CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 1108 depositata l’ 11 gennaio 2024
Tributi – Avvisi d’accertamento – Versamenti non giustificati – Maggiori ricavi non contabilizzati – IRAP – IVA – IRPEF – Composizione bonaria della controversia – Estinzione del giudizio – Definizione agevolata – Versamento della prima rata non documentato – Onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. – Inammissibilità – Ai sensi degli artt. 390 s. cod. proc. civ., la rinuncia, univocamente ed incondizionatamente espressa dai ricorrenti principali e notificata alla controparte, determina l’estinzione del giudizio limitatamente al ricorso principale rinunziato, ma non anche relativamente al ricorso incidentale
Fatti di causa
1. B.D. s.n.c. di L.G. e M.L., ed i soci della stessa L.C., L.G., L.P. e M.L., propongono ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria di cui all’epigrafe, che ha rigettato in parte l’appello degli stessi contribuenti – accogliendolo limitatamente alla “ulteriore deduzione di maggiori costi per Euro 76.017,95 “- avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia, che, dopo averli riuniti, aveva rigettato parzialmente i ricorsi proposti dalla medesima società di persone, e dai soci della stessa, avverso gli avvisi d’accertamento, relativi all’anno d’imposta 2007, con i quali l’Agenzia delle entrate, a seguito di indagini svolte sui conti correnti intestati al socio amministratore M.L. ed al conseguente rilevamento di versamenti non giustificati, imputò alla s.n.c. maggiori ricavi non contabilizzati ai fini delle imposte dirette, un maggior valore della produzione ai fini Irap ed un maggior volume d’affari ai fini Iva; con correlata rettifica del maggior reddito d’impresa, pro quota, di ciascuno dei soci ai fini Irpef.
L’Agenzia delle entrate si difende con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato ad un motivo, con il quale censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha accolto l’impugnazione dei contribuenti, limitatamente alla predetta “ulteriore deduzione di maggiori costi per Euro 76.017,95”
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, deve darsi atto che con atto datato 14 giugno 2019 e notificato a mani all’Agenzia il 16 luglio 2019, prodotto in giudizio il 31 luglio 2019 (come risulta dal fascicolo cartaceo e dal s.i.c. di questa Corte) e sottoscritto da tutti i contribuenti personalmente (M.L. anche n.q.) e dal loro difensore, i ricorrenti, premesso che è “intervenuta una composizione bonaria della controversia” e che “non hanno più interesse alla prosecuzione del giudizio iniziato con il ricorso principale”, dichiarano “ai sensi dell’art. 390 c.p.c. di rinunciare al ricorso per cassazione” per il quale si procede.
Ai sensi degli artt. 390 s. cod. proc. civ., la rinuncia, univocamente ed incondizionatamente espressa dai ricorrenti principali e notificata alla controparte, determina l’estinzione del giudizio limitatamente al ricorso principale rinunziato, ma non anche relativamente al ricorso incidentale erariale, non essendo quest’ultimo condizionato dall’esito di quello principale, in quanto proposto dall’Amministrazione relativamente ad un capo della sentenza impugnata che la vede soccombente (arg. anche da Cass. 03/10/2005, n. 19295).
Giova peraltro sottolineare che, non avendo i ricorrenti principali rinunzianti meglio dedotto specificamente riguardo l’ “intervenuta (una) composizione bonaria della controversia”, né allegato documenti al riguardo, non vi sono i presupposti per accertare in questa sede l’ipotetica estensione di quest’ultima, nei termini di cessata materia del contendere, anche alla questione controversa oggetto del ricorso incidentale erariale.
2. Sempre preliminarmente, deve darsi altresì atto che risulta in atti una nota, prodotta telematicamente e datata 7 dicembre 2023, con la quale si deduce, per i ricorrenti principali, il deposito di “documentazione attestante la rottamazione delle cartelle esattoriali” e si chiede che questa Corte ” prenda atto della cessazione della materia del contendere e dichiari estinto il giudizio.”.
Sono allegati a tale istanza: la domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti di cui all’ art. 6 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, proposta dalla sola s.n.c. ricorrente principale e relativa all’accertamento, qui controverso, nei confronti di quest’ultima, con indicazione del n.r.g. del presente giudizio e la ricevuta dell’Agenzia delle entrate relativa alla presentazione telematica della domanda in questione.
Nella domanda di definizione agevolata si dà atto della richiesta rateazione nel numero di 20 rate e dell’avvenuto versamento della prima rata, senza che tuttavia risulti documentato tale ultimo adempimento.
Non sussistono quindi i presupposti per ritenere perfezionata la definizione ed estinto il giudizio relativamente alla parte tuttora pendente, anche a seguito della rinuncia al ricorso principale, per effetto del ricorso incidentale dell’Amministrazione, soccombente parzialmente in appello.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, l’Amministrazione deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 D.P.R. n. 600/73 in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3 c.p.c.”.
Assume l’Agenzia che la CTR avrebbe errato ritenere giustificati movimenti bancari effettuati sul conto corrente intestato a M.L., “in base all’affermazione che tali versamenti corrisponderebbero agli interessi su un mutuo intestato ad altro soggetto e da questo pagati”.
Il motivo è inammissibile.
Infatti, nel controricorso non viene indicato quali documenti siano stati prodotti in giudizio e valutati ai fini della ricostruzione fattuale sulla quale si fonda la censura; né comunque in che fase e grado del giudizio di merito l’ipotetica produzione sia eventualmente avvenuta.
Tanto meno, nel corpo del controricorso, sono riprodotti tali documenti.
Non risulta quindi adempiuto l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15/01/2019, n. 777; Cass. 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).
Infatti, come questa Corte ha in più’ occasioni avuto modo di chiarire “detta disposizione, oltre a richiedere l’indicazione degli atti e dei documenti, nonché’ dei contratti o accordi collettivi, posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale tali fatti o documenti risultino prodotti, prescrizione, questa, che va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità’ di cui all’articolo 369, secondo comma, n. 4, c.p.c..” (Cass. n. 1235 del 2019, in motivazione, e giurisprudenza ivi citata).
La natura non meramente formale della prescrizione di forma-contenuto della censura si evidenzia ulteriormente, nel caso di specie, nella circostanza che, in assenza dell’indicazione dei relativi riscontri, la stessa ricostruzione fattuale evocata dalla ricorrente incidentale, e le sue pretese conseguenze giuridiche, appare generica e finanche confusa (ad esempio a proposito della natura delle poste contestate, indicate contemporaneamente come “versamenti” e “movimenti in uscita”, o in ordine ad “ulteriori società” ed alla loro effettiva posizione), non consentendo a questa Corte di porla a fondamento della verifica della pretesa violazione di legge. La quale necessita invece di una puntuale e specifica determinazione della fattispecie sostanziale, tanto più in ragione della sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, in quanto “In tema di accertamento dei redditi con il metodo analitico-induttivo, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 10 del 2023, che ha operato un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. del 1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfettaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti (v. Cass. n. 18653 del 03/07/2023).
Va quindi dichiarato inammissibile il ricorso incidentale erariale.
3. Le spese relative al rigetto del ricorso incidentale si compensano con quelle conseguenti alla rinuncia a quello principale, che altrimenti graverebbero sui rinunzianti, in difetto di adesione della controparte alla richiesta di compensazione di cui all’atto di rinunzia. (cfr. Cass. 26/10/2022, n. 31692).
Non sussistono, inoltre, le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nei confronti dei ricorrenti principali, perché la norma si applica nei soli casi, tipici, di rigetto dell’impugnazione e di dichiarazione di inammissibilità o di improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica al caso di specie (cfr. Cass. 11/11/2022, n. 33347).
Tanto meno sussistono i presupposti processuali nei confronti della ricorrente incidentale, trattandosi di Amministrazione difesa dall’Avvocatura dello Stato e che prenota a debito le spese.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio relativamente al ricorso principale ed inammissibile il ricorso incidentale, compensando tra le parti le spese di legittimità.