CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 dicembre 2021, n. 40015
Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Determinazione – Interessi attivi – Rilevanza – Principio di competenza
Rilevato che
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, veniva rigettato l’appello principale proposto dalla società A.B. S.r.l. e l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Varese n. 176/7/10 con cui era stato parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento IRPEG, IVA, IRAP e sanzioni per l’anno di imposta 2002.
2. In particolare, le riprese erano dovute a mancata dichiarazione di interessi attivi, indebita detrazione di costi, indebita detrazione IVA relative ai costi, indebita detrazione di costi non assoggettati ad IRAP. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso della contribuente in relazione al costo per compenso degli amministratori, rigettando il ricorso nel resto, decisione confermata dalla CTR.
3. Il giudice d’appello confermava integralmente tale decisione e, avverso la sentenza, propone ricorso per Cassazione la contribuente per 10 motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo; la contribuente deposita controricorso e, da ultimo, memoria illustrativa.
Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso – in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. – relativo alla mancata dichiarazione degli interessi attivi, la società prospetta l’omessa, apodittica e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nelle due deliberazioni assembleari con le quali la ricorrente e L. s.r.l. hanno deciso la costituzione in favore della seconda di un deposito cauzionale infruttifero di Euro 200.000.000, a garanzia de «la serietà dell’impegno della A.B., la quale richiedeva alla L. la ristrutturazione e l’acquisto di uffici che la stessa A.B., di lì a poco avrebbe preso in locazione».
La ricorrente assume che, dal momento che soggetti interessati erano due società di capitali, tra loro collegate, ma distinte, dal collegamento societario si farebbe derivare la necessità di forma scritta di un contratto di deposito cauzionale ed una qualificazione in termini di finanziamento fruttifero; tra la premessa e le conseguenze non correrebbe inoltre alcun nesso logico, non potendo rilevare la pretesa antieconomicità dell’operazione, che avrebbe privato la ricorrente di liquidità consistente, e che la CTR disconoscerebbe così in modo apodittico prove documentali attestanti la natura infruttifera del deposito cauzionale, deliberato dall’assemblea; oltretutto il fatto che la L. ha restituito alla A.B. la somma ricevuta a titolo di deposito alla scadenza del deposito deve considerarsi incontestata ai fini dell’art. 115 cod. proc. civ..
5. Il motivo è inammissibile e infondato. In primo luogo la motivazione non è omessa ed è adeguatamente esposta, sia alle pagg.2 e 3 della sentenza impugnata quanto all’esposizione del fatto e delle difese delle parti, sia a pag. 5 quanto alla parte motiva. Inoltre, l’argomentazione strettamente motiva è chiara, ed è incentrata sulla ritenuta antieconomicità dell’operazione contestata, come d’altro canto riconosciuto anche nel motivo di ricorso in disamina. Tale statuizione è logica e non apodittica o contraddittoria, in quanto nella prospettazione di parte contribuente la società si è privata di rilevante liquidità sin dal 1996 e il denaro è bene naturalmente fruttifero (art. 820 comma 3 cod. civ.), e la contribuente è società di capitali svolgente attività di impresa diretta a perseguire un utile.
6. Con il secondo motivo (indicato con la numerazione 1.2 in ricorso) la società – ai fini dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. – deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 2 e dell’art 56, comma 3 T.U.I.R., nella versione in vigore ratione temporis, secondo cui, in mancanza di prova contraria, gli interessi delle somme date a mutuo si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo d’imposta, e nella misura determinata in base al saggio legale, concorrono a formare il reddito per l’ammontare maturato nell’esercizio e, se la misura non è determinata per iscritto, si computano al saggio legale.
Al contrario, la CTR ha, contro le risultanze dei verbali di assemblea e con motivazione ritenuta dalla società contraddittoria e illogica, non solo qualificato il versamento eseguito dalla ricorrente a beneficio di L. srl alla stregua di un mutuo oneroso, ma anche confermato la ripresa degli interessi maturati nei sei anni di durata del rapporto, quantificati nell’atto impositivo in Euro 29.936,00, violando il principio di competenza in quanto la ripresa riguarda un unico anno di imposta, il 2002.
7. Il motivo è fondato, nei limiti che seguono. Fermo restando quando già sopra visto in relazione al precedente motivo in punto di qualificazione del contratto in termini di mutuo naturalmente oneroso nella misura legale, la regola della competenza per l’individuazione dell’esercizio a cui imputare i componenti del reddito è fissata in via generale dall’art. 75 TUIR e rappresenta criterio “oggettivo ed inderogabile” (Cass. div., Sez. 5, 01.6.2012, n.8821) e l’accertamento impugnato è relativo al periodo di imposta 2002; orbene, poiché la somma recuperata ad imposizione era di Euro 29.936,00, la ripresa poteva riguardare unicamente la frazione annua riferibile al periodo d’imposta secondo competenza e non l’intero importo, proprio sulla base del disconoscimento in fatto dell’esistenza di un deposito pluriennale infruttifero con riferimento al trasferimento della somma di Euro 103.704,55 in capo alla società collegata e la qualificazione in termini di mutuo oneroso, sulla base della sussunzione della fattispecie nelle pertinenti previsioni dell’art 42, comma 2 e dell’art 56, comma 3 T.U.I.R..
8. Con il terzo motivo (indicato con la numerazione 2.1 a pag. 16 del ricorso) si prospetta – ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. – circa la ripresa per spese di sponsorizzazione per Euro 85.000,00, la violazione e falsa applicazione degli artt. 75 comma 1, T.U.I.R., nella formulazione in vigore ratione temporis, 1350 e 1325 cod. civ. per aver la CTR erroneamente disconosciuto la deducibilità dell’esborso per difetto del requisito della certezza, pur non necessitando il contratto di sponsorizzazione alcuna forma scritta in quanto non è contratto contemplato dall’art. 1350 cod. civ. e presentando tutti requisiti di esistenza prescritti dall’art. 1325 cod. civ., desumibili dalla proposta contrattuale accettata, inclusa la causa lecita. Con il quarto motivo di ricorso (indicato con la numerazione 2.2 a pag. 19 dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità) – ex art. 360 comma 1 nn. 4 e 5 cod. proc. civ. – si lamenta l’illogicità, contraddittorietà e omissione della motivazione circa fatto controverso e rilevante per la decisione in relazione alla natura di Team di competizione del TEAM G., per aver la CTR affermato, in prima battuta «che per i contratti di sponsorizzazione non è richiesta forma scritta» per poi successivamente asserire l’«essere utile e necessaria la forma scritta», ai fini dell’inerenza del costo. La motivazione prescinderebbe inoltre dalla considerazione che agli atti è stato prodotto un documento scritto – la proposta del Team G., sottoscritta per accettazione dalla A.B. srl – che costituirebbe prova valida ed efficace dell’esistenza del rapporto di sponsorizzazione, e la CTR sembra negare la natura di Team di Competizione in capo alla G. dimostrato dalla documentazione agli atti del processo (elenco delle gare di Formula 3000).
9. I motivi, connessi in quanto relativi all’interpretazione contrattuale compiuta dal giudice del merito, sono inammissibili. L’attività di qualificazione giuridica del contratto, finalizzata ad individuare la disciplina applicabile alla fattispecie attraverso il metodo della sussunzione, è suscettibile di verifica in sede di legittimità per ciò che attiene alla descrizione del modello tipico di riferimento e alla rilevanza qualificante attribuita agli elementi di fatto accertati e alle implicazioni effettuali conseguenti (Cass. Sez. 3, Sentenza n.15603 del 4/6/2021). Orbene, nel caso in esame si è in presenza di un preciso accertamento in fatto della CTR svolto alle pagg.6 e 7 della sentenza, la quale ha ritenuto che il contratto stipulato dalla ricorrente con il Team G. non risponda ai requisiti del contratto di sponsorizzazione. Il giudice d’appello ha accertato che non essendo stati pattuiti elementi essenziali e comunque necessari per la qualificazione del contratto nei termini proposti quali: l’indicazione delle parti che sottoscrivono l’accordo, la descrizione particolareggiata del segno distintivo da diffondere, l’elencazione degli obblighi pubblicitari che gravano sullo sponsorizzato, il corrispettivo economico, le modalità di pagamento, la durata del contratto, la possibilità di rinnovo, il Foro competente in caso di controversie, l’eventuale arbitrato in caso di controversie. La ricorrente non impugna specificamente tale accertamento di fatto in modo utile, introducendo fatti decisivi e contrari all’accertamento del giudice del merito, da questi non debitamente valutati.
10. Con il quinto motivo (indicato come 2.3 a pag.22 del ricorso) – ex art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 75 comma 5 T.U.I.R., nella formulazione in vigore ratione temporís, e 1322 cod. civ., per aver la CTR disconosciuto la deducibilità dell’esborso di Euro 85.000,00 negandone l’inerenza per carenza di un rapporto di funzionalità della spesa rispetto alla conduzione dell’attività d’impresa.
11. Il motivo è infondato. Premesso che in tema di IVA, il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo. (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 18904 del 17/07/2018, Rv. 649772 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 13571 del 19/05/2021, Rv. 661309 – 02), la CTR ha compiuto un preciso accertamento in fatto escludendo l’inerenza dei costi in discorso per assenza di funzionalità rispetto all’attività di impresa, e la società si limita a contrapporre a tale conclusione la propria, difforme, chiedendo una rivalutazione del fatto concreto preclusa al giudice di legittimità.
12. Con il sesto motivo (indicato come 3.1 a pag.27 del ricorso) – ai fini dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. – circa il mancato riconoscimento della deduzione dell’adeguamento dei minimi garantiti per Euro 28.829,00 si prospetta l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per la decisione del ricorso, consistente nella pattuizione con gli agenti O. e D. di un corrispettivo minimo garantito, pertanto dovuto dalla ricorrente indipendentemente dal volume di vendite procurate, nella parte in cui la CTR afferma apoditticamente: «La ripresa è legittima. Rileva questa commissione come la circostanza che la società non sia stata in grado di esibire gli estratti conto relativi alle provvigioni corrisposte ai suoi due agenti evidenzi l’approssimazione della regolarità della contabilità della società.
Rientra, indubbiamente, nella discrezionalità della società di corrispondere provvigioni oltre il limite minimo garantito, liquidate non su affari andati a buon fine. Ma allora deve essere non può effettuare alcuna eccezione se dette provvigioni pagate senza alcun supporto economico vengano assoggettate a tassazione poiché non inerenti ai ricavi».
13. Il motivo è inammissibile in quanto, al di là dei refusi linguistici, la ratio che esprime è chiara e non apodittica: secondo il giudice d’appello non sono stati provati i pagamenti corrispondenti ai costi esposti e dunque la loro esistenza. La società in linea di principio può liberamente sostenere costi per provvigioni in dipendenza da contratto di agenzia nella misura ritenuta opportuna, ma, in concreto, non ha offerto prova di aver sostenuto un effettivo esborso corrispondente ai costi. L’accertamento della CTR non utilmente impugnato con il motivo attraverso la dimostrazione del fatto contrario e decisivo.
14. Con il settimo motivo (numerato quarto in ricorso), relativo agli affitti passivi per Euro 19.912,00 – ex art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. – viene censurata l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per la decisione del ricorso, consistente nella pattuizione dell’aggiornamento ISTAT dei canoni convenuti con L. s.r.l. nei due contratti relativi agli immobili di Vanzaghello e di Busto Arsizio, essendo illogica la decisione del giudice d’appello secondo cui l’adeguamento del canone agli indici richiederebbe un’ulteriore registrazione dei contratti.
15. Il motivo è fondato. In generale, l’adeguamento monetario del contratto di locazione pattuito nel contratto ha la funzione di mantenere costante il valore reale della prestazione del conduttore, senza comportare aumenti di valore (Cass. Sez. 3, Sentenza n.910 del 3/2/1999; conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza n.3372 del 5/6/1984). In ricorso a pag.34 viene anche riprodotta la clausola contrattuale per compiuta autosufficienza, e non è corretta l’affermazione compiuta dalla CTR secondo la quale l’adeguamento all’ISTAT dei canoni di affitto degli immobili contrattualmente stabilito avrebbe avuto valore solo in conseguenza del rinnovo della registrazione del contratto, mentre, quanto alla misura del calcolo è la stessa clausola a specificare che l’adeguamento avviene «nella misura del 75% della variazione accertata dall’ISTAT», e la CTR non motiva sul perché non sarebbe rilevante siffatto elemento di fatto, incorrendo con ciò nel vizio motivazionale censurato.
16. Con l’ottavo motivo (numerato quinto in ricorso), relativo alle spese di pulizia, amministrative, di rappresentanza, per vitto e alloggio, per carburanti e lubrificanti – ex art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. – viene prospettata l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per la decisione del ricorso, consistente per le spese di pulizia nella ricevuta di pagamento con imputazione prodotta dalla ricorrente come doc. all. 1/A al p.v.c.; per le spese amministrative nelle dichiarazioni T.C. SERVICE S.a.s. prodotte come doc. all. 2/D al p.v.c.; per le spese di vitto e di rappresentanza nelle ricevute dei ristoranti; per le spese di sponsorizzazione non viene fornita indicazione in quanto non è dato sapere quale fosse l’oggetto della ripresa; per le spese di carburante nelle schede carburante.
17. La censura è inammissibile. Il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste ogni qual volta nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile un’obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata (cfr. ex plurimis, Cass. 17076/07; 6064/08), mentre nel caso di specie la decisione impugnata ha fornito un’argomentazione logica che supporta una ratio decidendi identificabile e complessivamente sfavorevole alla contribuente espressa alle pagg.8 e 9 della sentenza impugnata per assenza di prova documentale a sostegno di ciascuna posta di costi oggetto del motivo e con la censura il ricorrente chiede una rivalutazione del materiale probatorio preclusa al giudice di legittimità.
18. Con il nono motivo (numerato sesto in ricorso), relativo all’indebita detrazione IVA su fatture di acquisto non deducibile – ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ. – viene denunciata la nullità della sentenza per omessa pronuncia, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., sulla domanda di annullamento dell’accertamento in relazione alla ripresa avente ad oggetto la ripresa per indebita detrazione IVA sugli acquisti, con riferimento all’art.19 bis del d.P.R. n.633 del 1972, questione riproposta in appello.
Con il decimo motivo (numerato settimo in ricorso), sulla legittima detrazione e deduzione di costi assoggettati ad IRAP – ex art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ. – viene denunciata la nullità della sentenza per omessa pronuncia, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., in merito alla domanda suddetta.
19. I motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza in quanto non è indicato specificamente dove e quando le questioni sarebbero state riproposte nel grado di gravame e così poste tempestivamente all’attenzione del giudice d’appello, non essendo sufficiente la generica indicazione di “riproposizione in appello”, risultando le censure non decisive.
20. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate – agli effetti dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. – deduce la violazione dell’art.62 T.U.I.R. e dell’art. 2697 cod. civ. nella parte in cui la decisione della CTR ha confermato la sentenza di primo grado anche nella parte in cui ha caducato la ripresa in relazione al costo per compensi degli amministratori ritenendo insindacabile la congruità degli emolumenti e non assolto l’onere a carico dell’Ufficio di dimostrare la fittizietà della prestazione corrispondente.
21. Il motivo è affetto da profili di inammissibilità – eccepiti dalla società – e di infondatezza. In tema di determinazione dei redditi d’impresa, rientra nei poteri dell’amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, ancorché non risultino irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa con eventuale negazione della deducibilità di parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, ma tale sindacato non può spingersi sino alla verifica oggettiva circa la necessità, o quantomeno circa l’opportunità (sia pure secondo una valutazione condotta con riguardo all’epoca della stipula del contratto) di tali costi rispetto all’oggetto dell’attività, che rientrano nelle valutazioni di strategia commerciale riservate all’imprenditore (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 21405 del 15/09/2017, Rv. 645617 – 01; Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 24379 del 30/11/2016).
22. L’Agenzia contrappone all’accertamento della CTR, secondo cui non è stata fornita la dimostrazione della fittizietà della prestazione mentre la verifica oggettiva della necessità o opportunità del costo per compenso amministratore non è sindacabile, la propria prospettazione fondata sull’irrisoria redditività della società e del fatto che il vicepresidente non risulta percepire compenso alcuno, fatto che ha portato l’Amministrazione a riconoscere il costo esposto solo nella misura del 50%. In tali termini viene chiesta un’indebita revisione dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito in entrambi i gradi di giudizio, in modo conforme, senza l’individuazione di fatti decisivi e contrari non valutati dalla CTR.
23. In conclusione, accolto il secondo motivo (indicato come 1.2 in ricorso) nei limiti di cui in motivazione e il settimo motivo (indicato come 4 in ricorso), disattesi i restanti, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo (indicato come 1.2 in ricorso) nei limiti di cui in motivazione e il settimo motivo (indicato come 4 in ricorso), disattesi i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili accolto e per la liquidazione delle spese di lite.
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