CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2022, n. 26393
Licenziamento – Responsabile di banca – Movimentazioni non autorizzate su conti correnti – Analoga inadempienza commessa da altro dipendente – Identità di situazioni – Esclusione – Proporzionalità della sanzione adottata – motivazione apparente
Rilevato che
1. il Tribunale di Foggia respingeva l’opposizione avverso l’ordinanza del medesimo Tribunale che, in accoglimento del ricorso proposto da R.V.C., aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimatogli dalla Banca Popolare di Milano per giusta causa, con effetto dal 27/04/2016, a seguito di procedimento disciplinare, ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro, condannato la banca al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre al versamento dei contributi dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, accessori e spese di lite;
2. la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza impugnata, accoglieva il reclamo proposto dalla banca e rigettava la domanda avanzata dal lavoratore, condannando il medesimo a restituire quanto pagato in esecuzione dell’ordinanza e della sentenza riformate ed al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio;
3. la Corte territoriale, in sintesi e per quanto di interesse in questa sede, osservava che:
– il procedimento disciplinare (avviato con lettera di contestazione 8 febbraio 2016) aveva ad oggetto irregolarità emerse a seguito di accertamenti ispettivi presso l’agenzia di Orta Nova della quale R.V.C. era responsabile, con qualifica di quadro, da dicembre 2012;
– dette irregolarità erano consistite in movimentazioni non autorizzate e poi annullate per operazioni speculative su conti correnti (in particolare di un cliente), di rilevante importo con importanti danni per la banca, realizzate dall’impiegato P.F. (dimessosi nel corso della procedura disciplinare), in assenza di qualsiasi controllo da parte dei responsabili dell’agenzia (segnatamente apposizione di visto elettronico sui tabulati secondo le regole interne indicate dalla cd. mappa dei controlli);
– il licenziamento per giusta causa è previsto dalle norme contrattuali per i comportamenti consapevoli in contrasto con le prescrizioni/procedure/norme interne del modello organizzativo talmente gravi da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto;
– non sussisteva disparità di trattamento con il dipendente N.D.L., con mansioni di RSO (responsabile dei servizi operativi), sanzionato in via conservativa, in quanto questi rispondeva al direttore d’agenzia e non aveva l’obbligo del visto elettronico; né con il dipendente C.F.C., precedente direttore dell’agenzia di Orta Nova nel periodo 10/2/2011 – 08/11/2012, durante il quale erano emerse analoghe attività illecite, anch’egli destinatario di sanzione conservativa, per la minore frequenza ed entità degli importi delle operazioni irregolari, non potendo perciò rilevarsi identità di situazioni, valorizzabile dal giudice per verificare la proporzionalità della sanzione in deroga al principio secondo cui è irrilevante che un’analoga inadempienza, commessa da altro dipendente, sia stata diversamente valutata dal datore di lavoro;
4. avverso la sentenza R.V.C. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi; ha resistito con controricorso Banco BPM S.p.A. (società incorporante per fusione la Banca Popolare di Milano S.p.A.); entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
Considerato che
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111, comma 6, Cost., 47 Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, 6 della Convenzione europea dei diritti umani, 115, 116 e 117 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 347, 168 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d’appello di Bari, circa l’incomparabilità delle situazioni dei due responsabili di agenzia, nell’ambito del giudizio sulla proporzionalità del licenziamento, reso una motivazione solo apparente, limitandosi a riportare le dichiarazioni rilasciate dal procuratore speciale della banca in sede di interrogatorio libero senza rapportarle alle altre risultanze probatorie;
2. con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c. p.c., per omesso esame di elementi di fatto a sostegno della sostanziale identità della situazione del ricorrente con quella del suo predecessore C., con ingiustificatezza del diverso trattamento sanzionatorio, così intollerabile e discriminatorio;
3. con il terzo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2104, 2106, 2119 c.c., 18 L. 300/1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per imprudente valutazione delle prove ed errata ricostruzione in ordine alla questione relativa all’identità di situazione con il precedente responsabile di agenzia, non sanzionato con il licenziamento;
4. con il quarto motivo parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per motivazione contraddittoria in relazione alla valutazione delle condotte dei due successivi responsabili di agenzia;
5. osserva la Corte che tutti i motivi di ricorso per cassazione riguardano, sotto diversa angolazione, la questione del diverso trattamento sanzionatorio per omesso controllo nei confronti dei successivi responsabili dell’agenzia in cui ha operato il dipendente ritenuto infedele e dimessosi nel corso della procedura disciplinare a suo carico;
6. segnatamente, il primo e quarto motivo fanno riferimento a nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art 360, comma 1, n. 4, c.p.c., e possono essere trattati congiuntamente, afferendo, appunto, entrambi a profili di nullità;
7. tali motivi non sono fondati; la Corte ha fornito una motivazione della differenziazione delle posizioni (del precedente direttore dell’agenzia sanzionato in via conservativa e dell’odierno ricorrente licenziato per giusta causa) basata su una valutazione di fatto, collegata all’entità degli importi ed alla frequenza delle operazioni irregolari nei due rispettivi periodi di dirigenza dell’agenzia, situazione qualitativa e quantitativa giudicata, in sede di merito, non identica e non sovrapponibile nei due periodi; a tale valutazione probatoria la Corte è giunta non solo in base alle dichiarazioni della procuratrice speciale della banca (in sede di interrogatorio libero), ma anche in relazione alle dichiarazioni di un responsabile degli accertamenti ispettivi e all’ampia documentazione prodotta dalle parti ed acquisita su ordine del Tribunale;
8. invero, può riscontrarsi motivazione apparente, ovvero manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione, o motivazione perplessa od incomprensibile nei casi in cui la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. 8053/2014; 22232/2016; 23940/2017; 16595/2019); in queste ipotesi, il sindacato di legittimità sulla motivazione verte sulla verifica della possibile violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., che a sua volta determina la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.; al di fuori di queste ipotesi (che non ricorrono nel caso di specie per quanto osservato nel paragrafo che precede), il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, e non per contrapporvi una diversa valutazione;
9. neppure sono fondati il secondo e terzo motivo, sempre collegati a dedotta identità delle situazioni e discriminatorietà della differenziazione disciplinare delle posizioni dei due successivi direttori dell’agenzia bancaria;
10. questa Corte ha già avuto occasione di osservare (Cass. 10550/2013) che, ai fini della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, qualora risulti accertato che l’inadempimento del lavoratore licenziato sia stato tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, è di regola irrilevante che un’analoga inadempienza, commessa da altro dipendente, sia stata diversamente valutata dal datore di lavoro;
11. l’identità delle situazioni riscontrate può tuttavia essere valorizzata per verificare la proporzionalità della sanzione adottata; nel caso in esame, sotto questo profilo, l’identità della situazione oggettiva e soggettiva dei due direttori è stata, peraltro, espressamente esclusa dalla Corte di merito, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità e privo di vizi logici evidenti (cfr. Cass. 14251/2015; 10640/2017), con la conseguenza che non è qualificabile come discriminatorio l’esercizio di discrezionalità disciplinare datoriale in relazione a posizioni differenziate, ove ancorato a specifici elementi di fatto esplicitati nel procedimento disciplinare ed accertati in fatto;
12. il ricorso deve pertanto essere respinto, con regolazione delle spese del giudizio di legittimità secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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