CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2022, n. 8779
Attività libero professionale intramuraria – Tariffario – Determinazione unilaterale del datore – Esclusione
Premesso che
1. I ricorrenti in epigrafe, tutti medici alle dipendenze dell’Azienda Ospedaliera C.P. di Mantova, hanno agito in giudizio alfine di ottenere il rimborso delle somme trattenute dal datore di lavoro, con decorrenza 1/1/2005, a titolo di I.R.A.P. sul compenso dell’attività libero-professionale svolta in regime di esclusività (intramoenia).
2. Il Tribunale di Mantova ha accolto le domande, nei limiti della prescrizione quinquennale.
3. Con sentenza n. 520/2014, pubblicata il 17 dicembre 2014, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto fondate le domande fino al 19 dicembre 2007 ma non più – alla luce del mutato quadro legislativo (I. 3 agosto 2007, n. 120) e delle vicende che ne erano seguite nei rapporti fra i medici e l’Azienda Ospedaliera – per il periodo successivo a tale data, a decorrere dalla quale ha, quindi, accertato il diritto dell’Azienda a trattenere l’imposta, pari all’8,5%, dalle somme spettanti agli appellati per l’attività libero-professionale in regime di intramoenia.
3.1. In particolare, la Corte ha osservato a sostegno della propria decisione: – che la l. n. 120/2007, innovando la precedente disciplina che prevedeva una concertazione sindacale, ha stabilito, all’art. 1, comma 4, lett. c), che competa alle aziende ospedaliere determinare un tariffario idoneo ad assicurare l’integrale copertura di tutti í costi correlati direttamente o indirettamente alla gestione dell’attività libero-professionale intramuraria; – che il Contratto integrativo aziendale 10 dicembre 2007, nel fissare i criteri e i principi generali dell’attività libero-professionale intramuraria, aveva previsto che l’Azienda provvedesse, in accordo con i professionisti, alla determinazione di un tariffario idoneo ad assicurare la copertura integrale di tutti i costi direttamente o indirettamente correlati alla gestione della stessa, costi tra i quali certamente rientrava l’I.R.A.P. che già da due anni veniva trattenuta dalle remunerazioni dei medici; – che il successivo 19 dicembre 2007 il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera aveva operato (con delibera n. 1026) la ricognizione delle fonti normative e dei costi aziendali, richiamando espressamente e nuovamente la lettera, con la quale fin dal 2005 veniva trattenuta l’I.R.A.P., al fine di consentire ai singoli medici di predisporre tariffe remunerative anche di tali costi aziendali; – che risultava ampiamente provato e non contestato che le tariffe venivano fissate direttamente dai dirigenti medici con semplice comunicazione all’Azienda, che si limitava a prenderne atto e ad aggiornare conseguentemente le comunicazioni all’utenza; – che doveva, quindi, ritenersi pienamente raggiunta la prova dell’intesa tra Azienda e professionista sulla traslazione dell’imposta.
4. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso i medici con due motivi, cui ha resistito con controricorso l’Azienda Ospedaliera C.P. di Mantova.
5. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Rilevato che
6. Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, c. 4, lett. c) I. 3 agosto 2007, n. 120 e dell’art. 4, c. 2, lett. g) C.C.N.L. 8 giugno 2000 per avere il giudice di appello ritenuto provata l’accettazione implicita da parte dei ricorrenti di quanto stabilito dall’Azienda Ospedaliera a proposito della trattenuta I.R.A.P., senza considerare che il Contratto aziendale 10 dicembre 2007, riportando alla lettera le stesse espressioni dell’art. 1, comma 4, lett. c) l. n. 120/2007, non aveva in alcun modo specificato le singole voci di costo o fatto alcun riferimento agli oneri fiscali eventualmente traslabili sul medico, così da rivelarsi come un documento di natura precettivo-programmatica unicamente volto a porre genericamente i principi dell’attività libero-professionale ìntramuraria e, quindi, tale da richiedere la formazione di altro specifico documento che definisse i termini dell’accordo con i professionisti (come si era verificato con il precedente accordo del 25 giugno 1998, peraltro mai modificato); senza inoltre considerare che la delibera del 19 dicembre 2007, con la quale l’I.R.A.P. era stata inserita tra i costi dell’attività professionale intramuraria, rappresentava una decisione unilaterale del Direttore Generale, in difetto di alcun accordo sia con le organizzazioni sindacali, sia con i medici interessati (che anzi si erano opposti a tale inserimento): decisione palesemente assunta in violazione della normativa in vigore, che prevede il necessario accordo con i professionisti, e altresì in contrasto con il C.C.N.L. di settore, che aveva delegato alla contrattazione integrativa la determinazione dei criteri per l’attribuzione ai medici dei proventi derivanti dall’attività intramuraria.
7. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 1362 cod. civ. per avere il giudice di appello ritenuto provato l’accordo tra l’Azienda Ospedaliera e i ricorrenti, quando invece essi avevano reiteratamente sostenuto che l’applicazione della trattenuta a titolo di I.R.A.P. era stata loro arbitrariamente imposta in via unilaterale.
Ritenuto che
8. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto sovrapponibili e comunque connessi, risultano fondati, nei termini seguenti.
9. L’art. 1 l. 3 agosto 2007, n. 120 prevede, all’art. 1, comma 4, lett. c), tra le modalità di gestione dell’attività libero-professionale intramuraria, la “determinazione, in accordo con i professionisti, di un tariffario idoneo ad assicurare l’integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati” a tale gestione, “ivi compresi quelli connessi alle attività di prenotazione e di riscossione degli onorari”.
10. E’, pertanto, necessario che il tariffario rifletta l’accordo con i professionisti coinvolti nell’attività libero-professionale intramuraria, dovendosi ritenere – alla stregua della chiara formulazione della norma – che, in materia di remunerazione e trattamento economico di tale attività, non siano consentite determinazioni unilaterali da parte dell’azienda datrice di lavoro.
11. Posta tale essenziale e indispensabile premessa, che definisce il punto di partenza e l’oggetto dell’indagine devoluta al giudice di merito, è da rilevare come la sentenza della Corte di appello di Brescia:
(a) non abbia chiarito se la delibera (n. 1026) del Direttore Generale in data 19 dicembre 2007 avesse effettiva natura di proposta contrattuale, anziché costituire atto di unilaterale imposizione da parte dell’Azienda, emanato in difetto di accordo con i singoli professionisti, secondo l’indicazione della I. 3 agosto 2007, n. 120, ovvero e comunque rappresentasse la base negoziale su cui pervenire alla determinazione del contenuto del futuro contratto, non offrendo contributi, a tal fine, il mero richiamo alla “lettera con la quale fin dal 2005 veniva trattenuta l’IRAP” (cfr. sentenza impugnata, p. 15, secondo capoverso);
(b) abbia ritenuto “pienamente raggiunta la prova dell’intesa tra azienda e professionista anche sulla traslazione dell’imposta IRAP” (cfr. ancora p. 15, terzo capoverso) e peraltro con motivazione sommaria, che richiama bensì gli atti di causa ma del tutto genericamente, senza riferimenti agli elementi concreti e specifici in grado di fornire la dimostrazione della validità sul piano probatorio di tale conclusione, e, più in generale, non svolgendo una ricostruzione fattuale che tenesse conto della complessità della vicenda, comprensiva anche di eventuali manifestazioni di volontà o condotte di segno contrario poste in essere da parte dei medici coinvolti e della valutazione della loro eventuale rilevanza ai fini della formazione o meno di un accordo a termini di legge.
12. La sentenza n. 520/2014 della Corte di appello di Brescia deve pertanto essere cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, la quale provvederà ad un nuovo esame della fattispecie, compiendo gli accertamenti e gli approfondimenti istruttori necessari in relazione alle questioni poste ai punti (a) e (b) e nei sensi sopra delineati.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano.
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