CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 maggio 2019, n. 14587
Rapporto di lavoro – Conducente di autobus – Corresponsione degli emolumenti ulteriori a quelli previsti a livello nazionale dalla contrattazione collettiva di secondo livello in capo ai nuovi assunti
Rilevato che
la Corte d’Appello di Campobasso, a conferma della sentenza del Tribunale di Larino, ha rigettato la domanda di L.P.D.C., dipendente della G.T.M. s.r.l. – Gestione Trasporti e Mobilità quale conducente di autobus, rivolta a sentir condannare la stessa al pagamento delle somme dovutegli a titolo di premio di produttività, di indennità di agente unico per i servizi urbani, di indennità per prestazione di carico e scarico bagagli, previsti dall’accordo collettivo regionale di lavoro del 22 marzo 1989 che aveva modificato e integrato il precedente accordo del 24 settembre 1984;
la Corte territoriale, facendo proprie le argomentazioni espresse dal primo giudice, e reputando valido il rinvio per relationem da questi operato nei confronti di altra decisione di merito, ha ritenuto che al ricorrente, assunto dalla Società in data 18 giugno 2001, andava applicato ratione temporis il CCNL del 27 novembre 2000 (e l’accordo preliminare del 2 marzo 2000), il quale aveva escluso la corresponsione degli emolumenti ulteriori a quelli previsti a livello nazionale dalla contrattazione collettiva di secondo livello in capo ai nuovi assunti, a meno che non fosse intervenuta una previsione aziendale a disporre diversamente; ha altresì affermato che successivamente al 2000 non era intervenuta alcuna nuova previsione aziendale che prevedesse l’obbligo del datore di corrispondere tali emolumenti ai nuovi assunti o, comunque, l’appellante non aveva fornito alcuna allegazione in tal senso;
la cassazione della sentenza è domandata da L.P.D.C. sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria; la G.T.M. s.r.l. resiste con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., il ricorrente contesta “Violazione e/o falsa applicazione degli accordi collettivi regionali di lavoro del 24.9.1984 e del 22.3.1989, degli accordi collettivi nazionali di lavoro del 2.3.2000 e del 27.11.2000 e degli articoli 1362, 1366, 1372 e 2099 c.c.”; il motivo contesta che i giudici del merito non avrebbero motivato l’interpretazione delle disposizioni contrattuali sì come inefficaci nei confronti dei lavoratori assunti dopo il CCNL del settore Autoferrotranvieri del 27.11.2000; che la motivazione sarebbe del tutto apparente; che l’abrogazione o l’inefficacia per i lavoratori assunti non potrebbe essere ricavata neanche per implicito; che il datore avrebbe inteso mantenere l’efficacia dei contratti collettivi di secondo livello, che prevedono emolumenti ulteriori rispetto alla contrattazione collettiva nazionale tant’è che ha sempre corrisposto le indennità di presenza e l’indennità di supero nastro previste negli accordi collettivi regionali del 1984 e del 1989; che la mancata stipulazione degli accordi aziendali di riordino delle indennità previste dalla contrattazione collettiva integrativa non comporterebbe l’insussistenza dell’obbligo del datore di corrispondere le stesse ai nuovi assunti, ma ridarebbe vita ai precedenti accordi aziendali senza alcuna differenza di trattamento tra vecchi e nuovi assunti;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ., si duole della “Nullità della sentenza per mancanza, apparenza e incomprensibilità della motivazione, in violazione e/o falsa applicazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 132, c. 2, n. 4 c.p.c., anche in relazione all’art. 115, c. 1, c.p.c. ed in violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111, c. 6, Cost.”; parte ricorrente non ritiene validamente operato il rinvio per relationem alla sentenza di prime cure, ai sensi dell’art. 118 disp.att. cod. proc. civ., atteso che quest’ultima avrebbe liquidato la questione di diritto posta dal ricorrente in modo altrettanto laconico, ed entrambe sarebbero pertanto nulle per motivazione apparente; inoltre il rinvio per relationem non sarebbe validamente esercitato, in quanto i contenuti mutuati non sarebbero stati oggetto di autonoma valutazione critica da parte della Corte d’Appello;
col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., lamenta “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115, c. 1, c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; essendo incontestato che talune indennità venivano corrisposte al ricorrente in base agli accordi integrativi precedenti al 2000 senza distinzione tra vecchi e nuovi assunti, la Corte d’Appello avrebbe dovuto ammettere che tali accordi continuavano ad applicarsi anche dopo l’accordo preliminare del 2.3.2000 e l’art. 3, punti 3 e 4 dell’accordo nazionale del 27.11.2000, almeno fino a quando non fossero stati adottati i nuovi accordi di riordino, semplificazione e razionalizzazione ivi previsti; sotto il profilo del vizio di motivazione, il comportamento del datore di seguitare a corrispondere alcune voci previste dalla precedente contrattazione collettiva, seppur decisivo per la risoluzione della controversia, sarebbe stato ignorato dalla Corte territoriale;
il primo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono improcedibili per mancata trascrizione o allegazione degli accordi collettivi di cui si controverte;
in base al consolidato orientamento di legittimità “Nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ.; né, a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti. (Così Cass. n. 4350 del 2015); il secondo motivo è infondato;
la giurisprudenza di legittimità ammette la motivazione della sentenza per relationem e la condiziona al fatto che il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione (Cass. n. 21978 del 2018);
nel caso in esame, la Corte d’Appello, nell’affermare di voler far proprie le argomentazioni del primo giudice in quanto operanti “…una ricostruzione coerente con le risultanze processuali ed il dato normativo” le ha ritenute “…come qui riportate e trascritte” (p.2 sent.);
in tal senso, sia pur “molto succintamente” come testualmente afferma lo stesso giudice dell’appello, la sentenza gravata ha affermato l’identità delle argomentazioni delle parti con quelle esaminate nella pronuncia oggetto di rinvio;
quanto alla contestata validità del (secondo) rinvio per relationem, ossia di quello operato dalla sentenza di primo grado ad altra decisione del medesimo Tribunale, la Corte d’appello – anche in questo caso succintamente – ne valuta la legittimità, affermando che il giudice di prime cure si era avvalso validamente di tale possibilità;
la tenuta del ragionamento della Corte d’appello è confermata dallo svolgimento dell’esame del merito della controversia che si presenta immune da vizi logico argomentativi, ove la Corte territoriale, ritenuti assorbiti gli ulteriori motivi di gravame, ha ritenuto che la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui le vecchie indennità andavano corrisposte anche ai nuovi assunti, non fosse confortata dalle necessarie allegazioni con riferimento all’esistenza di una previsione aziendale che a ciò autorizzasse, in deroga all’accordo sindacale del marzo 2000 (punto 3) che ne aveva decretato la non spettanza in capo a quei lavoratori che, come l’odierno ricorrente, erano stati assunti in data successiva alla sua entrata in vigore;
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso, nei confronti della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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