziche’ alla divisione del rischio fra gli esposti, a principi di solidarieta’, operanti all’interno di una categoria, con conseguente non corrispondenza fra rischio e contribuzione” (cfr. Corte Cost. sent. n. 91/1976 e n. 133/1984, cit.) ed in cui i contributi vengono in considerazione quale strumento finanziario della previdenza. L’incomparabilita’ dei sistemi previdenziali e’ principio cui la Corte Costituzionale si e’ costantemente attenuta; incomparabilita’ che deriva dalla loro complessita’ inerente alla varieta’ delle prestazioni e delle condizioni per ottenerle – conseguenza della varieta’ delle attivita’ lavorative – e alle collegate diversita’ delle fonti di finanziamento (Corte Cost. n. 202/2008).
Si attagliano alla fattispecie in esame i principi gia’ espressi con riguardo alla previdenza forense dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 1977 (sia pure con riferimento alla disciplina recata dalla previgente L. 22 luglio 1975, n. 319), che, nell’affermare la rispondenza agli artt. 2 e 38 Cost., del sistema, ha negato “risolutamente che la previdenza forense, e cosi’ del resto le altre previdenze concernenti professioni intellettuali, possano qualificarsi di tipo mutualistico per essere organizzate sulla base del riferimento a date categorie professionali e alle rispettive attivita’ tipiche, e secondo un criterio di accentuata autonomia strutturale e finanziaria sia reciproca che rispetto all’assicurazione generale obbligatoria e alle previdenze dell’impiego pubblico. Invero si tratta di scelte che sono compatibili con l’idea di solidarieta’, e che anzi ne rappresentano una specificazione, giustificata dal pluralismo che informa il nostro ordinamento: pluralismo che ammette solidarieta’ operanti nell’ambito di collettivita’ minori” (v. Corte cost. 132 e 133 del 1984; v. pure Coste Cost., n. 2002/2008).
Elementi interpretativi in senso contrario – e favorevoli alle tesi delle societa’ – non possono trarsi dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 252 del 4 luglio 2008 la quale, nel dichiarare manifestamente inammissibile la questione di legittimita’ costituzionale della norma di cui alla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, ha rilevato che il giudice rimettente non si era fatto carico di verificare la possibilita’ di seguire l’interpretazione fatta propria dall’ENPAM nell’applicazione della disposizione censurata per commisurare la base imponibile del contributo al compensi corrisposti singoli professionisti. Tale affermazione e’ dettata da un principio cardine della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui la questione di legittimita’ costituzionale non puo’ essere proposta al solo fine di ottenere dal Giudice delle leggi un improprio avallo ad una determinata interpretazione, ma richiede da parte del giudice remittente il dovuto approfondimento delle ragioni impeditive di ogni altra interpretazione adeguatrice (v. Corte Cost., sent. n. 77/2007; ordinanze n. 102/2012, n. 212/2011, n. 103/2011, n. 101/2011, nonche’ le ulteriori decisioni: sentenza 242/2008; ordinanze 297 e 448 del 2007, 114/2006, 211/2005 e 142/2004). Non vi e’ dunque nella su riportata affermazione della Corte Costituzionale alcuna scelta di campo o indicazione ermeneutica, non prospettabile nel caso di ritenuta manifesta inammissibilita’ della pronuncia.
4.10. In definitiva, i motivi in scrutinio devono essere respinti, dovendosi affermare il seguente principio di diritto: “Il contributo del 2% previsto dalla L. 23 agosto 2004, n. 243, art. 1, comma 39, dovuto dalle societa’ di capitali, ha come base di calcolo il fatturato annuo attinente prestazioni specialistiche rese per il (e rimborsate dal) Servizio sanitario nazionale ed effettuate con l’apporto di medici o odontoiatri operanti con le societa’ in forma di collaborazione autonoma libero-professionale con l’abbattimento forfettario di legge per costo dei materiali spese generali ex D.P.R. 23 marzo 1988, nn. 119 e 120, con esclusione del fatturato attinente a prestazioni specialistiche rese senza l’apporto di medici o odontoiatri”.
5. Il terzo motivo e’ invece fondato.
Questa Corte, con la sentenza 27 dicembre 2011, n. 28966 in sostanziale adesione a Cass., 10 maggio 2010, n. 11261, ha riaffermato il principio di diritto, secondo cui: “In tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali, l’omessa o infedele denuncia mensile all’INPS (attraverso i cosiddetti modelli DM10) di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorche’ registrati nei libri di cui e’ obbligatoria la tenuta, concretizza l’ipotesi di “evasione contributiva” di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. b), e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lett. a) della medesima norma, che riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa o infedele denuncia configuri occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e faccia presumere l’esistenza della volonta’ datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti; conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, onere che non puo’, tuttavia, reputarsi assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce, sui libri di cui e’ obbligatoria la tenuta; in tale contesto spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimita’ ove congruamente motivata” (v. pure Cass., 25 giugno 2012, n. 10509).
La Corte territoriale, pur dichiarando di applicare tali principi, ritenendo di dover applicare l’ipotesi dell’evasione contributiva in considerazione dell’omessa denuncia del fatturato soggetto a contribuzione, non ha tuttavia valutato le risultanze di causa dalle quali potesse desumersi l’assenza del fine fraudolento, ovvero di un volontario occultamento dei rapporti o delle retribuzioni al fine di evitare il pagamento dei contributi o dei premi dovuti. Non ha infatti valutato il rilievo, anche nell’individuazione della tipologia di informazioni da fornire alla Fondazione, delle difformi interpretazioni date alla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39, dalle societa’ accreditate, da un lato, e dalla fondazione ENPAM, dall’altro, attestate dall’ampio contenzioso in atti, nonche’ da una richiesta della Fondazione, – volta ad ottenere la comunicazione del fatturato derivante dalle prestazioni specialistiche rese in regime di accreditamento, e non invece della misura dei compensi corrisposti i medici che avevano concorso alla produzione del fatturato – ritenuta dalla societa’ (e avallata da altre sentenze) non conforme al dato normativo.
6. Segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che dovra’ individuare il regime delle sanzioni applicabile sulla base del principio sopra individuato. Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio, a norma dell’art. 385 c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
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