Corte di Cassazione ordinanza n. 13004 depositata il 26 aprile 2022

responsabilità amministratori – sanzioni amministrative – esclusione – giudicato esterno

Fatti di causa 

Dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a G.R., quale rappresentante legale di I. s.r.l., un avviso di accertamento e un atto di contestazione delle sanzioni per maggiori Ires, Iva e Irap relative all’anno di imposta 2005; avverso gli atti impositivi il contribuente aveva proposto separati ricorsi che, previa riunione, erano stati rigettati dalla Commissione tributaria  provinciale  di Milano; avverso la decisione del giudice di primo  grado  il contribuente aveva proposto appello.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: era  divenuto  definitivo l’avviso di accertamento con il quale era stata contestata una maggiore Ires, Iva e Irap, in quanto il contribuente aveva proposto appello unicamente avverso il capo della sentenza che aveva deciso sulla legittimità dell’applicazione delle sanzioni; erano applicabili le sanzioni  nei confronti  del contribuente  in quanto, pur avendo  l’art. 7, legge n. 326/2003, previsto l’esclusiva  responsabilità  della persona giuridica, sussisteva comunque una responsabilità solidale del soggetto che aveva tratto beneficio dalla  violazione, cioè, nel caso di specie, del contribuente che aveva agito quale legale rappresentante della società I. s.r.l. da ritenersi fittizia, in quanto priva di effettiva consistenza, di beni strumentali, di una  sede effettiva e con crediti e costi fittizi.

G.R. ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a un unico motivo di censura,  illustrato  con successiva memoria.

L’Agenzia delle entrate ha depositato un atto, denominato “di costituzione”, con il quale ha dichiarato di costituirsi ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Questa Corte, con ordinanza del 16 dicembre 2020, ha disposto la trattazione della causa alla pubblica udienza.

Il contribuente ha depositato ulteriore memoria. 

Ragioni della decisione 

Preliminarmente, va esaminata la questione del giudicato riflesso prospettata dal ricorrente con la memoria.

In particolare, il ricorrente ha esposto che, sulla base del medesimo avviso di accertamento, l’amministrazione finanziaria aveva notificato un atto di contestazione delle sanzioni anche a Giovanni Calabria, in qualità di amministratore di fatto della società I. s.r.l. ed ha evidenziato che questa Corte, con sentenza n. 4775/2016, ha annullato l’atto di contestazione delle sanzioni nei confronti del medesimo, sicchè, proprio in ragione della suddetta pronuncia, deduce l’efficacia riflessa di essa nel presente giudizio, in quanto ha ad oggetto la medesima contestazione prospettata nei confronti del soggetto obbligato in solido al pagamento della medesima sanzione.

L’eccezione di giudicato esterno e la sua applicabilità riflessa nel presente giudizio non può trovare accoglimento.

Va precisato, in generale, che l’efficacia riflessa del giudicato esterno è ravvisabile in quei soli casi in cui tra la situazione giuridica oggetto del giudicato e quella facente capo al terzo estraneo al giudizio venga a configurarsi una relazione di “pregiudizialità-dipendenza in senso giuridico” (e non in senso soltanto logico), ipotesi che si verifica nel caso in cui tutti od anche alcuni dei fatti costitutivi della fattispecie relativi al rapporto pregiudiziale-condizionante vengano ad integrare gli elementi della fattispecie del rapporto pregiudicato-condizionato. Invero, sebbene, in linea generale, debba dirsi che l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, secondo quanto previsto dall’art.2909, cod. civ.,  e  che, dunque, l’accertamento contenuto nella sentenza  non estende i suoi effetti e non è vincolante  rispetto ai terzi, tuttavia, determinate condizioni, il giudicato, quale affermazione obiettiva di verità, può spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale.

Si tratta quindi di definire i limiti entro i quali tale estensione degli effetti del giudicato possa avvenire nei confronti di soggetti che sono rimasti estranei al giudizio divenuto definitivo.

Questa Corte ha, quindi, precisato che l’estensione del giudicato riflesso opera a condizione che i terzi estranei al giudizio siano titolari di “diritti dipendenti o comunque subordinati” al rapporto deciso con efficacia di giudicato (Cass. Sez. U, 12 marzo 2008, n. 6523; Cass. civ., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass. civ., 11 giugno 2019,  n. 15599), mentre tale efficacia riflessa è certamente impedita qualora il terzo sia titolare di un rapporto “autonomo  ed  indipendente” rispetto a quello in ordine al quale il giudicato è intervenuto, non essendo ammissibile nè che egli ne possa ricevere pregiudizio giuridico nè che se ne possa avvalere a fondamento della sua pretesa, salvo che tale facoltà sia espressamente prevista  dalla legge, come nel caso delle obbligazioni solidali,  ai sensi dell’art. 1306, cod. civ. (Cass. civ., 13 gennaio 2011, n. 691; Cass. civ., 2 dicembre 2015, n. 24558; Cass. civ. ,  17 maggio  2017, n. 12252). Più in particolare, le diverse fattispecie, rispetto alle quali può venire in questione una efficacia “riflessa” del giudicato, risultano del tutto disomogenee tra loro, come emerge dalla disamina della casistica giurisprudenziale, in quanto le modalità con cui gli  effetti  del giudicato possono venire a riverberarsi sulla situazione giuridica vantata dal terzo variano a seconda della struttura relazionale di “dipendenza” che caratterizza la situazione giuridica di cui quest’ultimo risulta essere titolare.

Tale situazione giuridica può, infatti, configurarsi come: a) “dipendente” nel  senso  di  “accessoria”  ( es.  obbligazione fidejussoria); b) “dipendente” sul piano del collegamento o del coordinamento negoziale, nel senso di “derivata o subordinata” (es. sublocazione; subappalto, contratti derivati in genere); “dipendente” sul piano del diritto sostanziale, nel senso di “pregiudicata”  (qualora la fattispecie costitutiva del diritto fatto valere includa tra i suoi elementi essenziali una situazione giuridica  che sia stata oggetto della controversia in precedente giudizio “inter alias” passato in giudicato).

Con riferimento al caso di specie, l’applicazione dei suddetti principi induce ad escludere che la sentenza di questa Corte 11 marzo 2016, n. 4775, possa avere effetti di giudicato riflesso nel presente giudizio.

La questione definita in quel giudizio era relativa  alla attribuzione della responsabilità solidale di Calabria Giovanni con la società I. s.r.l. sulla base della ritenuta qualifica dello stesso quale amministratore di fatto della medesima società, essendosi ingerito, secondo l’assunto dell’amministrazione finanziaria, nella gestione funzionale ed operativa della medesima.

Si legge infatti nella suddetta sentenza che il ricorrente di quel giudizio aveva contestato la qualificazione del titolo di responsabilità ad esso attribuito dalla pronuncia di secondo grado quale amministratore di fatto della società e la Corte ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso, precisando, fra l’altro, che il tema dell’amministratore di fatto era stato già esaminato dai primi giudici, sebbene l’avessero ritenuto carente di prova.

Inoltre, nella medesima sentenza si è accolto il sesto  motivo di ricorso in considerazione del fatto che il d.l. n. 269/2003,  art.7, comma 1, pone in via esclusiva a carico di società o enti con personalità giuridica le sanzioni relative al rapporto fiscale, sicchè “non è più applicabile la responsabilità solidale a carico dell’amministratore (anche di fatto secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale formatosi nel vigore della precedente disciplina) prevista dall’art. 11 di detto decreto”.

La vicenda in esame, invece, è del tutto autonoma rispetto  al suddetto accertamento di fatto e su di esso non vi è più contestazione, posto che la questione prospettata dinanzi al giudice del gravame ha avuto ad oggetto  solo le sanzioni,  determinandosi un giudicato interno in ordine ai fatti costitutivi della pretesa.

Sotto tale profilo, la presente controversia ha riguardo  alla  diversa ed autonoma questione della alla attribuzione della responsabilità del ricorrente in quanto la società era una mera cartiera, sicchè si è irrogata allo stesso la sanzione sul presupposto che questi avesse agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente  con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio.

Risulta quindi evidente  la diversità  dei fatti costitutivi della pretesa nei confronti di Calabria Giovanni, sui quali questa Corte si è già pronunciata con la sentenza citata, e quella oggetto del presente giudizio, in particolare la assoluta autonomia di questo giudizio rispetto a quello già definito.

Con riferimento, quindi al motivo di ricorso, con lo stesso  si censura la sentenza ai sensi dell’art.  360, comma  primo, n. 3),  cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 7, decreto-legge n.

269/2003, convertito con modificazioni, dalla legge n. 326/2003, per avere ritenuta la responsabilità del ricorrente, quale legale rappresentante della I. s.r.l., per le sanzioni conseguenti alle violazioni tributarie, non avendo considerato che, per effetto delle sopra citate previsioni normative, le sanzioni amministrative sono irrogabili solo nei confronti delle società e non anche, quindi, nei confronti dei legali rappresentanti delle medesime società.

Il motivo è infondato.

Va precisato che, in materia  di  sanzioni  amministrative tributarie vige il principio della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, secondo cui “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione”, ma, in deroga a tale principio, nonchè in deroga all’art. 11 del D.Lgs. n. 472 del 1997 (che prevede la responsabilità solidale delle società nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione), l’art. 7, comma 1, decreto­ legge n.  269/2003, convertito  dalla legge n.  326/2003, ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie.

Tuttavia, questa Corte ha precisato che l’applicazione della norma eccezionale introdotta dal citato art. 7 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poichè solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore. Qualora, invece, risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando  l’ente con personalità  giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass. civ., 19 maggio 2019, n. 12334; Cass. civ., 10 novembre  2020,  n. 25135).

Con riferimento alla fattispecie, il giudice del gravame ha accertato che il ricorrente era «legale rappresentante di una società {la I.), che non aveva una effettiva consistenza, non disponendo di beni strumentali, di una sede effettiva e con crediti e costi fittizi>>.

In sostanza, la irrogazione nei confronti del ricorrente delle sanzioni conseguenti alla violazione delle norme tributarie è conseguita all’accertamento in fatto della mera parvenza dello schermo della società in nome della quale il ricorrente ha operato, in particolare della natura fittizia della suddetta società, con la conseguenza che, correttamente, il giudice del gravame ha ritenuto legittima la contestazione della sanzione.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nulla sulle spese attesa la mancata costituzione della intimata.

Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma  1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma  1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.