CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 settembre 2021, n. 24152
Tributi – Accertamento – Reddito di lavoro autonomo professionale – Movimenti bancari – Presunzione legale ex art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 – Applicazione limitata ai versamenti non giustificati
Rilevato che
– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, sez. staccata di Sassari veniva parzialmente accolto l’appello proposto da S.D., in riforma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Sassari n. 118/02/2009 che, a sua volta, aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente, avente ad oggetto due avvisi di accertamento IVA, IRPEF e IRAP per gli anni di imposta 2003 e 2004.
– Le riprese traevano origine da una denuncia di un cliente ed avevano ad oggetto retribuzioni per prestazioni professionali non dichiarate, accertate a seguito di controlli bancari sui conti correnti intestati al contribuente, ex artt.32 del d.P.R. n.600 del 1973 e 51 del d.P.R. n.633 del 1972. La CTR, come già il giudice di primo grado, confermava l’impianto delle riprese osservando che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra i compensi percepiti nel periodo di imposta e le spese inerenti sostenute nello stesso periodo, ma limitava le voci di spesa non giustificate e i compensi, rideterminando così i ricavi non dichiarati in Euro 26.685,88 per il primo anno di imposta (2003) e in Euro 7.922,00 per il secondo (2004).
– Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate per quattro motivi, cui replica il contribuente con controricorso e ricorso incidentale affidato a sei motivi, che illustra con memoria.
Considerato che
– Con il primo motivo di ricorso principale – ex art.360, primo comma, n.5 cod. proc. civ. – l’Agenzia lamenta il vizio motivazionale per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per aver la CTR ridotto i maggiori ricavi, confermati dal giudice di primo grado in Euro 90.754,13 per l’anno 2003 e in Euro 92.294,34 per il 2004, alla minore entità rispettivamente di Euro 26.685,88 e di Euro 7.922,00 sulla base di una motivazione ellittica senza riferimenti al quadro istruttorio che non permette di comprendere i criteri alla base della rideterminazione.
– Vanno preliminarmente scrutinate le eccezioni di inammissibilità del mezzo, articolate in controricorso, le quali non possono essere accolte. Non è privo di specificità e di autosufficienza il mezzo, da un lato calibrato sull’iter logico argomentativo seguito dalla CTR, molto generico e, dall’altro, che fa valere la non leggibilità dell’iter logico motivazionale della sentenza allega al ricorso la quale, pur non avendo individuato e menzionato alcun documento prodotto nel giudizio, ridetermina al centesimo costi inerenti e maggiori ricavi in termini difformi da quanto ritenuto dalla CTP.
Infine, trattandosi di censura rivolta a colpire la motivazione nella parte in cui non rende controllabile il ragionamento che ha portato il giudice d’appello alle sue conclusioni, è infondata anche l’eccezione secondo cui la censura sarebbe surrettiziamente diretta alla rivalutazione del merito perché non chiede la rivalutazione del materiale probatorio, ma il confronto espresso da parte del giudice di merito con gli elementi di prova raccolti nel processo.
Con il primo motivo di ricorso incidentale – ex art.360, primo comma, nn. 4 e 3 cod. proc. civ. richiamato dall’art.62 comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992 – il contribuente censura la violazione e falsa applicazione degli artt.156 secondo comma cod. proc. civ. e 36 2°comma n.4 del d.lgs. n.546 del 1992 (e per quanto di ragione degli artt.132 comma 2 n.4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. alla luce dell’art.111, comma 1, Cost) e, in subordine, la violazione o falsa applicazione dell’art.32 comma 1 n.2 secondo periodo del d.P.R. n.600 del 1973 nella versione modificativa di cui al comma 402 lett. a) numero 1.1 dell’art.l della I. n.311 del 2004 alla luce degli artt.3, 24, 53 e 101 Cost.
I motivi sono fondati, nei limiti che seguono. Da un lato, quanto al gruppo di censure formulate in via principale nel primo motivo di ricorso incidentale adombrando la nullità della sentenza impugnata nella parte in cui il contribuente è risultato soccombente ai fini dell’interesse ad agire, non risulta che manchi in parte qua la decisione o che si tratti di sentenza perplessa o apparente, nella quale non difetta in toto l’esplicitazione di un qualsivoglia apparato giustificativo idoneo a sorreggere il dispositivo. In particolare, la CTR ha dato conto dell’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali – essenzialmente di merito – circa l’applicazione dell’art.32 del d.P.R. n.600 del 1973, come modificato dalla I. 311/04, ai fini della applicabilità o meno della presunzione legale agli anni di imposta anteriori al 1° gennaio 2006, ha poi riportato un precedente della medesima CTR sfavorevole all’operatività anteriore della presunzione, ma poi ha succintamente distinto il presente caso, in cui ha ritenuto dunque operare la presunzione di cui all’art. 32 cit., sulla scorta del fatto che nel caso in esame e, a differenza del precedente richiamato, ha evidentemente ritenuto non vi fossero le medesime «pesanti conseguenze» ai fini della rideterminazione del reddito.
La ratio decidendi confermativa dell’operatività della presunzione è riscontrata dal fatto che la CTR, sul presupposto dell’efficacia della presunzione di cui all’art.32 cit. ha poi esaminato le «giustificazioni per le voci di spesa e per i compensi» offerte dal contribuente proprio per superare la presunzione, e la presenza di una ratio evincibile applicata alla fattispecie con sufficiente chiarezza esclude possa parlarsi di motivazione apparente o perplessa.
Al contrario, è invece fondata la questione formulata dal contribuente, in via subordinata, di incostituzionalità dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come modificato dall’art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311. La questione, identica a quella già sollevata dalla CTR del Lazio con ordinanza del 10 giugno 2013 che il ricorrente incidentale ampiamente richiama, ha originato nelle more del giudizio la pronuncia di della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 in cui è stata accolta e, per l’effetto, dichiarata l’incostituzionalità della norma limitatamente alle parole «o compensi» e di tale decisione della Consulta deve farsi applicazione anche nella fattispecie.
Orbene, questa Corte ha molte volte già fatto applicazione della sentenza Corte Cost. n.228 del 2014, affermando che «In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal- l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti. » (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 22931 del 26/09/2018, Rv. 650334 – 01). A dò consegue che, nei confronti dei professionisti quale è il contribuente, opera la presunzione legale di cui all’art. 32 cit. con riguardo ai soli “versamenti” non giustificati anche per i due anni di imposta per cui è causa.
– Tanto premesso, si rammenta che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, «al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività» (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015, Rv. 635057 – 01). Quanto all’imposizione indiretta poi va ribadito che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell’art.32, comma 1, n.2 del d.P.R. n.600 del 1973, e dell’art.51, comma 2, n.2, del d.P.R. n.633 del 1972, riferiti all’attività economica del contribuente, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili.» (Cass. Sez. 5, Sentenza n.26111 del 30/12/2015, Rv. 638173 – 01; conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15857 del 29/07/2016, Rv. 640618 – 01).
Per superare tale presunzione, il contribuente deve in particolare «dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili» (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15857 del 29/07/2016, conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n.4829 del 11/03/2015).
Nel caso di specie, la CTR ha deciso facendo genericamente riferimento all’esistenza di una «ponderosa documentazione», non precisata in relazione alle singole voci di costo e di entrata contestate dall’Agenzia, limitandosi ad affermare in poche battute che «molte poste in entrata e in uscita hanno una loro accettabile motivazione e non rappresentano tentativi di evasione fiscale da parte del ricorrente» senza tener conto dei principi di diritto che governano la fattispecie desumibili dalla giurisprudenza sopra richiamata, che impongono un esame analitico della prova per ogni versamento bancario e, dunque, sotto il profilo indicato la motivazione è carente e il profilo merita di essere riesaminato dal giudice del rinvio.
Con il secondo motivo di ricorso principale – ex art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. – l’Agenzia censura la violazione e falsa applicazione dell’art.54 del d.P.R. n.917 del 1986, invocando l’applicazione del principio di cassa in tema di reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni.
Il motivo è inammissibile, in accoglimento di specifica eccezione preliminare articolata in controricorso, in quanto inconferente dal momento che l’Agenzia non individua uno specifico passaggio della sentenza impugnata che statuisca a riguardo in termini a lei sfavorevoli.
Con il terzo motivo di ricorso principale – ai fini dell’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. – l’Agenzia censura la violazione e falsa applicazione dell’art.7 comma 4 del d.lgs. n.546 del 1992, contestando il valore probatorio delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio.
Il motivo è inammissibile, non solo per genericità e astrattezza come eccepito in controricorso, ma anche per difetto di autosufficienza in quanto non riproduce le dichiarazioni in questione affinché possa essere meglio statuito sul loro regime probatorio, se liberamente valutabile o meno, come sarebbe ad esempio nel caso di «Autocertificazioni e dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà’» (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6755 del 19/03/2010, Rv. 612184 – 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1663 del 24/01/2013, Rv. 624929 – 01; Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 32568 del 12/12/2019, Rv. 656112 – 01).
Con il quarto motivo di ricorso principale – articolato ai sensi dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – l’Agenzia lamenta la violazione dell’art.32 del d.P.R. n.600 del 1973, contestando che il contribuente abbia fatto corretto governo del canone dell’onere della prova al fine di stabilire se fosse vinta la presunzione legale in tema di indagine bancaria.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, con conseguente assorbimento anche delle eccezioni preliminari di inammissibilità del motivo per astrattezza e inconferenza rispetto al concreto decisum, formulate in controricorso.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale – ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. richiamato dall’art.62 comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992 – il contribuente censura la violazione del- l’art.112 cod. proc. civ., per avere la CTR ridotto le imposte dovute dal contribuente rispetto alla determinazione operata in primo grado, imposte costituenti i parametri di riferimento per la determinazione delle sanzioni ad essi correlate, e omesso di pronunciarsi sulla specifica censura di manifesta illegittimità delle sanzioni pecuniarie irrogate, doglianza articolata non solo quale automatica conseguenza della ritenuta illegittimità delle riprese ad imposizione, ma anche perché l’irrogazione delle sanzioni non è stata motivata, in violazione degli artt.16 comma 2 e 17 del d.l. n.472 del 1997.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale – ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. richiamato dall’art.62 comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992 – il contribuente deduce l’implicito accoglimento del gravame da parte del giudice d’appello con sentenza passata in giudicato, in punto di recuperi IVA o, in subordine, la violazione dell’art.112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di decidere a riguardo.
Entrambi i motivi restano assorbiti dall’accoglimento parziale del primo motivo di ricorso incidentale attinente alle riprese per cui è causa, inclusa l’IVA, cui le sanzioni si collegano e, pertanto, gravame da parte del giudice d’appello con sentenza passata in giudicato, in punto di recuperi IVA o, in subordine, la violazione dell’art.112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di decidere a riguardo.
– Entrambi i motivi restano assorbiti dall’accoglimento parziale del primo motivo di ricorso incidentale attinente alle riprese per cui è causa, inclusa l’IVA, cui le sanzioni si collegano e, pertanto, anche la questione sollevata in relazione a queste ultime dovrà essere riesaminata dal giudice del merito.
-In conclusione, accolti i motivi primo, terzo e quarto del ricorso principale e primo, nei limiti sopra indicati, del ricorso incidentale, inammissibile il secondo motivo di ricorso principale e assorbiti i motivi secondo e terzo del ricorso incidentale, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie i motivi primo, terzo e quarto del ricorso principale e primo, nei limiti di cui in motivazione, del ricorso incidentale, inammissibile il secondo motivo di ricorso principale e assorbiti i motivi secondo e terzo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Sardegna, sez. staccata di Sassari, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.
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