CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2018, n. 19431
Tributi – IRAP – Studio associato tra professionisti – Autonoma organizzazione
Rilevato che
Lo studio commerciale indicato in epigrafe ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva respinto l’appello proposto avverso la sentenza n. 23/01/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Siena in rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento IRAP per l’annualità 2005; il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, deducendo l’infondatezza del ricorso
Considerato che
1.1. i motivi di ricorso, che possono congiuntamente esaminarsi, in quanto strettamente connessi, sono infondati;
1.2. la ricorrente si duole del fatto che la CTR, senza motivare congruamente, abbia ravvisato, nella fattispecie, il presupposto impositivo dell’Irap nella sussistenza di uno studio associato tra professionisti;
1.3. occorre allora osservare che questa Corte, con pronuncia delle Sezioni Unite, ha chiarito, con riguardo alla natura giuridica del soggetto gravato da imposta, che «l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce “ex lege” presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di’ un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività» (cfr. Cass., Sez. U, n. 7371/2016); nel motivare la menzionata pronuncia la Corte ha chiarito che il menzionato principio di diritto è da applicarsi anche alle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, salva la facoltà per la parte contribuente di fornire la prova contraria avente ad oggetto «non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa>>;
1.4. a fronte di siffatto apprezzamento dei presupposti giuridici che presiedono alla soluzione della questione qui in esame, occorre concludere – in applicazione degli argomenti sviluppati dalle Sezioni Unite del menzionato principio di diritto – nel senso che il motivo di impugnazione ora in esame è da considerarsi infondato, non avendo il contribuente fornito alcuna idonea prova contraria e dovendo ritenersi che la CTR abbia correttamente concluso per la sussistenza di un’autonoma organizzazione, una volta che si sia stabilito che la peculiare forma giuridica associativa di esercizio dell’attività medesima costituisce autosufficiente presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che si ponga il problema della prova della concreta ricorrenza dei requisiti dell’autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività;
1.5. è altresì infondata la censura di omessa motivazione circa la richiesta del ricorrente, in via subordinata, di «non voler considerare ai fini IRAP l’attività svolta come Collegio Sindacale o come componente del Consiglio di Amministrazione»;
1.6. il vizio di omessa od insufficiente motivazione implica un obiettivo difetto nello sviluppo logico della argomentazione posta a fondamento della decisione, difetto che – rilevando come «errore sul fatto» – trova genesi nell’omessa od inesatta rilevazione e valutazione delle prove acquisite al giudizio, con inevitabili riflessi sulla esatta comprensione e ricostruzione della fattispecie concreta da sussumere nello schema normativo astratto dal quale viene desunta la regula iuris che disciplina il rapporto controverso; la critica per vizio motivazionale non può quindi risolversi, come nella specie, nella mera contrapposizione alla valutazione compiuta dal Giudice di merito di una diversa prospettazione soggettiva della rilevanza probatoria delle risultanze istruttorie – essendo insindacabile l’attività volta alla individuazione delle fonti di prova rilevanti, alla selezione tra gli elementi probatori di quelli ritenuti maggiormente attendibili ed al riconoscimento della idoneità dimostrativa degli scassi, trattandosi di scelte che sono espressione del principio del libero convincimento e dunque riservate in via esclusiva all’organo giudicante: art 116 c.p.c., ma deve individuare specificamente le carenze nello svolgimento dei percorso logico che sostiene il decisum e che, salva la ipotesi limite di inconcludenza logica del discorso tale da rendere incomprensibili le ragioni giustificative della decisione, possono consistere oltre che in un omesso od inesatto apprezzamento della fonte di prova (ad es. dei contenuto di un documento) anche nella mancata rilevazione della incompatibilità tra fonti di prova e dunque nella mancanza di un adeguato giudizio di prevalenza, in ogni caso sempre che tali omissioni od inesattezze rivestano carattere decisivo, nel senso che senza il vizio logico la decisione sarebbe stata – con certezza – differente (cfr. Cass. nn. 10847/2007; 8023/2009; 21961/2010);
1.7. nella specie la parte contribuente non ha affatto indicato nel ricorso per cassazione gli elementi di prova atti a comprovare l’attività svolta dallo studio associato «come Collegio Sindacale o come componente del Consiglio di Amministrazione», che non sarebbero stati presi in considerazione dai Giudici di merito, ai che consegue l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata;
2. in conclusione il ricorso va interamente rigettato e il ricorrente condannato, in ossequio ai principio di soccombenza, alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali liquidate come in dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese dei presente giudizio, che liquida in complessivi € 3.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
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