CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2018, n. 21734
Fallimento – Pagamento del TFR – Richiesta di intervento dell’INPS – Assoggettabilità della società alla procedura concorsuale – Accertamento
Rilevato
che con sentenza del 24.10-23.11.2016 nr. 2299 la Corte di Appello di Lecce riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda e, per l’effetto, accoglieva il ricorso proposto da A. C. nei confronti dell’INPS – Fondo di Garanzia per il pagamento del TFR e delle ultime tre mensilità maturati per il lavoro alle dipendenze della A. sas;
che a fondamento della decisone, per quanto in questa sede rileva, la Corte territoriale osservava che la società – benché fosse astrattamente suscettibile di fallimento – in concreto non avrebbe potuto essere dichiarata fallita per l’esiguo importo del credito del C., che non gli consentiva di promuovere la relativa procedura. Pertanto la richiesta di intervento dell’INPS – Fondo di garanzia era legittimamente fondata sul decreto ingiuntivo emesso nei confronti del datore di lavoro e sull’esito infruttuoso tanto della esecuzione mobiliare che dell’intervento effettuato in una esecuzione immobiliare;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso l’INPS, articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l’intimato con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.; che il controricorrente ha depositato memoria.
Considerato
che con l’unico motivo l’INPS ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., violazione o falsa applicazione della L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2, commi due e cinque, del D.Lgs. 27 gennaio 1992 nr. 80, articoli 1, commi uno e due, e 2, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, articolo 15 (nel testo modificato dall’articolo 1 del D.lgs. 9.1.2006 nr 5 e dall’articolo 1 del D.Lgs. 12.9.2007 nr. 169).
Ha assunto che, dalla interpretazione letterale della L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 5 (per il pagamento del T.F.R.) e del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 1, comma 2 (per il pagamento delle ultime tre mensilità) risulta che la prova da parte del lavoratore che il proprio datore di lavoro non sia assoggettabile a procedura concorsuale per esiguità della esposizione debitoria deve essere fornita attraverso il provvedimento reso dal competente Tribunale Fallimentare, all’esito della relativa istruttoria per l’’accertamento dell’ammontare complessivo dei debiti sicché erroneamente il giudice dell’appello aveva considerato il limite di fallibilità alla stregua del solo credito del lavoratore istante.
che reputa il Collegio si debba accogliere il ricorso.
Giova ricordare che la L. n. 297 del 1982, all’art. 2, ha previsto il pagamento del T.F.R. da parte dell’INPS quando l’impresa sia assoggettata a fallimento, ovvero quando (comma 5) il datore di lavoro, non soggetto alla legge fallimentare, venga sottoposto infruttuosamente ad esecuzione forzata. Analoghe previsioni regolano l’intervento dell’INPS per il pagamento dei crediti di lavoro diversi dal TFR, a tenore dell’articolo 1 ,commi 1 e 2, D.Lgs. 27 gennaio 1992 nr. 80.
Questa Corte ha ritenuto (cfr. Cass. 7585 del 2011; Cass. 15662 del 2010; Cass. 1178 del 2008; Cass. 7466 del 2007) che una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva CE n. 987 del 1980 consente, secondo una ragionevole interpretazione, l’ingresso ad un’azione nei confronti del Fondo di garanzia anche quando l’imprenditore, pur astrattamente fallibile, non sia in concreto assoggettabile al fallimento (sempre che, comunque, l’esecuzione forzata si riveli infruttuosa). L’espressione «non soggetto alle disposizioni del R.D. n. 267 del 1942» va quindi interpretata nel senso che l’azione della citata L. n. 297 del 1982, ex art. 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo.
In applicazione di tale principio ha ripetutamente affermato (Cass., sez. lav., 28 gennaio 2015 nr. 1607; 4 luglio 2014 nr. 15369; 1 aprile 2011 nr. 7585) che il rigetto della istanza di fallimento da parte del Tribunale fallimentare per esiguità del credito, a tenore dell’articolo 15, ultimo comma, RD 267/1942 (secondo cui «Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila…») assolve alla condizione della non-assoggettabilità del datore di lavoro a fallimento.
Nel caso in esame, tuttavia, la non assoggettabilità al fallimento della A. sas è stata ritenuta dalla Corte territoriale sulla base del solo rilievo che non sussistevano i presupposti per presentare l’istanza di fallimento per l’esiguo importo del credito del lavoratore; la assoggettabilità o meno della società alla procedura concorsuale doveva essere invece accertata dal competente Tribunale fallimentare, sulla base di quanto risultante dalla relativa istruttoria, secondo le testuali previsioni del citato articolo 15.
La ratio della predetta disposizione è evidente e consiste nella esclusione della procedura di liquidazione concorsuale in ragione dì una soglia di rilevanza dell’insolvenza riferita all’indebitamento complessivo della impresa e non alla posizione del creditore istante per il fallimento.
Il ragionamento seguito dal giudice del gravame porterebbe, invece, ad affermare ovvero ad escludere l’intervento dell’INPS non già in ragione della situazione dell’impresa ma in relazione a singole posizioni creditorie, senza alcuna verifica effettiva della fallibilità dell’imprenditore. Consentirebbe, inoltre, al titolare di un credito di importo inferiore alla soglia di fallibilità di optare per la richiesta della dichiarazione di fallimento ovvero per l’intervento della garanzia dell’INPS, senza alcuna preliminare verifica in sede prefallimentare.
Né rileva l’esito infruttuoso delle iniziative di esecuzione individuale in concreto intraprese dal creditore-lavoratore in danno del proprio datore di lavoro, stante la assenza della preliminare condizione, verificata da parte del Tribunale fallimentare, della non assoggettabilità dell’imprenditore al fallimento ai sensi del citato articolo 15 RD 267/1942.
Alla luce di quanto esposto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata in applicazione del seguente principio di diritto: «La verifica da parte del Tribunale fallimentare all’esito dell’istruttoria prefallimentare della non fallibilità dell’ imprenditore ai sensi dell’articolo 15 ultimo comma Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 funge da presupposto, unitamente all’insufficienza delle garanzie patrimoniali a seguito dell’esperimento della esecuzione forzata, per l’intervento dell’INPS – Fondo di garanzia per il pagamento del TFR e dei crediti di lavoro di cui all’articolo 2 D.Lgs.27 gennaio 1992 nr. 80»
che la causa deve essere rinviata per la decisione ad altro giudice, che si individua nella Corte di Appello di Lecce in diversa composizione, che si atterrà nella decisione al principio di diritto sopra esposto;
che il giudice del rinvio provvederà altresì alle spese del presente grado.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia – anche per le spese – alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.
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