CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2022, n. 8554
Rapporto di lavoro pubblico – Abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato – Danno eurounitario – Successiva stabilizzazione – Nesso di causa-effetto effetto estintivo del credito risarcitorio
Ritenuto che
1. la Corte d’Appello di Campobasso ha confermato la sentenza del Tribunale di Isernia con la quale l’Azienda Sanitaria Regionale del Molise (di seguito, A.) era stata condannata al risarcimento del danno in favore di V.P., nella misura di 9 mensilità di retribuzione globale di fatto, in ragione del susseguirsi tra le parti di una pluralità di rapporti di lavoro a termine, di cui era ritenuta l’illegittima reiterazione;
2. la Corte territoriale, richiamando le argomentazioni dell’appellata, riteneva che la pendenza di una procedura di stabilizzazione non escludesse il diritto rivendicato, trattandosi soltanto di un tentativo di rimediare alle illegittimità determinatesi;
3. A. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, resistiti da controricorso della P.;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
5. A. ha depositato memoria;
Considerato che
1. il primo motivo di ricorso adduce violazione dell’art. 100 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) sostenendo che, essendo al momento della decisione ancora in corso la procedura di stabilizzazione, la ricorrente era priva di interesse ad agire, che sarebbe sorto solo in caso di eventuale mancata assunzione a tempo indeterminato;
2. il secondo motivo censura la sentenza impugnata, di cui assume da un primo punto di vista la nullità (art. 360 n. 4 c.p.c.) per omessa pronuncia sul quarto motivo di appello con il quale si segnalava l’inesistenza e comunque l’inattualità del danno, stante la procedura di stabilizzazione in essere e, da altro punto di vista, l’illegittimità per violazione e/o falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 36, co. 5, d. Igs. 165/2001, dell’art. 1223 c.c. e della clausola 5 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, essendosi trascurate le decisioni di questa S.C. secondo cui l’avviamento a stabilizzazione del lavoratore precario sarebbe idoneo a cancellare il c.d. danno eurounitario;
3. con il terzo motivo analoga nullità processuale (art. 360 n. 4 c.p.c.) viene sollevata rispetto all’eccezione di compensano lucri cum damno, la cui reiezione si sostiene fosse stata solo apparentemente motivata, aggiungendosi censura, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. di violazione dell’art. 1223 c.c., dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 420 co. 5 c.p.c. e di omesso esame di fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.), per non essersi detratti dalla pretesa creditoria i vantaggi economici assicurati alla lavoratrice e consistenti nell’accesso alla procedura di stabilizzazione e dai contestuali compensi percepiti nel corso dei rapporti a termine intercorsi;
4. i motivi, essendo tra loro strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente;
5. è in sé oramai incontestato, anche per la mancanza di impugnazione sul punto, il verificarsi di una fattispecie di illegittima reiterazione di contratti a tempo indeterminato con la Pubblica Amministrazione;
6. in fatto, dalla sentenza impugnata e dalle successive difese di A. risulta che la P., seppure già coinvolta da procedure di stabilizzazione al momento della pronuncia di secondo grado (avvenuta il 31.5.2019, con pubblicazione della motivazione il 21.9.2019), sia stata effettivamente stabilizzata soltanto successivamente con contratto del 24.6.2020 avente effetto dal 1.7.2020;
7. ciò posto, costituisce dato acquisito alla giurisprudenza di questa Corte, quello per cui il verificarsi della fattispecie della abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato, sia fonte di danno risarcibile in applicazione dei criteri di cui all’art. 32, co. 5, L. 183/2010 ora art. 28, co. 2, d. Igs. 81/2015, salva la prova da parte del lavoratore di maggiori pregiudizi e ciò sul presupposto che la precarizzazione sia in sé fatto pregiudizievole, lesivo della dignità del lavoratore (Cass. 10999/2020), cui deve seguire di diritto il ristoro, per ragioni di effettività della tutela imposte dal risalire della fattispecie ad una violazione di principi eurounitari (Cass., S.U., 5072/2016);
8. questa S.C., dapprima nell’ambito del diritto scolastico, ha ritenuto, anche in esito a Corte Cost. 187/2016, che «devono essere qualificate misure proporzionate, effettive, sufficientemente energiche ed idonee a sanzionare debitamente l’abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’UE, la stabilizzazione prevista nella l. n. 107 del 2015 per il personale docente, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo l’art. 1, comma 109, della l. n. 107 del 2015, nonché l’immissione in ruolo acquisita da docenti e personale ATA attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali» (Cass. 22552/2016);
9. il principio è stato poi esteso alle stabilizzazioni attuate al di fuori del sistema scolastico (Cass. 16336/2017), per quanto limitatamente ai casi di effettiva stabilizzazione;
10. infine esso è stato ulteriormente affinato, nel senso che la stabilizzazione per avere effetto estintivo del credito risarcitorio deve porsi in nesso di causa-effetto rispetto alla pregressa contrattazione a termine (Cass. 15353/2020), «non essendo sufficiente che l’assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine» e non possedendo «tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che in caso di concorsi riservati l’abuso opera come mero antecedente remoto dell’assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice “chance” di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria» (Cass. 14815/2021);
11. in definitiva, al di là del diritto scolastico e delle vicende transitorie di cui alla legge c.d. sulla “buona scuola” cui si riferiva la massima sopra richiamata, la stabilizzazione è da ritenersi, secondo la giurisprudenza successiva, idonea ad impedire la condanna al risarcimento del danno c.d. eurounitario, solo a condizione che essa sia effettiva e non solo potenziale e ricorrano altresì i rigorosi requisiti di consequenzialità causale rispetto al lavoro precario precedentemente svolto;
12. su tali presupposti giuridici, è evidente che non si possa affermare la originaria carenza di interesse ad agire del lavoratore danneggiato, per il solo fatto che fossero possibili o pendessero procedure di stabilizzazione non ancora definite favorevolmente nei suoi riguardi;
13. la descritta fattispecie del risarcimento del danno c.d. eurounitario dipende infatti dal verificarsi della reiterazione abusiva di contratti a termine e ciò è sufficiente ad integrare non solo l’interesse ad agire, ma anche il diritto al risarcimento da liquidarsi nelle menzionate misure;
14. è dunque in ogni caso infondato l’assunto in ordine ad un’assenza di danno prima ancora che vi sia stata stabilizzazione, perché il danno c.d. eurounitario è riconnesso da Cass. S.U. 5072/2016 al solo fatto della reiterazione abusiva dei contratti a termine;
15. per quanto il sopravvenire della (effettiva e casualmente consequenziale) stabilizzazione sia stato inteso dalla giurisprudenza di questa S.C. come fatto destinato ad avere rilievo rispetto all’azione risarcitoria, la questione su una compensatio lucri cum damno o sull’estinzione del diritto risarcitorio, quali effetti di una stabilizzazione che si assume essere sopravvenuta al giudizio di appello è comunque mal posta;
16. infatti, al di là di ogni altro possibile rilievo, tali profili sopravvenuti, sostanzialmente introdotti con la memoria finale (in quanto nel ricorso per cassazione si faceva riferimento solo ad una possibilità in tal senso per effetto dell’art. 20, co. 1, d. Igs. 75/2017), non possono essere affrontati in questa sede, perché il relativo tema è insufficientemente dedotto nella menzionata memoria, facendosi riferimento ad un contratto che non è in atti e che, non essendo conoscibile, impedisce qualsivoglia valutazione, sicché tale profilo non può aversi comunque per ammissibilmente introdotto nel presente giudizio di legittimità;
17. il ricorso va in definitiva disatteso e le spese del giudizio di legittimità vanno regolate secondo soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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