CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 14249 depositata il 23 maggio 2023
Tributi – Silenzio rifiuto – Rimborso ritenute – Transazione – Risarcimento del danno extracontrattuale – Danno emergente – Danno alla professionalità medica – Criterio letterale – Articolo 6, secondo comma, TUIR – Accoglimento – in tema di classificazione dei redditi ex art. 6, secondo comma, TUIR, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), e non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente)
Rilevato che
1. Il dott. (…) impugnato il silenzio-rifiuto serbato dall’ Agenzia delle Entrate sulla sua domanda di rimborso delle ritenute che la (…) aveva operato sulla somma corrisposta allo stesso contribuente, a seguito di transazione, a titolo di risarcimento del danno extracontrattuale alla professionalità, conseguito alla procurata impossibilità di svolgere le attività di cui alla sua specializzazione di chirurgo maxillo-facciale.
Sosteneva infatti il contribuente che la somma in questione ristorava non un lucro cessante, ma un danno emergente di natura non patrimoniale.
L’adita Commissione tributaria provinciale di Pescara ha rigettato il ricorso.
Il contribuente ha proposto ricorso in appello, che la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, con la sentenza di cui all’epigrafe, ha rigettato.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione il contribuente, affidandolo a tre motivi, supportati da successiva memoria.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Considerato che
1. Il primo, il secondo ed il terzo motivo coincidono nella ripetuta denuncia, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., della violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., che la CTR avrebbe commesso nell’interpretazione della transazione conclusa tra il contribuente e la (…) con scrittura privata del 16 dicembre 2010, richiamata nel ricorso, prodotta in allegato allo stesso ed in parte in esso riprodotta.
Rileva il contribuente che la transazione dava atto che il dott. (…) aveva proposto ricorso al giudice del lavoro per il riconoscimento del diritto ad essere assunto a tempo indeterminato, con la qualifica di dirigente medico, presso l’unità operativa di chirurgia maxillo-facciale, ottenendo in primo grado sentenza favorevole, oggetto di appello della (…) rigettato.
La stessa transazione proseguiva poi dando atto che la sentenza, che aveva accolto le domande del dott. (…) era stata notificata alla (…) unitamente alla distinta delle somme richieste dallo specialista per i periodi nei quali avrebbe dovuto essere assunto, e che lo stesso medico aveva preannunciato di essere prossimo ad introdurre separata azione per il risarcimento dell’ulteriore danno, stimato in euro 150.000,00, alla professionalità, di natura extracontrattuale, conseguente alla procurata impossibilità di svolgere le attività di cui alla sua specializzazione di chirurgo.
Fatte tali premesse, l’accordo transattivo prevedeva l’assunzione in servizio, con le funzioni dirigenziali, del medico; la determinazione retroattiva della sua anzianità di servizio, ai fini giuridici, contributi e previdenziali; nonché l’accettazione, da parte del dott. (…) della somma di euro 100.000,00 «a titolo di risarcimento al danno alla sua professionalità, rinunciando a qualsiasi ulteriore pretesa, dedotta e deducibile, comunque relativa ai pregressi rapporti con la (…).
Secondo il ricorrente, la transazione era, quindi, chiara ed univoca, nel testo letterale, nell’individuare il titolo e l’oggetto della somma riconosciuta in via transattiva, destinata a ristorare non il danno patrimoniale da lucro cessante, sofferto dal dipendente per non aver percepito maggiori compensi nel periodo nel quale avrebbe avuto diritto ad essere assunto a tempo indeterminato, con la qualifica di dirigente medico, ma il solo danno emergente, di natura non patrimoniale, che le medesima situazione antigiuridica aveva prodotto alla sua professionalità, non consentendogli di esercitare l’attività chirurgica corrispondente alla sua specializzazione.
Avrebbe pertanto violato le indicate regole ermeneutiche la CTR, trascurando il canone dell’interpretazione della comune intenzione delle parti, risultante dal complesso dell’atto.
2.1 motivi sono ammissibili, atteso che, diversamente da quanto sostiene la controricorrente, il ricorrente non si limita a sollecitare una mera rivisitazione del giudizio di merito reso dalla CTR in tema di interpretazione dell’ atto transattivo, ma denuncia, puntualmente, la violazione dei criteri normativi in base ai quali tale interpretazione deve essere condotta.
I motivi sono inoltre fondati.
Deve essere premesso che né la sentenza impugnata, né la stessa Amministrazione, assumono la natura simulata della transazione, o comunque una funzione strumentale dello stesso atto, rispetto a finalità diverse da quelle, esplicitate, sia di comporre tra le parti la lite, già insorta (e definita favorevolmente al contribuente nei due gradi di merito ), in ordine al diritto del medico di essere assunto a tempo indeterminato quale dirigente; sia di prevenire l’ulteriore lite, contestualmente preannunciata dal dott. (…) relativa alla lesione della professionalità specifica di quest’ultimo, conseguente alla correlata impossibilità di svolgere l’attività per la quale aveva conseguito la specializzazione.
Non viene quindi dedotto, in relazione al titolo contrattuale da interpretare, alcun intento ulteriore dissimulato dalle parti (ciò che del resto sarebbe difficilmente ipotizzabile in considerazione della natura pubblica della (…).
Tanto premesso, va ricordato che nell’interpretazione del contratto, il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, mentre soltanto se esso risulti ambiguo può farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall’art. 1362 all’art. 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dall’art. 1366 c.c. all’art. 1371 c.c. (Cass. 11/11/2021, n. 33451).
Nel caso di specie, come denunciato dal ricorrente, la CTR non ha rispettato il criterio letterale, e la sua relazione con gli ulteriori canoni, prescindendo totalmente dalla lettera inequivoca del testo contrattuale, quando ha affermato che il contribuente ha ricevuto, a seguito della transazione, «una somma riferibile agli emolumenti che la (…) avrebbe dovuto corrispondere al medico in ragione del rapporto di lavoro», che «a parte un accenno nella premessa della transazione, nessun riferimento è stato fatto in tale atto a tipologie di danni risarciti ulteriori rispetto a quelli per i mancati compensi», e che «l’inserimento di un cenno nell’atto transattivo esula dal contenuto transattivo».
L’interpretazione offerta dalla CTR, invero, non si misura con il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate nell’atto transattivo, che invece, dopo aver premesso che il dott. (…) preannunciava di voler introdurre ulteriore e separata azione per il risarcimento anche del danno alla sua professionalità, ha correlato espressamente proprio a tale danno l’unica posta risarcitoria concordata, limitando per il resto il ristoro all’attribuzione al medico del rapporto a tempo indeterminato e del ruolo dirigenziale, con effetto retroattivo ai fini giuridici, contributi e previdenziali.
In particolare, la CTR, disconoscendo qualsiasi rilevanza contrattuale alla previsione testuale esplicita del danno alla professionalità del medico, poggia sulla considerazione che nei giudizi di primo e secondo grado tale posta risarcitoria non sarebbe stata domandata e quindi neppure provata. Tuttavia, così operando, il giudice d’appello non prende in considerazione l’esplicita e letterale premessa, contenuta nella transazione, relativa proprio alla pretesa, contestualmente preannunciata, dell’ulteriore posta risarcitoria, rappresentata dal danno alla professionalità. E così facendo, la CTR non solo erra in diritto, rispetto ai canoni di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., ma non considera che, ai sensi dell’art. 1965 cod. civ., la transazione ben può prevenire una lite che potrebbe insorgere tra le parti e , tra le reciproche concessioni che le parti si fanno, può certamente comprendere la rinuncia, totale o parziale, di diritti disponibili delle parti, anche ove si tratti di situazioni giuridiche già riconosciute da sentenze di primo grado e d’appello.
Nella sostanza, dunque, la CTR, interpretando la transazione, per quanto rileva ai fini fiscali, esclusivamente nell’ottica delle pretese accolte dalle sentenze di merito intervenute nei giudizi pregressi tra le parti, prescinde a priori dal testo contrattuale dello stesso negozio, che non solo menziona l’ulteriore lite che può sorgere tra le parti e la previene, ma ad essa correla la posta risarcitoria concordata.
La sentenza impugnata va, quindi, cassata, con rinvio al giudice a quo, il quale dovrà pertanto innanzitutto procedere ai relativi accertamenti in fatto, ovvero all’interpretazione del negozio transattivo secondo i canoni ed i principi di diritto richiamati. Dall’esito di tali accertamenti dipenderà, infatti, la conseguente disciplina fiscale applicabile, atteso che, secondo questa Corte, in tema di classificazione dei redditi ex art. 6, secondo comma, TUIR, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), e non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente); non è quindi tassabile il risarcimento del danno ottenuto dal lavoratore dipendente, anche in via transattiva, per la perdita di “chance” di accrescimento professionale (cfr. Cass. 05/05/2022, n. 14329).
Pertanto, in applicazione del principio contenuto nell’art. 6, secondo comma, t.u.i.r., occorre distinguere fra somme destinate a risarcire il danno inerente al mancato percepimento di un reddito da lavoro – le quali sono soggette alla medesima tassazione della componente di reddito che sono destinate a sostituire – e somme destinate a ristorare il danno non patrimoniale – da impoverimento della capacità professionale, con connessa perdita di “chances”- che invece devono ritenersi esenti da tassazione; spetta al contribuente dimostrare che, nel caso concreto, le somme percepite sono collegate a questa seconda categoria di danni esenti (cfr. Cass. 27/03/2023, n. 8615)
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo-sezione staccata di Pescara in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.