CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 21576 del 24 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO DURANTE LA DELIMITAZIONE DI UN LOTTO DI TERRENO – MANCANZA DI DPI
Fatto
1. La Corte di Appello di Messina confermava la sentenza emessa in data dal Tribunale di Mistretta il quale aveva ritenuto l’imputato B.C., nella sua qualità di titolare della omonima Ditta di Costruzioni, colpevole del reato di lesioni colpose gravi ai danni dell’operaio F.G. con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni e lo condannava alla pena di mesi due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, nonché statuiva a favore della parte civile costituita.
2. La corte territoriale, evidenziava che gli obblighi previsti a carico del datore di lavoro in materia di sicurezza all’interno del cantiere erano certamente cogenti anche al di fuori del luogo di lavoro allorquando, come nel caso in specie, al dipendente era stato affidato il compito di delimitare con la calce un lotto di terreno. Quanto poi alla dotazione degli strumenti antinfortunistici, quali guanti, occhiali ed altro, il giudice di appello riteneva plausibili le dichiarazioni dell’operaio il quale aveva riferito di non avere ricevuto personalmente le dotazioni, ma che gli era stato solo indicato dove le stesse si trovavano, e che le stesse erano in pessime condizioni di uso e che comunque il datore di lavoro non ne richiedeva in concreto l’adozione; rappresentava ancora come nel giorno dell’infortunio tali dotazioni non fossero presenti sul luogo dell’infortunio come rilevato dal personale dell’ispettorato del lavoro.
3. Avverso la suddetta pronuncia interponeva ricorso per Cassazione la difesa di B.C. proponendo un unico motivo di ricorso in punto responsabilità, deducendo vizio motivazionale per assoluta carenza della motivazione nella parte in cui il giudice di appello aveva del tutto trascurato di fornire adeguato riscontro ai motivi di impugnazione in appello, limitandosi a richiamare, anche per relationem e solo in parte espressamente, il contenuto della decisione di primo grado.
Con un secondo motivo di ricorso la difesa del B.C. era a richiedere il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario ricorrendone i presupposti di legge, richiesta già avanzata al giudice di appello ma da questo non considerata.
Diritto
l. In primo luogo va dichiarata la sopravvenuta causa di estinzione del reato, commesso in data 14.3.2007. Il termine ordinario di prescrizione per i delitti (sei anni), aumentato ad anni sette mesi sei in ragione degli eventi interruttivi si è infatti compiuto in data 14 Settembre 2014. Alla suddetta scadenza deve essere sommato l’ulteriore termine di mesi cinque e giorni 22 in ragione di due distinti differimenti di udienze maturati nel corso del dibattimento di primo grado che hanno condotto alla sospensione del termine prescrizionale per analogo spazio temporale. In definitiva il termine prescrizionale è spirato alla data del 8 Marzo 2015 e pertanto in epoca successiva alla pronuncia di secondo grado.
2. Né alla stregua delle pronunzie di merito esiste una situazione di evidenza della prova che consente la adozione di una sentenza liberatoria nel merito ai sensi dell’art.129 II co. cod.proc.pen.
3. Né infine le doglianze del ricorrente risultano manifestamente infondate o chiaramente dilatorie, ma sono espressione di difese tecniche degne di essere valutate, anche se infondate in punto di diritto.
4. Conclusivamente va pronunciato l’annullamento della sentenza essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
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