CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 aprile 2018, n. 8953
Indennità di accompagnamento – Corresponsione dei ratei – Revoca del beneficio – Parte deceduta – Principio della ultrattività del mandato di difesa – Processo di cognizione consente – Ricorso in appello valido
Rilevato
che la Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 6.10.2011, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, ha dichiarato il diritto di M.T.M. all’indennità di accompagnamento con decorrenza dall’1.7.2007, con conseguente condanna dell’INPS alla corresponsione dei ratei, rilevando che – a fronte delle valutazioni peritali svolte in primo grado – il diritto alla provvidenza economica andava riconosciuto sin dalla data delle revoca del beneficio;
che avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’INPS prospettando un motivo di ricorso;
che gli eredi di M.T.M., ai quali il ricorso è stato notificato, son rimasti intimati;
Considerato
che con un unico motivo l’INPS denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1722, n. 4, cod.civ. e 75, 83, 84, 110, 300 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ.) rilevando che l’atto di appello è stato depositato presso il giudice del gravame da parte del procuratore di M.T.M. in data 2.7.2009 nonostante il decesso della parte assistita (intervenuto il 31.1.2009), con conseguente nullità del ricorso in appello;
che le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 15295 del 4 luglio 2014, hanno affermato che “in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione.
Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.
che, dal principio di diritto, le Sezioni Unite hanno fatto derivare la legittimazione del procuratore, originariamente munito di procura alle liti valida anche per gli ulteriori gradi del processo, a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace;
che il richiamato principio della ultrattività del mandato di difesa nell’ambito del processo di cognizione consente, nel caso di specie, di ritenere valido il ricorso in appello proposto in favore della parte deceduta, non essendo, inoltre, stato riprodotto il testo della procura e dovendosi ritenere insussistenti limiti alla validità (nel grado di appello) della procura stessa a fronte dell’accoglimento del ricorso da parte della Corte di appello;
che nulla si dispone in ordine alle spese del giudizio di legittimità in assenza della parte;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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