CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2022, n. 26259
Tributi – IRAP – Rimborso – Dottore commercialista – Compensi per attività di sindaco e/o amministratore di società – Esclusione dalla base imponibile
Rilevato che
– G.R.C. propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria regionale del Lazio aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 14652/32/2018 della Commissione Tributaria provinciale di Roma di rigetto del ricorso del contribuente avverso il silenzio – rifiuto formatosi su un’istanza di rimborso Irap, per l’anno 2014;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– il contribuente ha depositato memoria;
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, e 8 del d.lgs. n. 446/1997 per avere la CTR ritenuto legittimo il silenzio – rifiuto opposto alla richiesta di rimborso Irap ancorché, per giurisprudenza di legittimità, i redditi derivanti dall’attività di sindaco e/o amministratore di società svolta dal commercialista – essendo assimilati a redditi da lavoro dipendente – non rientrano nella base imponibile Irap che ricomprende unicamente l’eccedenza dei compensi percepiti rispetto alla produttività auto-organizzata dell’opera individuale;
– il motivo è fondato;
– l’art. 2 d. Lgs. n. 446/1997 stabilisce che il presupposto dell’Irap, già definita dall’art. 1 come imposta a carattere reale, è «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi»;
– la Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001, ribadito che l’Irap non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, ha rilevato che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta, per difetto del suo necessario presupposto, l’autonoma organizzazione, il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, rimessa pertanto al giudice di merito;
– invero, l’art. 3 comma 1 lettera c) del D.Lgs. 446/1997 prevede che “sono soggetti passivi dell’imposta …le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell’art. 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all’art. 49, comma 1, del medesimo testo unico”. Inoltre, l’art. 8 del d. Lgs. 446/1997 dispone che “per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività esercitata”. Per questa Corte, in tema di Irap, il combinato disposto degli artt.3, primo comma, lett. c) e 8 del d. Lgs. sopra citato, facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle attività di cui all’art. 49, primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, senza menzionare quelle di cui al secondo comma, lettera a), della medesima disposizione, esclude l’assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l’attività professionale intellettuale di dottore commercialista, abbia prodotto in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di una banca, senza utilizzare la propria autonoma organizzazione (Cass., 9 maggio 2007, n. 10594);
– tale principio resta valido anche dopo le modifiche apportate al d.p.r. 917/1986 dall’art. 34 della legge 21-11-2000 n. 342, che ha introdotto l’art. 50 comma 1 lettera c-bis, con l’inclusione tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente dei redditi derivanti dalle collaborazioni coordinate e continuative che, in precedenza, erano qualificati come altri redditi di lavoro autonomo dall’art. 49 comma 2 lettera a); ciò al fine di ampliare le garanzie riconosciute ai redditi di lavoro dipendente;
– deve, pertanto, ribadirsi che, in tema di Irap, qualora il professionista, oltre a svolgere attività ordinaria di commercialista, sia titolare di carica di sindaco di società, l’imposta non è dovuta anche per i compensi correlati a quest’ultima attività, che vanno pertanto scorporati da quelli derivanti dalle altre attività, ai sensi degli artt. 3, comma 1, lett. c) e 8 del d.lgs. n. 446 del 1997 (Cass., sez. 6-5, 29/09/2016, n. 19327; Cass., sez. 5, 4/07/2019, n. 17987; Cass., 6-5, 30/09/2020, n. 20706; Cass., sez. 6-5, 5/05/2020, n. 8451; Sez. 5, Ordinanza n. 7182 del 15/03/2021). In particolare, il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; per la soggezione all’Irap non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza (Cass., 3 luglio 2017, n. 16372; Cass., 3 marzo 2016, n. 4246; Cass., 2 novembre 2016, n. 22138); le Sezioni unite (sentenza 10/05/2016, n. 9451) – in continuità con Cass., Sez.U., 12/5/2009, n. 12108, ma specificando ulteriormente i requisiti dell’impiego del lavoro altrui- hanno chiarito i parametri alla cui stregua la questione di fatto deve essere valutata: «con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accídit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive»;
– pertanto, in tema d’Irap, non realizza il presupposto impositivo l’esercizio dell’attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e controllo di enti di categoria, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all’interno di un’associazione professionale, senza ricorrere ad un’autonoma organizzazione (Cass. 29 settembre 2016, n. 19327). Va, quindi, sottolineato che il dottore commercialista che svolga anche attività di sindaco di società, non soggiace ad Irap per il reddito netto di tali attività, in quanto soggetta ad imposizione è unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata (Cass., 16372/2017). Se, quindi, il professionista, sin dal ricorso introduttivo, chiede lo scorporo dei proventi da attività di sindaco di società, il giudice di merito deve effettuare una valutazione specifica e separata di tale porzione, ben distinta, di attività (Cass. n. 12052/2018);
– questa Corte ha poi precisato che non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente (Cass., 5 marzo 2012, n. 3434; Cass., 19 marzo 2014, n.6418; Cass., 23 gennaio 2017, n. 1712; Cass., 29 settembre 2016, n. 19327; Cass., 10 maggio 2019, n. 12495);
– nella fattispecie in esame, il giudice di appello non si è attenuto ai principi giurisprudenziali sopra esposti, in quanto ha ritenuto legittimo il silenzio – rifiuto sulla domanda di rimborso Irap e, dunque, inclusi nel campo impositivo i compensi percepiti dal contribuente a titolo di sindaco di società, affermando apoditticamente che gli elementi di prova addotti dall’Agenzia delle entrate (quali gli elevati compensi a terzi elargiti per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale, gli elevati componenti negativi di reddito, la superficie del locale utilizzato; l’esistenza di significativi beni strumentali e di personale dipendente; l’attività professionale svolta presso trentotto società sull’intero territorio nazionale) erano indici di una “stretta connessione dei numerosi incarichi espletati dal signor R.C. con l’attività professionale dal medesimo svolta con un’autonoma e specifica organizzazione”; con ciò senza effettuare, alla luce della documentazione prodotta dal contribuente nei gradi di merito (fatture relative alla attività di amministratore e sindaco in società), la verifica in concreto dei presupposti per la operatività dello scorporo dei proventi da attività di sindaco di società;
– in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione;
P.Q. M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.
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