CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2019, n. 6568
Contratto a tempo determinato – Nullità del termine – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
Rilevato che
La Corte d’appello di Roma confermò la sentenza del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da D.N.U., volta a ottenere l’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato stipulato tra le parti ai sensi dell’art. 2 c. 1 bis D.lgs. 368/2001 e alla declaratoria della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le medesime a decorrere dal 9/11/2010;
a fondamento della decisione la Corte territoriale rilevò che l’art. 2 c. 1 bis D.lgs. 368/2001 consentiva la stipula di contratti acausali, subordinando la legittimità dell’assunzione alle sole condizioni di durata massima e di limite massimo di contratti stipulati e chetai fini del computo dei lavoratori in organico correttamente erano stati ricompresi anche i lavoratori non addetti al servizio postale e non era stato effettuato il calcolo in full-time equivalenti avverso la sentenza propone ricorso per cassazione D.N.U. sulla base di due motivi;
P. I. s.p.a. resiste con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
Considerato che
Con il primo motivo parte ricorrente deduce, ex art. 360 n. 5 c.p.c., violazione della normativa comunitaria e omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Rileva che la norma invocata (art. 2 c. 1 bis D.lgs. 368/2001), nell’interpretazione seguita dalla Corte territoriale, contrasterebbe con l’orientamento europeo e in particolare con la direttiva 1999/70/CE;
con il secondo motivo il ricorrente deduce omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., mancato rispetto della clausola di contingentamento – onere della prova non adempiuto. Osserva che la percentuale del 15% di cui alla clausola di contingentamento deve essere calcolata sul complessivo numero degli addetti ad assicurare il servizio di raccolta, trasporto e distribuzione degli invii postali, escludendo dal calcolo i dipendenti addetti al c.d. <banco posta> e, quindi, ai servizi finanziari assicurativi e creditizi;
entrambi i motivi denunciano, al di là della formale intitolazione in termini di vizio di motivazione, censure di violazione di legge, ammissibili in forza del principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità a partire da Cass. S.U. 24/07/2013 n. 17931 (cfr. da ultimo Cass. n. 26310 del 07/11/2017), secondo cui l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato;
tanto premesso, il primo motivo deve ritenersi infondato. La compatibilità della norma con la disciplina europea dei contratti a termine, infatti, è stata esaminata con esito favorevole da Cass. SU n. 11374 del 31/5/2016, alla cui ampia motivazione si rinvia, che ha disposto nei seguenti termini: <Le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal comma 1 bis dell’art. 2 del d.lgs. n. 368 del 2001, non necessitano anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi del comma 1 dell’art. 1 del medesimo d.lgs., trattandosi di ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata “ex ante” direttamente dal legislatore>;
anche la seconda censura è priva di fondamento, alla luce del principio espresso costantemente da questa Corte di legittimità: <In tema di contratto di lavoro a tempo determinato, l’art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste – e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la “ratio” della disposizione, ritenuta legittima dalla Corte cost. con sentenza del 14 luglio 2009, n. 214, individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del cd. “servizio universale” postale, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 261 del 1999, di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore> (Cass. n. 9726 del 19/04/2018);
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza ;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 3.200,00, di cui € 200,00 per rimborso, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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