CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8235 del 24 aprile 2016
LAVORO – LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – CONTESTAZIONE – TARDIVITA’ – VALUTAZIONE DELLA CONDOTTA ADDEBITATA
Svolgimento del processo
Con sentenza del 26 novembre 2012, la Corte d’Appello di Torino – chiamata a pronunziarsi sul gravame proposto, in via principale da S.F. e, in via incidentale, dalla R., Industria chimica e farmaceutica S.p.A. avverso la decisione con cui il Tribunale di Torino aveva accolto la domanda del F. e dichiarato illegittimo, in quanto relativo ad una mancanza tardivamente contestata, il licenziamento disciplinare intimatogli, con le conseguenze ripristinatorie e risarcitorie di cui all’art. 18 l. n. 300/1970 – respingeva l’appello principale ed accoglieva l’incidentale, pervenendo, in integrale riforma della decisione di prime cure alla declaratoria di legittimità dell’intimato recesso.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non condivisibile la valutazione del primo giudice circa la tardività della contestazione e giustificato, per la ricorrenza degli addebiti contestati, l’intimato licenziamento.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il F., affidando l’impugnazione a quattro motivi cui resiste, con controricorso, la Società.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione
I quattro motivi su cui il ricorrente articola la proposta impugnazione sono tutti volti a censurare l’iter procedimentale e logico della valutazione operata dalla Corte territoriale e posta a base del convincimento espresso circa la ricorrenza nella specie delle invocate ragioni giustificative dell’intimato licenziamento, imputandosi alla Corte medesima la mancata ammissione della prova testimoniale richiesta in sede di gravame ad integrazione di quella espletata in prime cure ed, in particolare, a confutazione della testimonianza della dott.ssa B., assunta dalla Corte territoriale a fondamentale sostegno del convincimento espresso, nonostante, all’udienza di discussione dell’appello, fosse stata avvertita della querela di falso sporta a suo carico dal ricorrente, e da qualificarsi, viceversa, come quantomeno perplessa se non del tutto inattendibile (primo motivo); lo scostamento, in sede di valutazione della condotta addebitata, dai principi della tempestività ed immutabilità della contestazione cui quella valutazione deve essere improntata (secondo motivo); l’inadeguata ponderazione delle situazioni di contesto in cui si colloca la condotta addebitata, con particolare riferimento al dato per cui il ricorrente, in precedenza mai raggiunto da precedenti disciplinari, veniva viceversa licenziato per ben tre volte dal momento in cui il ruolo di capo area veniva assunto dal Sig. F. e, nell’ultima vicenda qui in esame, per una pluralità di condotte omissive (le mancate visite) tenute nei confronti di un solo medico, la dott.ssa B., poi teste chiave nel giudizio, in rapporti di amicizia con il F. (terzo motivo); l’inosservanza del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per aver dato rilievo a risultanze documentali, in particolare alla non corrispondenza dell’indirizzo indicato nel report di visita a quello effettivo, viceversa ritenuto irrilevante da entrambe le parti ed effettivamente tale, atteso che quel dato non viene indicato dall’informatore ma automaticamente inserito dal sistema informatico sulla base delle informazioni, anche non aggiornate, di cui dispone a riguardo in relazione al nominativo, questo sì, indicato dall’informatore sul report (quarto motivo).
Prendendo le mosse dall’esame del secondo motivo, che, attenendo alle modalità di esercizio del potere disciplinare, riveste un carattere prioritario sul piano logico e giuridico, deve ritenersi che lo stesso meriti accoglimento.
Va rilevato a riguardo come il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla tempestività della contestazione non appare congruamente argomentato sul piano logico e giuridico nella misura in cui prescinde del tutto dalla circostanza, viceversa opportunamente valorizzata dal primo giudice, relativa all’assunzione da parte della Società nei confronti dell’odierno ricorrente di una precedente iniziativa disciplinare, con applicazione della sanzione espulsiva, poi annullata in sede giudiziaria, afferente ad una vicenda del tutto analoga di mancata effettuazione delle visite periodiche ad un medico della zona a lui affidata.
In effetti, quella vicenda, tenuto conto che la segnalazione della sua rilevanza disciplinare proveniva dal medesimo soggetto che, prima di assumere il ruolo di capo area, diretto superiore gerarchico del ricorrente, aveva avuto contezza, negli stessi termini che avevano dato luogo a quella contestazione, di episodi della stessa natura, doveva essere considerata un’ultima frazione di un’unica condotta integrante il medesimo inadempimento, così da valere l’omessa considerazione degli stessi all’atto della iniziale contestazione, a determinare la tardività di ogni successiva iniziativa disciplinare che li assumesse a causa giustificativa della stessa se non addirittura la consumazione del relativo potere ed a configurare, dunque, il suo successivo esercizio, come mera “riesumazione” dello stesso, non solo tardiva, ma, a ben vedere, anche surrettizia, a fronte dell’inidoneità della prima parziale iniziativa disciplinare a dar luogo, stante il sancito annullamento del disposto licenziamento, al perseguito effetto estintivo del rapporto.
Pertanto, in relazione a tale motivo, idoneo a ritenere assorbiti gli altri qui formulati, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà alle statuizioni consequenziali, disponendo altresì sull’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.
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