CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 gennaio 2019, n. 169
Prestazioni assistenziali – Indennità di accompagnamento – Inps – Compensazione delle spese di lite
Rilevato che
la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello proposto da M.G.R., ha condannato l’Inps al pagamento in favore dell’appellante dell’indennità di accompagnamento a far data dal 7/4/2012 e ha compensato interamente le spese di entrambi gradi del giudizio; contro la sentenza la R., come rappresentata, propone ricorso per cassazione articolando un unico motivo al quale resiste l’Inps con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
Considerato che
con l’unico motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 93 cod.proc.civ. e lamenta che, nonostante fosse risultata sia pure in parte vittoriosa (essendo stata la prestazione riconosciuta, sia pure con una decorrenza successiva rispetto alla domanda amministrativa e alla stessa domanda giudiziaria), il giudice dell’appello ha compensato le spese, così impedendo allo stesso difensore antistatario di recuperare le spese di lite, e senza specificare le ragioni della dedotta compensazione;
il motivo è manifestamente infondato, giacché nel caso in esame la Corte ha dato conto, sia pure con motivazione succinta, delle ragioni che l’hanno indotta a compensare le spese di lite, dovendosi leggere il riferimento all’«esito globale della di lite» alla luce della ricostruzione del processo compiuta dalla stessa Corte territoriale, la quale ha dato atto dell’accoglimento solo parziale della domanda proposta dalla ricorrente, essendo stata la prestazione assistenziale riconosciuta da epoca successiva alla stessa sentenza di primo grado (Cass. 21/12/2016, n. 26565);
il complesso motivazionale consente pertanto di ritenere che con la locuzione «esito globale della lite» la Corte abbia sintetizzato una valutazione più complessiva che ha tenuto conto della parziale soccombenza;
al riguardo deve osservarsi che nel caso di specie trova applicazione l’art. 92 c.p.c., nel testo precedente alla riforma disposta dall’art. 45, comma 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (essendo stato il giudizio introdotto con ricorso del 18/6/2008, come si legge nello stesso ricorso), – sicché i presupposti per disporre la compensazione delle spese sono costituiti dalla «soccombenza reciproca o da altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione»; a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata anche in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (Cass., 22 febbraio 2016, n.3438; Cass., 23 settembre 2013, n. 21684).
peraltro dalla formulazione della norma succitata si ricava il principio per cui il giudice, potendo compensare in tutto o in parte le spese, anche in difetto di soccombenza reciproca, a fortiori non è tenuto a rispettare una proporzione esatta e diretta fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico della parte soccombente (Cass. n. 289/66; in tal senso Cass., n. 9390/2016 e Cass., n. 2149/2014); è peraltro affermazione di questa Corte che in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (da ultimo, Cass. ord., 31/3/2017, n. 8421);
in definitiva, anche sotto tale profilo la sentenza resiste alle censure mosse dal ricorrente;
il ricorso deve pertanto essere rigettato e la parte deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio non risultando dal ricorso per cassazione la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 152 disp. att. C.p.c.(nel testo modificato dalla legge 24 novembre 2003, n. 326) per poter beneficiare della esenzione dal pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 1.500,00 per compensi professionali e € 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario del 15% di spese generali e altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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