CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 novembre 2020, n. 27089
Rivalutazione contributiva ex art. 13, co. 8, L. 257/1992 – Prescrizione del diritto – Decorrenza – Pensionamento del lavoratore – Momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 10/2017, ha respinto il gravame proposto da P. A., vedova di G.F., avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria che aveva ritenuto prescritto il diritto alla rivalutazione contributiva di cui all’art. 13, co. 8, L. 257/1992 per essere intercorso più di un decennio dalla data di conoscenza della esposizione oltre soglia, fissata dal primo giudice al momento (1993) del pensionamento del lavoratore ed il primo atto interruttivo, ravvisato nella successiva (2015) domanda all’I.N.P.S. di riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva;
2. la Corte territoriale pur ritenendo che la data del pensionamento non costituisse elemento dirimente al fine di individuare il momento della consapevolezza, nel lavoratore, del proprio diritto, riteneva maturata la prescrizione per essere stata detta consapevolezza acquisita nel momento (2004) in cui la RSU aveva trasmesso alla Contarp, presso l’INAIL una nota in cui si affermava il diritto del personale tecnico ed operativo dello stabilimento di Spinetta Marengo ai benefici di cui all’art. 13 cit., valorizzando, a tal fine, le funzioni di tutela e rappresentanza dei lavoratori svolte dal sindacato e desumendo, in tal modo, la conoscenza o quanto meno la conoscibilità dell’esposizione;
3. avverso la sentenza P. A., ha dispiegato cinque motivi di impugnazione, poi illustrati da memoria e resistiti da controricorso I.N.P.S.;
Considerato che
4. va disatteso il primo motivo con il quale il ricorrente deduce nullità della sentenza per non avere la Corte territoriale esaminato il motivo di appello con cui si lamentava che il Tribunale, accogliendo l’eccezione di prescrizione del diritto alla rivalutazione del diritto e non quella, sollevata dall’I.N.P.S., di prescrizione dei ratei di maggiorazione pensionistica, aveva mancato di sollecitare il contraddittorio su un profilo rilevato d’ufficio;
5. come già affermato da questa Corte, in fattispecie e mezzi di doglianza sovrapponibili al ricorso all’esame (v. Cass. n. 29635 del 2018), anche ad ipotizzare che in primo grado si fosse determinato il vizio denunciato, esso avrebbe potuto e dovuto essere fatto valere (come del resto è stato) con il gravame, senza che si potesse determinare alcuna regressione avanti al Tribunale, non ricorrendo le ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 cod.proc.civ., ma solo una nuova disamina di merito, con contraddittorio pieno anche sul punto asseritamente fatto oggetto di rilievo officioso in primo grado, che vi è comunque stata;
6. difetta quindi lo stesso interesse, per la parte, di far valere un ipotetico, ma ormai superato, vizio processuale asseritamente verificatosi nel primo grado del giudizio;
7. infondato è anche il secondo motivo con il quale si deduce la nullità della sentenza di appello, per avere fatto decorrere la prescrizione da un momento (nota delle RSU) diverso da quello indicato dal Tribunale (pensionamento) e dall’appellante (inoltro della domanda di rivalutazione all’I.N.A.I.L.);
8. invero, la questione della prescrizione per conoscenza o conoscibilità del diritto rivendicato era già sottoposta al contraddittorio delle parti in appello, mentre l’individuazione dell’uno o dell’altro momento di decorrenza riguarda il convincimento di merito sui fatti di causa, laddove i rilievi officiosi ex art. 101, secondo comma, cod.proc.civ., concernono esclusivamente questioni giuridiche (e solo in via indiretta le questioni di fatto ad esse consequenziali) non sollecitate dalle parti;
9. con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 39 Cost., degli artt. 1362 e 1363 cod.civ., dell’Accordo Interconfederale 20.12.1993,nonché degli artt. 2727, 2728 e 2729 cod.civ., si sostiene l’erronea affermazione del potere di rappresentanza della R.S.U., valida per chi all’epoca lavorava presso lo stabilimento e non per chi da anni in pensione, e da tale premessa si assume la violazione delle norme sulle presunzioni, perché mancherebbero gli estremi di gravità, precisione e concordanza propri della corrispondente disciplina (art. 2729 cod.civ.) e perché si sarebbe determinata una presumptio de praesumpto, essendosi sommata la deduzione della conoscenza, da parte del G., della nota delle R.S.U., sebbene a lui non diretta, con la deduzione della conoscibilità, attraverso tale nota, della sua esposizione ad amianto, nonostante quella nota non fosse stata espressamente a lui riferita;
10. il motivo è da accogliere in continuità con il già richiamato precedente specifico di questa Corte (Cass. n. 29635 del 2018 cit.) del quale si ribadiscono i passaggi argomentativi salienti;
11. è pacifico, in giurisprudenza, che anche il diritto alla rivalutazione contributiva di cui all’art. 13, co. 8, L. 257/1992 sia soggetto a prescrizione decennale, con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni (Cass. 2 febbraio 2017, n. 2856; Cass. 9 febbraio 2015, n. 2351);
12. la Corte territoriale ha ritenuto di ravvisare il presupposto soggettivo di decorrenza della prescrizione (conoscenza o conoscibilità) a partire dal momento in cui la R.S.U. dell’azienda ove aveva lavorato il G. inviò una nota alla Contarp, ufficio tecnico dell’I.N.A.I.L., con la quale si riferiva della presenza di amianto nello stabilimento dal 1970 al 1992 e si richiedeva il riconoscimento dei benefici per coloro che in quel periodo avessero ricoperto ruoli operativi e tecnici;
13. la predetta nota risale al dicembre 2004 e quindi è posteriore di circa nove anni rispetto al pensionamento del G.;
14. secondo il ragionamento della Corte territoriale quella nota doveva essere conosciuta dal pensionato (primo elemento logico) e da essa, pur non riguardandolo personalmente, egli doveva (conoscenza) o poteva (conoscibilità) desumere la propria pregressa esposizione ad amianto (secondo elemento logico);
15. la censura avverso tale ragionamento motivazionale è stata adeguatamente mossa non ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod.proc.civ., in quanto non viene in gioco l’omessa considerazione di un p.11-37-Ei fatto decisivo, quanto per violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3 cod.proc.civ., sotto il profilo dell’erronea applicazione delle norme sulle presunzioni (art. 2727- 2729 cod.civ.);
16. vale infatti il principio per cui «in tema di presunzioni, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta» (Cass. 4 agosto 2017, n. 19485; Cass. 26 giugno 2008, n. 17535);
17. in particolare il giudizio sulla gravità e precisione del ragionamento presuntivo, imposto dall’art. 2929 cod.civ., ha per oggetto la ricorrenza della inferenza probabilistica impostata dal giudice del merito per desumere dal fatto noto il fatto ignoto e si concretizza nel controllo, di stretta legittimità, in ordine all’effettiva sussistenza, secondo parametri di elevata probabilità logica insiti nei caratteri stessi di gravita e precisione, della massima di esperienza su cui si è basato quel ragionamento;
18. spetta, infatti, alla Corte di Cassazione il controllo su tale massima di esperienza, quale parametro di legittimità che la norma pone rispetto, in questo caso, alla valorizzazione della possibile connessione tra determinati fatti quale requisito idoneo a fondare, ai sensi degli artt. 2729 ss. cod.civ., la prova presuntiva;
19. in proposito va affermato che desumere, senza ulteriori elementi fattuali, che il contenuto di una nota formata dalla R.S.U., e quindi da una rappresentanza sindacale dei lavoratori operanti in azienda, sia conosciuta da un lavoratore che, pur avendo lavorato in quell’azienda, sia pensionato da circa nove anni, non risponda ai suddetti criteri di elevata probabilità logica e ciò in quanto costituisce evenienza puramente casuale, che neppure la Corte territoriale afferma essere in concreto direttamente emersa nel caso di specie, quella per cui, a distanza di diversi anni, chi sia in pensione resti in contatto con le R.S.U. aziendali;
20. ne resta, quindi, inficiato il primo elemento logico del ragionamento inferenziale e pertanto la presunzione costruita dal giudice del merito non rispetta il disposto dell’art. 2729 cod.civ. con la conseguenza che l’unico e decisivo ragionamento decisionale impostato dalla Corte territoriale risulta intrinsecamente viziato in jure e ciò comporta la cassazione della pronuncia, affinché si proceda al riesame del merito rispetto al momento di decorrenza della prescrizione ed a quanto a ciò consequenziale;
21. restano assorbiti il quarto ed il quinto motivo di ricorso, con i quali si sostiene, da vari punti di vista, la violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., degli artt. 2697, 2935, 2946 cod.civ., per non esservi stata valorizzazione della domanda all’I.N.A.I.L. o all’I.N.P.S., quali riscontri documentali diretti della conoscenza del diritto azionato e quindi quali momenti iniziali di decorrenza della prescrizione;
22. alla Corte del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due, dichiara assorbiti il quarto e quinto motivo, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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