CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 giugno 2018, n. 14788

Tributi – IRAP – Professionisti – Struttura organizzativa – Istanza di rimborso

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi (di cui il secondo ricomprende un’ulteriore censura, formulata in via gradata), illustrati da memoria, nei cui confronti l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, il ricorrente impugna la sentenza della CTR della Lombardia, relativa al diniego di rimborso Irap serbato dall’amministrazione relativamente al 2010.

Il ricorrente, con il primo e secondo motivo, che presentano analoga rubrica e sostanzialmente la stessa censura, deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, riferito all’art. 111 comma 6 Cost., nonché all’art. 36 comma 2 n. 4 del d.lgs. n. 546/92, nonché al combinato disposto degli artt. 1 secondo comma del d.lgs. n. 546/92, dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 commi 1 e 2 disp. att. c.p.c., in quanto, la motivazione dei giudici d’appello era soltanto apparente, poiché non indicava, neppure sommariamente, gli elementi posti a base del convincimento del collegio giudicante, ed, inoltre, i giudici d’appello non avrebbero considerato che gli studi esterni, presso cui il professionista svolgeva la propria attività professionale non erano a lui riferibili, in termini di organizzazione e responsabilità, né agli stessi il contribuente era associato; infine, neppure i beni strumentali erano riconducibili a un quid pluris rispetto al minimo indispensabile.

Infine, con una censura proposta in via gradata, il ricorrente ha dedotto il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 comma 1 del d.lgs. n. 446/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., sull’insussistenza dei presupposti per essere assoggettato al tributo per cui è controversia.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

L’articolata censura esaminata complessivamente è fondata.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, “Per la soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo è necessario che la struttura organizzata di cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la soggettività passiva all’imposta di un avvocato che, collaborando presso importanti studi legali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, traendone utilità).” (Cass. ord. n. 4080/17, 21139/16, 15992/17).

Nel caso di specie, i giudici d’appello hanno ritenuto sussistere un’idonea struttura organizzativa imputabile al contribuente, benché la stessa facesse capo a strutture terze, e ciò, sulla base degli elevati costi di gestione (v. Cass. ord. n. 23557/16), senza verificare se fossero sintomatici del ruolo organizzativo assunto da professionista nell’ambito di tali strutture, e per il valore dei beni strumentali (Cass. ord. n. 23552/16), senza verificarne l’effettiva rilevanza.

La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.