CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2020, n. 25135

Tributi – Omessa presentazione dichiarazione dei redditi – Irrogazione sanzioni – Legale rappresentante cessato dall’incarico prima della scadenza – Responsabilità – Esclusione

Fatti di causa

M.S. impugnò l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate, con il quale vennero irrogate le sanzioni amministrative per l’omessa dichiarazione dei redditi per l’anno 2006, relativamente ad una società a responsabilità limitata, di cui il predetto era stato amministratore unico fino all’aprile del 2007.

L’impugnazione venne integralmente respinta in primo grado, proposto appello dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con sentenza resa il giorno 24 novembre 2011, lo respinse.

Avverso la detta sentenza, M.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due mezzi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

M.S. ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso M.S. lamenta violazione del d.p.c.m. 31 maggio 2007, degli artt. 2 e 11 del d.lgs. 18 settembre 1997, n. 472, dell’art. 98 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, dell’art. 7 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 336, nonché vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., poiché la commissione tributaria regionale ha erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse responsabile dell’omessa presentazione delle dichiarazione dei redditi della società a responsabilità limitata, nonostante avesse cessato dall’incarico di amministratore prima della scadenza del termine per la presentazione delle stesse e, comunque, ancorché il legale rappresentante per legge non risponda più, in solido con la società, delle violazioni amministrative commesse.

1.1. Il motivo è fondato, nei limiti di cui si dirà.

Com’è noto, in materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n.472 del 1997, secondo cui «la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione».

In deroga a tale principio, nonché in deroga all’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997 che prevede la responsabilità solidale delle società nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione, l’art. 7, comma 1, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie.

L’applicazione della norma eccezionale introdotta dal citato art. 7 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore; viceversa, qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società , con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (così, da ultimo, Cass. 19/05/2019, n. 12334, non massimata).

Nella vicenda che ci occupa, allora, è all’evidenza come M.S. sia stato ritenuto, in sede di accertamento impugnato, «autore» degli illeciti commessi dalla società di cui era stato amministratore fino all’esercizio 2007; ha errato, tuttavia, il giudice di merito nel ritenere senz’altro sussistente la responsabilità solidale dell’amministratore della società per le sanzioni irrogate, solo in considerazione della carica rivestita, senza avere prima proceduto all’accertamento – qui evidentemente rilevante – se il primo avesse utilizzato la seconda quale mero schermo per sottrarsi alle sue responsabilità.

2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 3 della legge 3 agosto 1990, n. 241, dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 56 del d.p.r. 24 ottobre 1972, n. 633, nonché dell’art. 42 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, poiché il giudice di merito ha ritenuto la validità dell’avviso di accertamento impugnato, nonostante i processi verbali di constatazione cui rinviava detto atto, non fossero stati conosciuti dal contribuente.

2.1. Il motivo è inammissibile, trattandosi di questione nuova che non risulta essere stata oggetto di un espresso motivo di impugnazione, tempestivamente formulato dal contribuente innanzi al giudice di secondo grado.

3. In definitiva, accolto il primo motivo e dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, per un nuovo esame e per statuire sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, anche per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.