CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8364 depositata il 27 aprile 2016
TRIBUTI – ICI – AVVISO DI ACCERTAMENTO – SANZIONI
Svolgimento del giudizio
La MIF (…) srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 142/3/07 del 6 febbraio 2008 con la quale la commissione tributaria regionale di Perugia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittima – in quanto adeguatamente motivata, ed emessa nel rispetto del termine di decadenza di cui agli articoli 19 d.lgs 472/97 e 68 d.lgs. 546/92 – la cartella esattoriale di pagamento notificatale dal Comune di Corciano per sanzioni Ici ’95 e ’96 (un terzo residuo in sede di pagamento frazionato dopo sentenza della commissione tributaria regionale 26 giugno 2003 su avviso di liquidazione presupposto).
Resiste con controricorso il Comune di Corciano.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ., con produzioni documentali.
Motivi della decisione
Va preliminarmente rilevata d’ufficio l’inammissibilità della costituzione del nuovo difensore (e del relativo espletamento di attività difensiva) della MIF srl (avv. R.D. di Tarsia di Belmonte), mediante procura speciale rilasciata dall’amministratore e legale rappresentante – non già con atto pubblico o scrittura privata autenticata ex art. 83 cod.proc.civ. nella versione vigente ratione temporis – bensì direttamente in calce alla memoria ex art. 378 cod.proc.civ..
Si è in proposito osservato, con riguardo a giudizio introdotto anteriormente alla l. 69/09 modificativa dell’art. 83 cit., che: “nel giudizio di cassazione, la procura speciale può essere rilasciata a margine o in calce solo del ricorso o deI controricorso trattandosi degli unici atti indicati, con riferimento al giudizio di legittimità, dall’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., sicché, ove non sia rilasciata in occasione di tali atti, il conferimento deve avvenire, ai sensi del secondo comma del citato articolo, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata che facciano riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata, senza che ad una diversa conclusione possa pervenirsi nel caso in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore” (Cass. n. 13329 del 30/06/2015).
1.1 Con il primo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione delle disposizioni sulla motivazione degli atti impositivi (art. 3 l. 241/90; art. 7 co. 3 l. 212/00; art. 12 co.3 d.P.R. 602/73); per non avere la commissione tributaria regionale rilevato la nullità della cartella opposta, in quanto recante un importo diverso da quello risultante dagli avvisi di liquidazione, e priva di qualsiasi indicazione sul criterio di calcolo adottato. Né tale carenza motivazionale poteva essere supplita dal Comune nel corso del giudizio.
1.2 Il motivo è infondato.
Va fatta qui applicazione di consolidati principi (correttamente recepiti dalla CTR), basati, da un lato, sulla generale obbligatorietà della motivazione dell’atto dell’amministrazione finanziaria e del concessionario e, dall’altro, sulla diversa modulazione dell’onere motivazionale cosi sancito, a seconda che si verta di primo atto impositivo, ovvero di atto consequenziale ad una pretesa tributaria già esplicitata, e dunque nota al contribuente.
Si è in proposito affermato che: la cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile; tale obbligo derivando dai principi di carattere generale prescritti, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, e recepiti, per la specifica materia tributaria, dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 (SU 11722/10; Cass. 26330/09 ed altre); ove la cartella non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, essa deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo; e contenere, quindi, tutti gli elementi indispensabili per porre il contribuente in condizione di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione; – qualora invece la cartella esattoriale sia stata preceduta dalla notifica di altro atto propriamente impositivo, essa non può venire annullata per vizi di motivazione quand’anche non contenga l’indicazione del contenuto essenziale dell’atto presupposto; sempre che quest’ultimo risulti conosciuto dal contribuente che l’abbia autonomamente impugnato (Cass. 21177/14).
Ciò premesso, va osservato come proprio l’adattamento di tali principi alla peculiarità della presente fattispecie deponga per il rigetto della censura; atteso che, nella specie, la cartella di cui si assume la carenza motivazionale, lungi da costituire il primo atto impositivo, ha fatto pacificamente seguito ad una sentenza resa dalla CTR Perugia (n. 28/01/03 del 26.6.03) sull’impugnativa dell’originario avviso di liquidazione Ici.
Non sì è, pertanto, nella situazione in cui il contribuente apprende, per la prima volta con la cartella, dei presupposti fondanti la pretesa tributaria; vero essendo, al contrario, che la cartella in oggetto richiamava un avviso di liquidazione noto alla società contribuente e, anzi, da questa opposto in doppio grado di giudizio.
Né potrebbe sostenersi che l’avviso di liquidazione riguardava l’imposta, mentre la cartella concerneva la sanzione applicata; va infatti considerato che, come è pacifico in causa, quest’ultima è stata notificata a titolo di riscossione frazionata (un terzo) della sanzione originariamente liquidata, come risultante a seguito della citata sentenza CTR.
D’altra parte, che questo e non altro fosse il fondamento della cartella in esame venne immediatamente percepito dalla società intimata, che ne fece oggetto ab initio di motivo di contestazione giudiziale. Ricorre pertanto l’ulteriore principio secondo cui, vista la funzionalità dell’obbligo motivazionale alla preservazione in capo al contribuente del diritto di difesa e di contraddittorio sul fondamento della pretesa fiscale, la cartella esattoriale non può considerarsi invalida allorquando, pur limitandosi ad indicare gli estremi dell’atto presupposto già noto al contribuente stesso, venga impugnata da quest’ultimo il quale dimostri, proprio per averli puntualmente contestati, di avere piena conoscenza dei presupposti della pretesa medesima (Cass. 2373/13 ed altre).
Ipotesi nella quale non può verificarsi, in concreto, alcuna lesione del diritto di difesa.
Il che va affermato anche con riguardo alla riscossione delle sanzioni in misura frazionata, risultando in tal caso la pretesa azionata con la cartella chiaramente evincibile nei suoi presupposti e criteri determinativi: sia dalla menzione dell’avviso di liquidazione dedotto nel giudizio definitosi con la sentenza della CTR, sia dai parametri legali di determinazione delle quote frazionate di pagamento in esito ai vari gradi del contenzioso. Il che dava immediatamente conto altresì della differenza tra l’importo per sanzioni complessivamente applicato e quello, costituente una frazione predeterminata del primo (un terzo), indicato nella cartella successivamente alla definizione del secondo grado di giudizio.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione delle disposizioni sulla decadenza dalla iscrizione a ruolo e riscossione in materia di Ici (art. 12 d.lgs. 504/92; combinato disposto degli articoli 19 d.lgs 472/97 e 68 d.lgs. 546/92); per avere la commissione tributaria regionale escluso tale decadenza in forza del regime del pagamento frazionato in corso di giudizio, nonostante che tale pagamento frazionato non fosse previsto per l’Ici (imposta relativamente alla quale il Comune aveva titolo per procedere immediatamente alla riscossione integrale pur in pendenza di contenzioso). Ne derivava l’inosservanza da parte del Comune di Corciano del termine di decadenza in oggetto (ex art. 12 cit.), posto che l’iscrizione a ruolo era nella specie stata eseguita il 12 dicembre 2003 e, dunque, oltre il termine ultimo del 31 dicembre 2002 (31 dicembre del secondo anno successivo a quello di notifica dell’avviso di liquidazione, intervenuto il 21 novembre 2000).
2.2 Nemmeno questa doglianza – concernente la decadenza dell’amministrazione comunale non già dall’avviso di accertamento o di liquidazione, bensì dall’iscrizione a ruolo – può trovare accoglimento.
Va infatti considerato che l’iscrizione a ruolo in data 12 dicembre 2003 ha impedito l’Inutile decorso del termine di decadenza, avuto riguardo alla decorrenza di quest’ultimo – non già dall’avviso di liquidazione ex art. 12 d.lgs. 504/92 – ma, stante la pendenza del contenzioso, dalla pubblicazione della sentenza della CTR (26.6.03) sulla base della quale si è proceduto alla riscossione frazionata delle sanzioni ritenute infine dovute in sede giudiziale.
La regola di decorrenza del termine decadenziale (portato a tre anni) dalla definitività dell’accertamento è stato recepito anche normativamente dall’art. 1 co. 163 l. 296/06; dichiarato espressamente applicabile anche ai rapporti di imposta pendenti al momento di entrata in vigore – 1^.1.2007, della legge (Cass. 3188/13; 10958/11).
Va in proposito applicato il principio, a conferma della correttezza delta decisione qui impugnata, secondo cui “l’elevazione da due a tre anni del termine di decadenza dell’ente locate dalla potestà di riscossione dei tributi locali, prevista dall’art. 1, comma 163, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non ha prorogato “ex lege” il termine biennale previgente, ma ha introdotto un termine nuovo quanto a durata e decorrenza, individuata dalla definitività dell’accertamento e non più dalla notifica dell’avviso di liquidazione o di accertamento. Non decade, pertanto, dalla potestà di riscossione l’amministrazione comunale se essa prima che spiri il nuovo termine triennale, provveda a formare e rendere esecutivo il ruolo, a nulla rilevando che, prima dell’entrata in vigore della nuova legge, essa fosse decaduta da tale facoltà alla stregua del termine previgente” (Cass. n. 3188/13 cit.).
Essendosi inoltre già stabilito – con affermazione rilevante anche nel caso di specie – che: “In tema di ICI, l’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha previsto, in sostituzione di quanto precedentemente disposto dagli artt. 11 e 12 del d.lgs 30 dicembre 1992, n. 504, nuovi termini per la notifica degli avvisi di accertamento e dei ruoli per la riscossione coattiva del tributo, si applica – secondo quanto indicato dalla norma transitoria contenuta nel comma 171 deI medesimo art. 1 cit. – anche a quei casi in cui sia già intervenuta la notifica dell’accertamento o del ruolo ed il contribuente li abbia impugnati, instaurando un giudizio non ancora concluso al momento dell’entrata in vigore della citata legge” (Cass. 10958/11; in termini, Cass.3188/13 cit.).
Nella fattispecie concreta, il termine di decadenza in oggetto – avuto riguardo alla definitività dell’accertamento impugnato in sede giudiziale – non era dunque ancora decorso.
Né potrebbe fondatamente sostenersi l’illegittimità ex se della riscossione frazionata delle sanzioni in corso di giudizio, posto che se è vero che “In tema di contenzioso tributario, la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992, riguardante il pagamento dei tributi in pendenza del processo, facendo riferimento ai soli ‘casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo’, non si applica all’imposta comunale sugli immobili (ICI), in quanto per tale tributo non opera l’istituto della riscossione frazionata (previsto dall’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973, poi abrogato dall’art. 37 del d.lgs. n. 46 del 1999), sicché è legittima l’emissione della cartella di pagamento per l’intero anche nel corso del giudizio d’impugnazione del relativo avviso di accertamento” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 19015 del 24/09/2015; in termini, Cass. 15473/10); altrettanto indubbio è che: – la riscossione ab initio per l’intero costituisce una facoltà, non un obbligo, del comune; sicché la società contribuente non ha qui titolo, né interesse, per dolersi di un comportamento (il mancato esercizio di tale facoltà, con adozione della riscossione frazionata) ad essa più favorevole; – vertendosi di sanzioni, deve in ogni caso considerarsi altresì il disposto di cui all’articolo 19 d.lvo 472/97, come modificato dall’art. 2 d.lgs. 203/98; secondo cui, in caso di ricorso alle commissioni tributarie, le disposizioni sul pagamento frazionato di cui al primo e al secondo comma dell’articolo 68 d.lgs. 546/92 si applicano “anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata”; e, dunque, anche alle sanzioni in materia di Ici.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 1.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
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