CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1348
Tributi – Accertamento – Omessa dichiarazione – Accertamento d’ufficio fondato su indagini bancarie – Presunzioni semplici – Legittimità
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte aveva respinto l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Torino n. 30/03/2009, che aveva accolto il ricorso di L.B. avverso avvisi di accertamento IVA IRPEF IRAP per le annualità 2000-2001-2002 relativi a redditi di lavoro autonomo non dichiarati;
l’Ufficio finanziario ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
con il primo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 2, DPR 633/72; dell’art. 32, comma 1, DPR 600/73; dell’art. 2697 c.c.>>;
con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 55 DPR 633/72 e dell’art. 41 DPR 600/73»;
la società contribuente si è costituita deducendo l’infondatezza del ricorso;
Considerato che
1.1. con i due motivi di ricorso, che possono congiuntamente esaminarsi, l’Agenzia ricorrente addebita ai giudici di seconde cure una violazione di legge (error in iudicando) censurando la motivazione della CTR, laddove si afferma che l’accertamento induttivo disposto nei confronti della contribuente dovesse essere supportato da «elementi gravi precisi e concordanti», anche nel caso, come quello di specie, che si caratterizza per accertamenti fondati su indagini bancarie e sull’evasione totale dagli obblighi tributari;
2.2. nel caso – come quello de quo – in cui vi sia stata un’omessa dichiarazione da parte della contribuente questa Corte ha costantemente affermato (cfr. Cass. nn. 14930/2018; 16565/2017; 3115/2006; 23480/2004; 9099, 10157 e 17016 del 2002; 9755 e 19174 del 2003) che la legge abilita l’Ufficio delle imposte a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, sul presupposto dell’inferenza probabilistica dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti;
2.3. se, dunque, i fatti costitutivi della pretesa tributaria, originata da un «accertamento d’ufficio» del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41, possono essere anche inferiti dall’Amministrazione finanziaria in base a presunzioni semplici, prive dei menzionati requisiti, ne consegue, da un lato, che anche il giudice tributario può legittimamente ritenerli dimostrati sulla base di siffatte presunzioni (fondando, quindi, la decisione in deroga alla regola stabilita dall’art. 2729 c.c., comma 1), e da un altro che, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, incombe sul contribuente l’onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa;
2.4. nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, il potere-dovere dell’Amministrazione è disciplinato del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 (e non 39) in termini tali per cui, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, l’Ufficio determina il reddito complessivo del contribuente medesimo, e in quanto possibile i singoli redditi delle persone fisiche, con facoltà di ricorso a presunzioni cd. supersemplici, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o che è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio;
2.5. la CTR ha evidentemente violato tali principi di diritto, poiché nella motivazione della sentenza impugnata, pur dando atto che l’Ufficio, a seguito di accertamenti bancari, aveva riscontrato rilevanti versamenti a favore della contribuente effettuati con continuità, sia in contanti che in assegni bancari, ha poi affermato che l’Ente impositore non aveva assolto il proprio onere probatorio, non avendo verificato la provenienza degli assegni bancari;
2.6. nella specie, considerato che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi ha legittimato l’applicazione dello strumento previsto dall’articolo 41 citato, ed avendo l’Ufficio fatto riferimento alle risultanze degli accertamenti bancari nel periodo in contestazione, gravava sulla contribuente l’onere di superare gli effetti della presunzione, dimostrando i fatti negativi che in concreto avevano impedito la formazione del reddito, ed ha pertanto errato la Commissione Regionale nel ritenere che l’ufficio non avesse fornito la prova della sua pretesa;
2.7. è opportuno, inoltre, evidenziare, con riguardo alle doglianze relative alle affermazioni della CTR in merito all’utilizzo, da parte dell’Agenzia, di uno scritto anonimo, che invece non avrebbe potuto essere posto «alla base di un accertamento induttivo» in assenza di un «riscontro aliunde», che se da una parte la Corte (cfr. Cass. SU Civ. n. 16424/2002) ha affermato l’inutilizzabilità dello scritto anonimo ai fini delle prova e del quadro indiziario necessario per atti invasivi, dall’altra la stessa Corte (cfr. Cass. SU Pen. n. 25392/2008, conf. motivazione di Cass. SU Pen n. 25393/2008) ha ribadito che lo scritto anonimo può ben costituire l’innesco di attività per l’assunzione di dati conoscitivi; se tale principio ha valore in sede penale, a maggior ragione deve, quindi, trovare applicazione in sede tributaria;
3. per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame e regolamento delle spese alla CTR del Piemonte, in diversa composizione
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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