CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 ottobre 2020, n. 22469
Tributi – IRAP – Società di trasporto pubblico in ambito regionale – Deduzione forfetaria per ciascun lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato – Applicabilità – Condizioni
Rilevato che
Con sentenza n. 2205/2016, depositata il 13 aprile 2016, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della T. S.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva invece accolto, previa riunione, i ricorsi della società avverso il silenzio – rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso per IRAP ritenuta dalla contribuente versata in eccesso per l’anno d’imposta 2008 e sul diniego espresso intervenuto da parte della Direzione regionale delle Entrate della Lombardia, in pendenza della prima impugnazione.
La richiesta della contribuente, esercente attività di trasporto pubblico in ambito regionale, era basata sul diritto, affermato dalla medesima come sussistente, all’applicazione, nella determinazione della base imponibile IRAP, delle deduzioni introdotte dall’art. 1, comma 266, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che aveva modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del d. lgs. n. 446/1997, per effetto del quale sono ammessi in deduzione, ai fini della determinazione della suddetta base imponibile, per i soggetti indicati all’art. 3, primo comma, lettere da a) ad e) dello stesso decreto, escluse le imprese operanti in concessione ed a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti, un importo forfettario su base annua per ciascun lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta (n. 2 della norma citata) ed i contributi previdenziali ed assistenziali versati dal contribuente in relazione ai dipendenti a tempo indeterminato (n. 4 della norma medesima).
La CTR negò detto diritto, ritenendo sussistenti le condizioni di esclusione previste dalla citata norma.
Avverso la sentenza della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4 del d. lgs. n. 446/1997, nonché degli artt. 18 e 19 del d. lgs. n. 422/1997, in materia di organizzazione del trasporto pubblico locale, oltre che degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe privilegiato l’interpretazione della norma secondo documenti di prassi che non vincolano il giudice, soprattutto in contrasto con le regole di ermeneutica contrattuale, che, riguardo alla comune intenzione delle parti e nel quadro dell’interpretazione sistematica delle clausole negoziali, avrebbero dovuto condurre il giudice tributario d’appello a ritenere sussistente un contratto di servizio, secondo il disposto degli artt. 18 e 19 del citato d. lgs. n. 422/1997 e non una concessione di pubblico servizio.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza in ragione del travisamento delle risultanze istruttorie da parte del giudice di appello in violazione degli artt. 115, primo comma, e 116 cod. proc. civ., quali norme compatibili con le disposizioni del d. lgs. n. 546/1992, ai sensi dell’art. 1, secondo comma, del decreto medesimo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui la CTR ha ritenuto sussistere il regime a tariffa, al riguardo attribuendo valenza dirimente «all’esame del bilancio di esercizio della società, il cui conto economico registra come voci di ricavi, in via ampiamente prevalente, la vendita di biglietti ferroviari».
3. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati.
3.1. Se può in via di principio condividersi che la natura del rapporto giuridico intercorrente tra le parti possa essere qualificata anche in modo difforme dal nomen iuris dalle stesse attribuito, nondimeno è errata, nella sua assolutezza, la statuizione contenuta nella sentenza impugnata nel senso che «il rapporto di concessione sussista […] tutte le volte che vi sia un affidamento di funzioni di interesse pubblico ad un privato».
Ciò che rileva, infatti, come chiarito in tema di giurisdizione dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU 6 settembre 2013, n. 20567), con riferimento proprio a contratto di servizio di trasporto pubblico, non è che si verta in materia di pubblici servizi, occorrendo pur sempre in primo luogo che la pubblica amministrazione agisca nell’esercizio dei propri poteri autoritativi e che dunque la costituzione del rapporto sia frutto di un potere unilaterale dell’Amministrazione e non già di un accordo.
3.2. Nella fattispecie in esame la ricorrente – censurata in diritto l’erroneità a monte della premessa argomentativa della CTR – ne ha quindi correttamente criticato, sul piano della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., le conclusioni circa la riconduzione al tipo “concessione” del contratto di servizio del 12 maggio 2006 concluso tra Regione Lombardia e F.N.M.T. S.r.l., poi denominata L. S.r.l., quest’ultima infine incorporata dall’attuale ricorrente.
Fermo, peraltro, che di per sé, il mero riferimento alla “concessione” non è sufficiente al fine di ritenere sussistente la causa di esclusione dall’applicazione dell’agevolazione di cui all’art. 11, comma 2, lett. a) del d. d.lgs. n. 446/1997, occorrendo, alla stregua della scambio informativo tra Stato italiano e Commissione UE che, nella norma succitata il termine “concessione” ivi adoperato debba intendersi con riferimento alla concessione traslativa, occorre dar atto che parte ricorrente, in ossequio ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, non si è limitata al mero richiamo alle regole legali d’interpretazione asseritamente violate, avendo la contribuente avuto cura di precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. sez. 1, 13 febbraio 2019, n. 4259; specificamente, in relazione a controversie riguardanti il rimborso IRAP richiesto in virtù della medesima causale da aziende di trasporto locali all’Amministrazione finanziaria, nelle quali viceversa è mancata la relativa censura, cfr. Cass. sez. 5, ord. 3 maggio 2019, n. 11672; Cass. sez. 5, 19 gennaio 2019, n. 1315; Cass. sez. 5, 30 gennaio 2018, n. 2245).
3.3. Orbene, parte ricorrente evidenzia che l’opzione interpretativa cui è pervenuta la CTR nel ricondurre il rapporto tra le parti al tipo “concessione” risulta il frutto di un riferimento meramente letterale a detto termine, che non tiene conto né della collocazione dello stesso nell’ambito delle premesse del contratto, queste ultime volte piuttosto a dar conto del regime pregresso anteriore alla riforma di cui al d. lgs. n. 422/1997, né dell’interpretazione sistematica delle clausole, che, ove fosse stato dato giusto rilievo anche ad altre, quali quelle concernenti la previsione di penali per l’inadempimento delle parti, di un meccanismo di conciliazione e di clausola compromissoria (delle quali parte ricorrente ha specificato il luogo), avrebbe dovuto condurre il giudice di merito a pervenire ad una differente valutazione esegetica del rapporto tra le parti.
4. Ciò – come ulteriormente chiarisce parte ricorrente nell’ambito dell’illustrazione del secondo motivo – anche in relazione alla ritenuta sussistenza della concorrente causa di esclusione del regime a tariffa. Quest’ultimo – da intendersi quale tariffa remuneratoria – è da escludersi, infatti, ogniqualvolta la prestazione, per ciò che qui rileva, del trasporto ferroviario, esiga sul piano sinallagmatico il versamento del corrispettivo convenzionalmente determinato dalle parti (cfr. la già citata Cass. SU n. 20567/2013 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea in materia, tra cui Corte Giustizia 15 ottobre 2009, causa C-196/08), ove si precisa che «la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi»; cfr. anche la sentenza 10 settembre 2009, causa C-206/08, essendosi precisato che un appalto pubblico di servizi ai sensi delle direttive 2004/18 e 2004/17 comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (si veda, in particolare, la sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. 1-8585, punto 39, ben potendo quindi il corrispettivo essere anche inclusivo del ricavo della vendita dei biglietti agli utenti del servizio secondo tariffa approvata dall’ente pubblico).
4.1. Segnatamente sotto questo profilo parte ricorrente lamenta, sub specie del vizio di violazione delle norme processuali indicate in rubrica al paragrafo 2), il travisamento della prova nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che il conto economico del bilancio di esercizio della società per l’anno di riferimento «registra come voce di ricavi, in via ampiamente prevalente la vendita dei biglietti ferroviari», la qual cosa è in effetti da escludersi come da relativo prospetto riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, prospetto dal quale risulta che l’importo di euro 60.019.823 pari ai ricavi per vendita di biglietti, il cui costo è determinato dal sistema tariffario, rappresenta solo il 40,13% del totale dei componenti attivi di reddito.
4.2. Essendo l’informazione probatoria contenuta in sentenza contraddetta dal dato processuale innanzi richiamato, la doglianza è fondata, in considerazione del fatto che la valutazione della prova – se il relativo dato fosse stato considerato per come emergente dal documento in oggetto – avrebbe dovuto portare il giudice a concludere nel senso che detta parte era pur sempre inclusa nell’ambito del corrispettivo determinato in virtù della disciplina convenzionale del rapporto.
5. Il ricorso è pertanto fondato e va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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