CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 25137
Accertamento – Fatture per operazioni inesistenti – Rettifica imponibili dichiarati – Scadenza ordinaria dei termini
Rilevato che
1. L’Agenzia delle entrate in data 05/072012 notificava un avviso di accertamento alla B.S. s.r.l. con cui, rilevata l’utilizzazione da parte della predetta società di fatture per operazioni inesistenti, rettificava gli imponibili dichiarati dalla medesima con riferimento all’anno di imposta 2006.
1.1. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’atto impositivo veniva accolto dalla CTP della Spezia con sentenza confermata dalla CTR della Liguria che, con la statuizione in epigrafe indicata, riteneva inapplicabile il raddoppio dei termini di accertamento in quanto la notitia criminis era stata presentata dopo la scadenza ordinaria di quei termini.
2. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replicano gli intimati.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod.proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che
1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti della B.S. s.r.l. in quanto società cancellata dal registro delle imprese in data 23/12/2013, ovvero «nelle more del giudizio di appello», come affermato dalla stessa ricorrente (pag. 2 del ricorso).
2. Con il motivo di ricorso, con cui viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma 3,d.P.R. n. 600 del 1973, 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 e 1, comma 132, della legge 208 del 2015, per avere i giudici d’appello ritenuto necessario, ai fini dell’applicabilità dell’istituto del raddoppio dei termini di accertamento, la presentazione della denuncia di reato entro il termine di decadenza per l’accertamento, è fondato e va accolto.
3. Deve ribadirsi l’insegnamento di questa Corte secondo cui «In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 deld.P.R.n. 600 del 1973 per l’IRPRF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza», come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, «senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati» (Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass. n. 26037 del 2016).
3.1. Nelle citate pronunce la Corte ha avuto cura di precisare:
a) che «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza», applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice;
b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «ne l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m, ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)» (Cass. n. 16728/16, cit.);
c) che su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento (legge n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonché d.lgs. n. 128 del 2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativa a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati – come nel caso in esame, in cui l’atto impositivo risulta notificato in data 07/03/2012 — si applica la disciplina dettata dall’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 (che non è stato modificato dalla successiva legge n. 208 del 2015), che fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto.
3.2. Pertanto, con riferimento ad avvisi di accertamenti emessi e notificati nell’anno 2012, come nella fattispecie, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di reato, così come è del tutto irrilevante l’omissione della stessa comunicazione perché quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza, sussistente nella fattispecie in esame, che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti.
3.3. Pare opportuno precisare che proprio per tale ragione il raddoppio dei termini di accertamento non opera con riferimento all’IRAP posto che, «non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 20435/2017; n. 4775/2016, n. 26311 del 2017, n. 23629 del 2017, n. 4758 e n. 14440 del 2018).
4. Da quanto detto consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti della cessata B.S. s.r.l. e va accolto nei confronti dei soci intimati (P.P.B. e S.I.T. s.r.l.), con conseguente cassazione della sentenza d’appello e rinvio alla competente CTR, limitatamente alla posizione dei predetti soci, per nuovo esame delle questioni di merito rimaste assorbite e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti della B.S. s.r.l., lo accoglie nei confronti delle altre parti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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