CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2018, n. 14395
Lavoro – Dipendenti del settore turismo – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Soppressione del posto di lavoro – Accertamento – Assenza di prova delle ragioni tecnico-produttive
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato da A.V. S.r.l. a R.C. con lettera del 30.10.2010, per giustificato motivo oggettivo, e condannava la parte datoriale, in applicazione della tutela obbligatoria, alla riassunzione o, in mancanza, al risarcimento del danno nella misura di cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori; condannava, altresì, la A.V. S.r.l. al pagamento, a titolo di indennità di cassa, di € 9.231,57 oltre interessi e rivalutazione monetaria, e di € 8.943,39, oltre accessori, per differenze di retribuzione, scaturenti dal riconoscimento di mansioni superiori (riconducibili al 3° livello del CCNL Dipendenti da aziende del settore Turismo e non al 4° livello);
2. per la cassazione della sentenza A.V. S.r.l. ha proposto ricorso, affidato ai seguenti motivi:
2.1. con il primo motivo (in relazione all’accertamento di illegittimità del licenziamento), censura l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.); A.V. S.r.l. critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto generici i motivi indicati nella lettera di recesso senza considerare che la lavoratrice non aveva richiesto la specificazione degli stessi; deduce, altresì, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge nr. 604 del 1966, dell’art. 30 della legge nr. 183 del 2010 e dell’art. 2697 cod. civ. nonché dell’art. 41 Cost. (ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ.); assume che i giudici di merito, piuttosto che procedere all’accertamento di effettività delle ragioni (era documentato il calo di fatturato) che avevano condotto alla soppressione del posto di lavoro, sindacavano, nel merito, le scelte datoriali, giudicando, da un lato, di “modesta entità” la perdita di bilancio e, valutando, dall’altro, la decisione imprenditoriale di sottoporre al taglio del personale proprio il settore dei servizi turistici e non altri; inoltre, operavano un riferimento improprio alle mansioni della lavoratrice, al fine di escludere che le stesse fossero divenute minoritarie e sovradimensionate;
2.2. con il secondo motivo (in relazione al riconoscimento dell’indennità di cassa), la società censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ.). Il motivo attinge la decisione della Corte d’Appello laddove ha argomentato circa la responsabilità per ammanchi della ricorrente sulla base della considerazione che tutti i dipendenti che -come la C.- risultavano assegnatari di cassette per riporre valori e custodite in cassaforte erano responsabili di eventuali ammanchi. La società lamenta che la Corte territoriale avrebbe accertato la circostanza sulla base di una testimonianza che non riferiva, in via diretta, in merito alla responsabilità della lavoratrice e senza considerare che la testimone aveva riferito che il compito di effettuare i conti era di altra collega mentre solo in assenza della predetta e, per alcune volte, gli stessi erano stati svolti dalla C.; inoltre, la Corte distrettuale non aveva considerato che la testimone aveva potuto riferire per un limitatissimo periodo di tempo (dal 2006 al 2008), mentre la lavoratrice agiva per il riconoscimento dell’indennità di cassa dal 1997; sotto altro profilo, la sentenza è censurata, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 431 del CCNL Dipendenti da aziende settore Turismo (ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ.); si afferma l’erroneità della decisione per non aver considerato che l’indennità di cassa è riconosciuta solo ai lavoratori addetti a funzioni di ” cassiere e/o di addetto al cambio valuta” mentre la C., come riportato in sentenza, deduceva di essere “addetta a servizi di prenotazione con capacità di costruzione tariffaria autonoma e conoscenza di lingue”, mansioni rientranti nel 3° livello del CCNL ma distinte, per espressa previsione, da quelle di cassiere o addetto al cambio valuta;
2.3.con il terzo motivo (relativo all’accertamento del diritto all’inquadramento nel 3° livello), la società censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 414 del CCNL di settore (ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ.) nonché per omissione di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ.). Il motivo, in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., riguarda l’accertamento che i giudici di merito hanno operato in ordine ai presupposti costitutivi del diritto al superiore inquadramento (capacità di costruzione tariffaria autonoma e conoscenza di lingue), contestandosi, in proposito, la valutazione del materiale istruttorio; in ogni caso, si lamenta l’interpretazione della norma contrattuale come operata dalla Corte di Appello; la società assume la necessità, ai fini del diritto all’inquadramento nel 3° livello del CCNL, oltre che della “capacità di costruzione tariffaria autonoma e della conoscenza di lingue” anche di “particolari conoscenze tecniche”, di “specifica ed adeguata capacità professionale”, di “responsabilità di coordinamento”; comunque, si contesta anche l’interpretazione del requisito “conoscenza di lingue” che parte ricorrente ritiene debba intendersi riferito alla necessità che il lavoratore abbia una “padronanza di più lingue straniere”, non essendo, invece, sufficiente il possesso di titoli di studio o la conoscenza, a livello scolastico, di una sola lingua straniera, come ritenuto in sentenza;
3. R.C. ha resistito con controricorso;
Considerato che
1. il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Entrambe le censure non colgono esattamente gli snodi fondamentali del decisum. Il giudizio di illegittimità del licenziamento è fondato sulla ritenuta assenza di prova delle ragioni tecnico-produttive che parte datoriale aveva posto a base del recesso ed, altresì, sulla affermazione di insussistenza di un nesso causale tra le predette ragioni e la concreta posizione lavorativa della C.
La Corte di merito ha, in particolare, osservato come, a fronte dei motivi del recesso quali espressi nella difesa assunta in giudizio, in difetto di una specifica motivazione contenuta già nella lettera di recesso, motivi consistiti in cali di fatturato (“nel 2008 si era registrato un attivo di poco più di 5.000,00 euro e nel 2009 un passivo di 12.000,00 euro”) con conseguente “necessità di diminuzione dei costi di gestione con riduzione dei dipendenti inevitabilmente …(nel) settore servizi turistici che si occupava essenzialmente della biglietteria, attività divenuta minoritaria e che risultava sovradimensionata rispetto alla necessità”, la società non avesse adeguatamente dimostrato né che l’attività di biglietteria era divenuta “minoritaria”, né, soprattutto, che alla stessa fosse assegnata in via prevalente la lavoratrice licenziata.
La Corte di Appello non ha, dunque, travalicato i limiti del controllo giudiziale, quale oggi codificato dall’art. 30 della legge nr. 183 del 2010, limitandosi, piuttosto, all’accertamento di non effettività dei motivi addotti a giustificazione del licenziamento.
Il giudizio di insussistenza delle ragioni e del nesso causale tra le stesse e la specifica posizione lavorativa, veicolato attraverso le risultanze di causa, è un giudizio di fatto che, non adeguatamente censurato nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., con l’indicazione del “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass. s.u. 7 aprile 2014, nr. 8053 e nr. 8054), non è sindacabile in questa sede;
2. il secondo motivo è inammissibile, quanto alle censure che, nonostante la formale invocazione dell’errore di diritto, con un improprio riferimento agli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. (cfr. per tutte Cass. nr. 13960 del 2014), nella sostanza, pretendono una rivalutazione del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito, per le medesime ragioni esposte in relazione al precedente motivo;
2.1 il motivo è, invece, fondato, in relazione alla dedotta violazione dell’art. 431 CCNL. La società denuncia un errore di diritto del giudice di merito nell’interpretazione della norma collettiva laddove, nella sostanza, omette di considerare che la norma contrattuale riconosce l’indennità di cassa o di maneggio denaro al personale che riveste una qualifica specifica ” cassiere e/o addetto al cambio valute”. Il rilievo è esatto. L’art. 431 del CCNL per i Dipendenti da azienda del settore Turismo del 19.7.2003, riportato in ricorso e prodotto integralmente in atti, stabilisce:”Senza pregiudizio di eventuali procedimenti penali e delle sanzioni disciplinari, al seguente personale normalmente adibito ad operazioni di cassa con carattere di continuità: cassiere, addetto al cambio valute – quando detto personale abbia la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l’obbligo di accollarsi eventuali differenze – compete una “indennità di cassa o di maneggio denaro” nella misura del cinque per cento della paga base tabellare conglobata prevista per le rispettive qualifiche”.
Osserva la Corte che la norma attribuisce al solo personale con qualifica di ” cassiere o addetto al cambio valute” il diritto all’indennità di cassa o di maneggio denaro e sempre che detto personale “abbia la piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l’obbligo di accollarsi eventuali differenze”.
La qualifica di “cassiere e/o addetto al cambio delle valute” è ricompresa tra quelle del 3° livello del CCNL in esame; tuttavia, pacificamente, la lavoratrice è sempre stata addetta “ai servizi di prenotazione”; il contratto, come riportato anche nella sentenza impugnata (cfr. pagg. 9 e 10), prevede la qualifica di “addetto ai servizi di prenotazione o addetto ai servizi turistici e/o alle biglietterie ferroviarie, aeree, marittime e automobilistiche” (4° livello) e di “addetto ai servizi di prenotazione o addetto ai servizi turistici e/o alle biglietterie ferroviarie, aeree, marittime e automobilistiche, con capacità di costruzione tariffaria autonoma e conoscenza di lingue” (3° livello).
La sussistenza della “capacità di costruzione tariffaria autonoma” e della “conoscenza di lingue”, tratto differenziale dei due livelli, ha rappresentato unico motivo di contrasto tra le parti.
La decisione, dunque, nella parte in cui ha riconosciuto l’indennità di cassa, prescindendo da ogni considerazione in merito all’assenza della qualifica di “cassiere e/o addetto al cambio valute”, anche sul piano fattuale, ha erroneamente interpretato la norma contrattuale e va, pertanto, cassata; non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa, ex art. 384 cod. proc. civ., con rigetto della domanda relativa all’indennità di cassa;
3. il terzo motivo è infondato;
3.1 la censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, non configura l’ipotesi di cui all’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ. (della cui rigorosa interpretazione si è già detto) ma sollecita il riesame dell’intero materiale probatorio;
3.2 il motivo è da respingere, anche in relazione alla dedotta violazione di norme di legge e del contratto collettivo; quanto agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., valgono le considerazioni espresse per il secondo motivo; in merito all’interpretazione dell’art. 414 CCNL, appare corretta la ricostruzione operata dai giudici di merito; le qualifiche rispecchiano i contenuti professionali della declaratoria generale; la responsabilità di coordinamento tecnico-funzionale di altri lavoratori è elemento che le parti collettive considerano in via alternativa; ai fini della qualifica di ” addetto ai servizi di prenotazione o addetto ai servizi turistici e/o alle biglietterie ferroviarie, aeree, marittime e automobilistiche, con capacità di costruzione tariffaria autonoma e conoscenza delle lingue” non è richiesto un “livello” particolare di competenza linguistica, diversamente da altre qualifiche, per le quali, invece, è espressamente richiesto (per esempio:”impiegato con buona conoscenza di almeno due lingue estere addetto all’assistenza e/o accompagnamento di gruppi e crociere all’estero”);
4. in merito alle spese di lite, l’esito del giudizio giustifica la compensazione, nella misura di 1/4, delle spese di tutti i gradi mentre la restante parte, liquidata come da dispositivo, va posta a carico della società A.V. srl, secondo il criterio della soccombenza;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione, rigettati gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, rigetta la domanda relativa all’indennità di cassa. Compensa per 1/4 le spese dei giudizi di merito e condanna la società a pagare i restanti 3/4 di quanto liquidato per intero nei rispettivi gradi.
Compensa per 1/4 le spese del giudizio di legittimità e condanna parte ricorrente al pagamento del residuo che si liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
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