CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 settembre 2022, n. 27970
Lavoro – Successione di contratti a termine – Azione di nullità dei termini apposti – Decadenza ex art. 32 L. n. 183/2010 – Decorrenza
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha respinto l’appello proposto da G.G. nei confronti di SAIT Spa avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato “improcedibile” il ricorso del lavoratore “finalizzato a conseguire il riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 18.7.2011 al 31.7.2014, previa declaratoria di nullità dei termini apposti ai molteplici contratti a termine intercorsi tra le parti nel lasso temporale suddetto”;
2. i giudici d’appello, per quanto qui ancora interessa, hanno ritenuto consumata la decadenza prevista dall’art. 32 l. n. 183 del 2010 all’azione di nullità del termine apposto ai contratti di lavoro, in quanto il rapporto era cessato tra le parti il 31 luglio 2014, mentre l’impugnativa stragiudiziale era stata proposta il 21 ottobre 2014, oltre il termine di sessanta giorni scaduto il 29 settembre 2014;
3. rispetto alla statuizione del giudice di primo grado il quale aveva affermato che “il termine di decadenza era ampiamente scaduto per ciascuno dei contratti per cui è causa”, la Corte calabrese ha anche ritenuto che nella specie valesse “un unico termine di decadenza, decorrente dalla cessazione dell’ultimo rapporto”, richiamando a sostegno Cass. n. 30668 del 2019;
4. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso in via principale, con un motivo, gli eredi di G. G. indicati in epigrafe; ha resistito con controricorso la società, contenente ricorso incidentale pure affidato ad un motivo;
5. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
i ricorrenti in via principale hanno anche comunicato memoria;
Considerato che
1. il motivo di ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della l. n. 183 del 2010 e successive modifiche, deducendo che la legge n. 92/2012 ha modificato la disciplina della decadenza, ampliando il termine per l’impugnativa stragiudiziale del contratto a termine da 60 a 120 giorni dalla cessazione del contratto; rammenta che la nuova disposizione si applica alle cessazioni di contratti a termine che si verificano a partire dal 1° gennaio 2013, perché la previsione modificata dall’art. 1 co. 11 lettera a) l. n. 92/2012 per la sua applicabilità rimanda al comma 12 della citata legge che espressamente prescrive: «le disposizioni di cui al comma 3, lettera a) dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010 n. 183, come sostituita dal comma 11 del presente articolo, si applicano in relazione alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dall’1° gennaio 2013»;
2. il motivo è fondato perché la Corte territoriale non ha applicato l’art. 1, comma 11, l. n. 92 del 2012, secondo cui: “All’articolo 32, comma 3, della legge 4 novembre 2010, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni: a) la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al contratto, il termine di cui al primo comma del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in centoventi giorni, mentre il termine di cui al primo periodo del secondo comma del medesimo articolo 6 è fissato in centottanta giorni»; b) la lettera d) è abrogata.”; il successivo comma 12, quanto al periodo di vigenza della disposizione, specifica poi che: “Le disposizioni di cui al comma 3, lettera a), dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, come sostituita dal comma 11 del presente articolo, si applicano in relazione alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal 1° gennaio 2013.”; non essendo in discussione che la cessazione del rapporto a termine rispetto al quale è stata dichiarata la decadenza risale ad epoca successiva a detta data, il motivo di gravame deve trovare accoglimento;
3. va, quindi, esaminato il ricorso incidentale della società, proposto subordinatamente all’accoglimento del ricorso principale; con esso si denuncia: “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 3 e 4, l. 183 del 2010, e dell’art. 6, comma 1, l. 604 del 1966 in relazione all’impugnativa da proporre nei confronti di ciascun distinto contratto di lavoro a termine (art. 360, comma 1, n. 3); si critica la Corte di Appello di Catanzaro per avere ritenuto che nella specie decorresse un unico termine di decadenza decorrente dalla cessazione dell’ultimo contratto, mentre nella specie vi erano stati 3 contratti a tempo determinato (il primo dal 18 luglio 2011 al 6 luglio 2012, prorogato fino al 21 dicembre 2012; il secondo dal 21 novembre 2013 al 31 gennaio 2014, prorogato fino al 30 aprile 2014;il terzo dal 21 maggio 2014 al 31 luglio 2014), tutti impugnati con l’unica missiva del 21 ottobre 2014, per cui il lavoratore era certamente decaduto dalla azione di impugnativa rispetto ai primi due contratti; il motivo, oltre ad essere ammissibile perché rivolto a censurare la statuizione della Corte territoriale che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha considerato, ai fini della decadenza, un unico termine finale decorrente dalla cessazione dell’ultimo contratto a termine, è anche fondato;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, formatasi con riguardo all’impugnazione dei contratti a termine nell’ambito di rapporti di lavoro in somministrazione ma applicabile anche al caso della pluralità di contratti a termine (di recente v. Cass. n. 8038 del 2022), si è statuito il principio: “In tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione, questa Corte ritiene che l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estenda ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa, poiché l’inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro (il quale potrà determinarsi solo ex post, a seguito dell’eventuale accertamento della illegittimità del termine apposto) comporta la necessaria conseguenza che a ciascuno dei predetti contratti si applichino le regole inerenti la loro impugnabilità” (Cass. n. 30134 del 2018; Cass. n. 32702 del 2018; Cass. n. 24356 del 2019; Cass. n. 5037 del 2020; da ultimo, Cass. n. 11001 del 2021);
non trova invece applicazione il precedente invocato dalla Corte territoriale, riferibile ad altra fattispecie (Cass. n. 30668 del 2019), in base al quale: “Nell’ipotesi di pluralità di contratti a progetto, l’impugnativa volta a far valere l’illegittimità degli stessi, da cui consegue il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato, a decorrere dalla data di costituzione del primo, è assoggettata ad un unico termine di decadenza che, ex art. 32 della l. n. 183 del 2010, decorre dal recesso, qualificato come licenziamento, del datore di lavoro dal rapporto in essere, in relazione all’ultimo contratto“;
4. conclusivamente, assorbita ogni altra questione, entrambi i ricorsi devono essere accolti, in relazione alle censure ritenute fondate, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito provvedendo a nuovo esame e liquidando le spese anche del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.