CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 luglio 2018, n. 19859
Infortunio sul lavoro – Mancato riconoscimento della qualità di coltivatore diretto – Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale – Termine prescrizionale del diritto alla tutela indennizzabile
Rilevato che
1. con sentenza in data 30 gennaio 2012 la Corte di Appello di Bari ha riformato la sentenza di primo grado e, per l’effetto, ha rigettato la domanda proposta da M.G., nei confronti dell’INPS e dell’INAIL, per il riconoscimento dell’infortunio indennizzabile e per la relativa prestazione indennitaria nonché per la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dei predetti enti per il mancato riconoscimento della qualità di coltivatore diretto;
2. la Corte di merito premetteva il diniego dell’INAIL della tutela assicurativa pubblica per essere risultato indimostrato lo status di coltivatore diretto (denuncia infortunio del Io aprile 1996; diniego INAIL del 18 giugno 1997); la denegata iscrizione agli elenchi anagrafici da parte dell’INPS superata con provvedimento giudiziale di condanna all’iscrizione, nel contraddittorio tra il M. e l’INPS (con decorrenza dal gennaio 1990 e sentenza del 2003, eseguita dall’INPS nel dicembre 2004);la nuova denuncia all’INAIL (in data 3 gennaio 2005) per il medesimo infortunio, con esito sfavorevole al lavoratore, per decorso del termine prescrizionale mai interrotto nei confronti dell’INAIL;
3. sulle anzidette premesse fattuali, la Corte di merito riteneva decorso il termine prescrizionale del diritto alla tutela indennizzabile dell’infortunio occorso al lavoratore, fissando il dies a quo non dal riconoscimento giudiziale della reiscrizione (recte/iscrizione) ma dal giorno dell’infortunio e, quanto al riconoscimento dello status nei confronti dell’INPS, asseritamente opponibile, ad avviso del lavoratore, anche all’INAIL quanto agli effetti previdenziali, riteneva che il lavoratore avrebbe potuto opporre tempestivamente all’INAIL la qualificazione soggettiva e chiederne il riconoscimento, trattandosi di un presupposto necessario per la prestazione;
4. avverso tale sentenza M.G. ha proposto ricorso affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese l’INAIL, con controricorso;
5. l’NPS ha conferito delega in calce alla copia notificata del ricorso;
Considerato che
6. con l’unico motivo la parte ricorrente deduce violazione dell’art. 2935 cod.civ., per avere la Corte di merito erroneamente ravvisato nella data dell’infortunio il dies a quo per la decorrenza della prescrizione triennale, prevista in materia di sicurezza sul lavoro, anziché dalla pronuncia giudiziale di riconoscimento dello status di coltivatore diretto con diritto all’iscrizione nei relativi elenchi, pronuncia a contenuto costitutivo e non meramente ricognitivo del requisito soggettivo;
7. ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
8. come già rilevato da questa Corte, in riferimento alle prestazioni previdenziali ma con principi validi in ogni ipotesi in cui presupposto della prestazione richiesta sia il previo riconoscimento di uno status con iscrizione in elenchi specifici, la mancata iscrizione negli elenchi non può considerarsi ostacolo giuridico per la tutela pretesa e soggetta a termini legalmente predeterminati giacché in tal caso il lavoratore, al pari dell’assicurato, ben può agire, nel termine di legge, per chiedere sia l’iscrizione, sia la prestazione;
9. l’assenza del requisito di iscrizione negli elenchi anagrafici, ossia di uno degli elementi costitutivi per integrare il diritto alla prestazione antinfortunistica, non poteva esimere dal rispetto del termine prescritto per la proposizione dell’azione diretta al conseguimento della prestazione medesima, essendo sufficiente che la sussistenza di quell’elemento costitutivo venga chiesta e dimostrata nel giudizio avente ad oggetto la prestazione (arg., fra le altre, da Cass. 15 luglio 2005, n.14994);
10. correttamente, pertanto, la Corte di merito, sulle premesse illustrate nel paragrafo 2 che precede e in applicazione della regola della ragione liquida, ha ritenuto vanamente decorso, nella specie, il termine triennale di prescrizione;
11. le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
12. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del d.P.R. n. 115/2002, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228/2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in favore di ciascuna parte intimata, in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13,comma 1 – quater, d.P.R. 115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,comma 1 – bis.
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