CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 13956 depositata il 7 luglio 2016
SOCIETÀ DI CAPITALI – SOCIETÀ PER AZIONI – ORGANI SOCIALI – AMMINISTRATORI – CONTROVERSIE RELATIVE AI RAPPORTI SOCIETARI – DIRITTI VANTATI DAGLI AMMINISTRATORI A TITOLO DI COMPENSO – COMPETENZA DELLA SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA – INCLUSIONE – FONDAMENTO
IN FATTO E IN DIRITTO
1. B.P., D.S.E. e I.R., consiglieri di amministrazione della s.p.a. Casa di Cura Privata M. la cui assemblea ordinaria del 21.1.2014 li aveva revocati anticipatamente dall’incarico, instauravano dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di impresa, giudizio di accertamento della inesistenza della giusta causa di revoca e di condanna della societa’ convenuta, ex art. 2383 c.c., comma 3, al risarcimento del danno ed al pagamento dei compensi relativi al periodo 1.1./21.1.2014.
La causa, nella quale si costituiva la societa’ convenuta per resistere alle domande degli attori, veniva preliminarmente rimessa al Collegio che, con ordinanza depositata in data 1 l febbraio 2015, rilevata la insussistenza nella specie della competenza (per materia e dunque, nella specie, per territorio) attribuita alla Sezione Specializzata del Tribunale di Napoli dal D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 11 e art. 4, dichiarava la propria incompetenza ritenendo che la controversia in esame rientrasse, in ragione della natura di lavoro parasubordinato del rapporto tra gli attori e la societa’ e quindi a norma dell’art. 409 c.p.c., n. 3″ nella competenza del Tribunale di Avellino (nel cui circondario e’ ubicata la sede legale della societa’ convenuta) in funzione di Giudice del lavoro.
2. Avverso tale provvedimento la Casa di Cura Privata M. s.p.a. ha proposto ricorso per regolamento di competenza, cui resistono con memoria difensiva ex art. 47 c.p.c. gli originari attori, che hanno da ultimo depositato ulteriore memoria.
Il Procuratore Generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto dichiararsi la competenza della Sezione Specializzata del Tribunale di Napoli.
3. Il ricorso e’ fondato.
Nell’ordinanza in esame, il tribunale ha affermato che il disposto del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 2, lett. a), come modificato dalla L. n. 27 del 2012, dovrebbe interpretarsi nel senso che la devoluzione alle Sezioni Specializzate in materia di impresa delle “cause e procedimenti relativi a rapporti societari” debba intendersi limitata alle sole controversie attinenti all’organizzazione e al funzionamento della struttura societaria, si’ che la causa in questione, attenendo al distinto ambito del rapporto di lavoro (parasubordinato) dell’amministratore con la societa’, dovrebbe escludersi da tale ambito, al pari di ogni altra causa vertente tra la societa’ e terzi soggetti, dipendenti o creditori/debitori della societa’ stessa.
Rileva invece il Collegio come la distinzione -nel prospettare la quale il tribunale trae spunto dalla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n.10680/1994- tra controversie che riguardano gli atti dell’amministratore nell’espletamento della funzione di gestione della societa’ e controversie tra la societa’ ed il suo amministratore inerenti ai diritti scaturenti dal rapporto tra di essi intercorrente, si mostri non rilevante ai fini della interpretazione dell’ampia previsione della nuova norma processuale dell’art. 3 sopra richiamato: in tal senso del resto questa Corte si e’ gia’ piu’ volte espressa di recente (cfr. Cass. Sez.1 n.2759/16; Sez.6-3 n.14369/15; contra Cass.Sez.6-1 n.11448/14 che peraltro non ha specificamente trattato la questione della interpretazione dell’art. 3, lett. a).
E, in effetti, la tesi espressa nelle pronunce citate, secondo la quale il riferimento ai “rapporti societari” e’ idoneo a includere nella competenza per materia attribuita alle Sezioni Specializzate tutte le controversie tra la societa’ ed i suoi amministratori, trova significativo riscontro -prima ancora che nella ratio visibile della norma, diretta a concentrare tutta la materia dinanzi ad un giudice specializzato- nella formulazione testuale della norma stessa, che:
a) espone un criterio individuativo generale fornito dalla espressione “rapporti societari”, che si ritiene riferibile alle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza del contratto di societa’ e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale (cfr., in relazione alla analoga espressione contenuta nell’art. 2949 c.c.: Cass. n. 21903/13; n. 6107/1993; n. 1475/1982), quindi anche ai rapporti tra i componenti dell’organo di gestione e la societa’;
b) aggiunge, con l’espressione “ivi comprese”, l’indicazione di alcune controversie incluse in tale ampio ambito, tra le quali quelle riguardanti le azioni di responsabilita’ da chiunque promosse nei riguardi degli amministratori per inadempimento alle funzioni ad essi affidate.
Indicazione che, cosi’ come espressa e per il suo collegamento con il criterio generale costituito dai “rapporti societari”, non puo’ ritenersi tassativa bensi’ meramente esplicativa, valendo a fornire un valido sussidio alla interpretazione di quella nozione generale, e quindi alla definizione dell’ambito oggettivo che essa e’ diretta a delineare, con l’inclusione in esso anche delle cause inerenti (al pari delle azioni di responsabilita’) al rapporto tra la societa’ ed il suo amministratore.
Rapporto che, del resto, secondo l’orientamento gia’ piu’ volte espresso da questa Corte anche di recente (cfr.Cass.n.22046/14), e’ di immedesimazione organica ed ha ad oggetto la gestione stessa dell’impresa sociale, costituita da un insieme variegato di atti (materiali, negozi giuridici ed operazioni complesse) del compimento dei quali l’amministratore risponde direttamente (anche) nei confronti dei terzi non essendo soggetto ad ingerenze o direttive altrui -neppure dell’assemblea- giuridicamente vincolanti in modo assoluto. Si e’ quindi ritenuto che il contratto tipico che lega l’amministratore e la societa’ non e’ un contratto d’opera ex art. 2222 c.c., in quanto l’opus di amministrazione che egli si impegna a fornire non e’, a differenza di quello del prestatore d’opera, determinato dai contraenti preventivamente ne’ e’ detenninabile aprioristicamente, identificandosi con la stessa attivita’ d’impresa (cfr., con riguardo al profilo della negazione del privilegio generale di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2: Cass. n. 4769/14; n. 9911/07; n. 13805/04; n. 2769/02). E si e’ anche esclusa la ricorrenza in tale rapporto dei caratteri propri del lavoro subordinato, nonche’ (non pero’ senza contrasti, non del tutto sopiti dalla ricordata pronuncia delle S.U. del 1994) di quelli della c.d. parasubordinazione, stante essenzialmente la non configurabilita’ dell’attributo di “coordinata” con riguardo ad una attivita’ che, a prescindere dalla struttura individuale o plurisoggettiva dell’organo, non e’ soggetta ad alcuna forma di eterodirezione (cfr.Cass.Sez. L n.2861/02; n.13009/03; Sez.1 n.9090/03; n.7961/09; n.19714/12). Anche sotto questo profilo, dunque, il percorso esegetico esposto nel provvedimento impugnato non merita condivisione.
4. Si impone pertanto la cassazione del provvedimento stesso, con la declaratoria della competenza del Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in materia di impresa, cui va rimessa la causa, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte cassa il provvedimento impugnato e dichiara la competenza del Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in materia di impresa, cui rimette la causa, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio.
Da’ inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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