CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 maggio 2018, n. 13267
Licenziamento – Esercizio del diritto di difesa del lavoratore – Differimento dell’audizione – Assenza giustificata malattia
Rilevato
che con sentenza in data 31 maggio 2016, la Corte d’appello di Roma rigettava le domande di A.L. di accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimatogli il 26 settembre 2008 dalla datrice banca U. s.p.a. e conseguenti reintegratoria e risarcitoria: così riformando la sentenza di primo grado, che le aveva invece accolte sul presupposto dell’omessa previa audizione del lavoratore, in violazione dell’art. 7 I. 300/1970;
che avverso tale sentenza A.L. ricorreva per cassazione con tre motivi, cui resisteva la banca con controricorso;
che entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c.;
Considerato
che il ricorrente deduce violazione degli artt. 115 c.p.c., 7 l. 300/1970, 1175, 1375 c.c., per l’inibizione del lavoratore all’esercizio del proprio diritto di difesa in conseguenza del non concesso differimento dell’audizione, richiesto dal medesimo, in data successiva al superamento dello stato di malattia attestato da certificato medico indebitamente ritenuto inidoneo dalla Corte territoriale (primo motivo); violazione degli artt. 1335, 2697 c.c., 115 c.p.c., per erronea presunzione, nel ritenere pervenuto all’indirizzo del lavoratore destinatario, che ne aveva sempre contestato la ricezione, il telegramma contenente la data di differimento dell’audizione, in quanto recapitato in Roma non alla residenza (via B. n. …) ma al diverso indirizzo di via B. n. …, sull’assunto del ricevimento ivi della lettera di licenziamento, con sostanziale inversione dell’onere probatorio del ricevimento dal datore di lavoro, soggetto onerato, al lavoratore, con la conseguente inapplicabilità della presunzione di conoscenza stabilita dall’art. 1335 c.c. (secondo motivo); violazione degli artt. 115 c.p.c., 7 I. 300/1970, per erronea attribuzione al lavoratore, assente per ferie dall’ufficio dal 4 al 25 luglio 2008, delle operazioni compiute il 28, 29, 31 luglio e 10 agosto 2008, in assenza di contestazione o comunque di prova, sulla base delle illustrate risultanze istruttorie (terzo motivo);
che il collegio ritiene che il primo motivo sia fondato;
che nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato (né le circostanze sono controverse tra le parti) come: a) con lettera di giustificazione (successiva a quella di contestazione di addebito datoriale ricevuta il 20 agosto 2008) inoltrata alla banca il 28 agosto 2008, il lavoratore abbia richiesto di essere sentito personalmente e di consultare la documentazione; b) essa abbia riscontrato le istanze, invitando il lavoratore alla consultazione il 1° settembre 2008 e fissandone l’audizione il 2 settembre 2008; c) il predetto abbia preso visione dei documenti nella prima data e comunicato il 2 settembre la propria indisponibilità a presenziare all’audizione, chiedendone il differimento per motivi di salute; d ) che la banca ha comunicato lo stesso giorno 2 il rinvio dell’audizione al 4 settembre 2008 procedendo quindi il successivo 26 settembre 2008 al licenziamento del lavoratore, senza tenere conto del certificato medico inviato il medesimo giorno 2 settembre;
che essa ha ritenuto inidoneo il suddetto certificato del dott. P., recante la dichiarazione del lavoratore “di essere malato dal 2 settembre 2008”, con formulazione di una prognosi “fino a tutto il 5 settembre 2008, s.c.” (come da sua trascrizione in affoliazione tra pgg. 8 e 9 del ricorso), stimandolo di tenore generico, in assenza di “alcuna attestazione che confermi lo stato di assoluta incapacità, anche a lasciare il proprio domicilio, e soprattutto, l’impedimento che la malattia frapporrebbe all’audizione in sede disciplinare ad un corretto esercizio del proprio diritto di difesa” avendo “il medico … attestato unicamente la dichiarazione ricevuta dallo stesso L. di essere afflitto da una patologia rimasta affatto ignota” (così al p.to 6.4. di pg. 5 della sentenza);
che tale valutazione della Corte territoriale, lungi dal consistere in un apprezzamento probatorio di merito insindacabile in sede di legittimità, si fonda su un errore di diritto, ritualmente denunciato in base ad un corretto procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella generale normativa: di lesione del diritto di difesa del lavoratore così come garantito nel procedimento disciplinare dall’art. 7 I. 300/1970;
che esso può ben essere esercitato dal medesimo attraverso la richiesta espressa di essere sentito nei termini di legge, come appunto nel caso di specie, avendo il datore di lavoro l’obbligo della sua audizione: essendo rimesso al giudice di merito l’accertamento in ordine al rispetto dei canoni buona fede o lealtà contrattuale nelle modalità di convocazione del lavoratore, insindacabile se congruamente motivato (Cass. 16 ottobre 2013, n. 23528);
che allora, appuntandosi la valutazione della Corte capitolina sull’inidoneità, siccome generica, dell’attestazione contenuta nel certificato medico tempestivamente inviato dal lavoratore, occorre rilevare come esso rechi non soltanto l’espressa indicazione “Certificato di malattia per dipendenti pubblici (art. 2 d.l. 663/1979 – art. 15 I. 155/1981)”, ma anche il contenuto prescritto dallo stesso articolo 2, con il riscontro diretto della dichiarazione di malattia del paziente a far data dal 2 settembre 2008, siccome redatto nello stesso giorno 2 settembre 2008 (non prestandosi pertanto a sospetti di violazione deontologica, come invece nell’ipotesi di rilascio di un’attestazione relativa alle dichiarazioni del paziente in ordine al proprio stato di salute nei giorni precedenti, in quanto, pur priva di contenuto certificativo, essa è suscettibile di ingenerare il dubbio che l’assenza sia giustificata da una malattia accertata, per la provenienza da un medico e redatta sul modulario previsto per la certificazione di malattia: Cass. 9 marzo 2012, n. 3705) e con la formulazione di una prognosi “fino a tutto il 5 settembre 2008”;
che una tale certificazione è idonea alla maturazione del diritto all’indennità di malattia posta a carico dell’INPS (essendo poi, nell’inviare a questo Istituto il certificato medico, il lavoratore onerato, in adempimento dell’art. 2 d.l. 66/979, della verifica di risultanza del proprio indirizzo, per consentire la visita di controllo e, in difetto, dell’indicazione egli stesso del proprio domicilio durante la malattia: Cass. 18 luglio 2003, n. 11286);
che la detta certificazione medica non reca l’indicazione della patologia in quanto dato sensibile suscettibile di rivelare lo stato di salute dell’interessato, come tale non generalizzabile (Cass. 8 agosto 2013, n. 18980) e pertanto diritto inviolabile della persona del lavoratore: ben potendo, per converso, il datore di lavoro verificare le assenze per infermità del proprio dipendente con visite di controllo, a norma dell’art. 5, secondo comma I. 300/1970, il cui esito sostituisce la prognosi del certificato medico iniziale, inviato dal lavoratore in adempimento del proprio obbligo di comunicazione al datore di lavoro dello stato di malattia o del suo prolungamento, fino a quando non sia sostituita da un altro giudizio tecnico e ferma restando la possibilità dell’interessato di contestare l’esattezza delle valutazioni tecniche dei sanitari (Cass.14 maggio 2003, n. 7478);
che pertanto un certificato medico, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 2 d.l. 663/1979, come quello tempestivamente inviato da A.L. ad U. s.p.a., se idoneo a giustificare l’assenza dal lavoro per infermità e quindi a costituire valida dispensa dall’obbligo di prestazione lavorativa, non può non avere equivalente valore per consentire la possibilità di esercizio di un diritto, quale quello, avendone fatto richiesta, di essere sentito oralmente dal datore di lavoro, attraverso il suo legittimo differimento per la documentata infermità;
che una tale documentata richiesta non è seriamente equiparabile a quella di un differimento dell’incontro in base ad una meramente disagevole o sgradita possibilità di presenziare, sussistendo l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore solo qualora rispondente, come appunto nel caso di malattia certificata, ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile (Cass. 31 marzo 2011, n. 7493; Cass. 7 maggio 2015, n. 9223; Cass. 9 ottobre 2017, n. 23510);
che dalle superiori argomentazioni discende allora l’accoglimento del motivo, con assorbimento degli altri e la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
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