Corte di Cassazione, ordinanza n. 15030 depositata il 29 maggio 2023
principio di non contestazione – nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria causa petendi e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 – in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio
RILEVATO CHE
la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dal Consorzio di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno avverso la pronuncia n. 4482/2016 della Commissione tributaria provinciale di Caserta in rigetto del ricorso proposto dall’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero — Diocesi di Capua avverso avviso di notifica per il pagamento di contributi consortili (annualità 2015);
avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale l’istituto
religioso propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
il Consorzio resiste con controricorso
CONSIDERATO CHE
1.1 con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (artt. 4 e 59 r.d. R.D. 13/2/1933 n. 215, artt. 6, 8, 10, 16 della Legge Regionale n. 4 del 25.2.2003) e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente omesso di ritenere irrilevanti il piano di classifica ed il perimetro di contribuenza in assenza del piano generale di bonifica;
1.2 con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 10 e 11 r.d. R.D. 13/2/1933 n. 215 e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia omesso di rilevare la mancata prova da parte del Consorzio «della misura dei benefici e vantaggi apportati a tali fondi», non avendo l’ente impositore allegato quali fossero stati «gli interventi, i costi degli stessi, la loro finalità, la loro utilità ai fondi del consorziato», né dimostrato di avere eseguito opere di bonifica, avendo altresì eccepito il contribuente l’omessa trascrizione del piano di classifica con conseguente illegittimità ed inefficacia del piano di classifica;
1.3 con il terzo motivo il ricorrente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., denuncia violazione dell’art. 11 r.d. R.D. 13/2/1933 n. 215, degli artt. 860, 864 e 2697 cod. civ., dell’art. 7 legge n. legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 3 legge 7.8.1990 n. legge 7.8.1990 n. 241, lamentando che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente posto l’onere della prova del beneficio conseguito dal fondo onerato a carico del contribuente, pur avendo quest’ultimo contestato il piano di classifica e la mancanza di benefici e vantaggi a favore dei fondi, come comprovato dalla documentazione prodotta nel giudizio, il che avrebbe dunque determinato l’onere del Consorzio di «dare prova delle opere eseguite e dei vantaggi specifici e diretti ai fondi»;
1.4 con il quarto motivo il Consorzio denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. , dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 5 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente ritenuto «non potersi provare la specifica contestazione dell’assenza del beneficio dando per scontato che qualsiasi documento all’uopo prodotto non potesse essere idoneo a tale prova, giudicata “diabolica”» senza valutare la produzione, da parte dell’Istituto, di prove quali la perizia di parte e le dichiarazioni rese da terzi, che non risultavano neppure specificamente contestate, ex art. 115 cod. proc. civ., da controparte né in primo grado né in appello;
2.1 la prima censura va disattesa;
2.2 è assorbente rilevare che lo stesso ricorrente afferma di aver sollevato la questione circa la mancata previa adozione del piano generale, tale da determinare l’illegittimità del piano di classifica, nella comparsa di costituzione in appello, senza in alcun modo indicare di aver formulato originariamente tale contestazione nel ricorso introduttivo;
2.3 com’è noto, tuttavia, nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria causa petendi e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cass. 32390 del 03/11/2022, n. 13742 del 03/07/2015);
2.4 trattasi, quindi, come contestato anche dal Consorzio controricorrente, di questione nuova, che non poteva essere presa in esame dal Giudice del gravame;
3.1 il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, vanno parimenti disattesi;
3.2 la giurisprudenza di legittimità è ferma nel correlare alla mancanza di specifiche contestazioni del piano di classifica una presunzione di godimento dei benefici consortili quale presupposto dell’obbligo contributivo (cfr. Cass. 4671/2012; Cass. 13167/2014; Cass. 23220/2014; Cass. 24356/2016; Cass. 13130/2017);
3.3 nel caso in esame, l’attività di bonifica idraulica dei territori in oggetto (comprensiva anche della manutenzione e dello sviluppo delle opere infrastrutturali di mantenimento) muove – ai sensi della citata normativa di riferimento, di natura sia statuale sia regionale – dalla previa approvazione di un «piano di classifica», individuante i benefici derivanti agli immobili dei consorziati, con l’elaborazione dei relativi indici di quantificazione;
3.4 orbene, su tale premessa, occorre richiamare quanto già stabilito da questa Corte di legittimità, secondo cui: – l’adozione di tali strumenti, segnatamente del piano di classifica, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; – qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod.civ.; – qualora, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato;
3.5 già le SS. UU. hanno avuto modo di affermare, in particolare, che: «quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell’an” del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio» (SSUU n. 11722/2010);
3.6 il principio si pone nel solco tracciato dalla sentenza 26009/2008 delle SS.UU. della Corte secondo cui «in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione… restan(do)… ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo»;
3.7 è stato ulteriormente precisato che «in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente» (cfr. n. 20681/2014. n. 21176/2014 e nello stesso senso Cass. n. 6839/2020; Cass. 11471/2022 in motiv);
3.8 costituisce, dunque, principio consolidato, dal quale non v’è ragione di discostarsi, che «in tema di contributi di bonifica, ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente, grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal consorzio» (cfr. Cass. n. 9511/2018, n. 24356/2018, n. 23220/2014);
3.9 nella specie, la parte contribuente non ha, né principalmente né incidentalmente, proposto specifica impugnativa o contestazione del piano di classifica in quanto tale, essendosi infatti limitata ad affermare che nessun vantaggio era di fatto alla sua proprietà derivato dall’esecuzione delle opere di bonifica, e non avendo ritualmente formulato, come dianzi illustrato, la contestazione circa la mancata approvazione del Piano Generale di Bonifica;
3.10 dunque, a fronte del dato pacifico di causa costituito dall’inserimento del fondo del contribuente nel perimetro consortile, e della mancata contestazione da parte di quest’ultimo del piano di classifica e di ripartizione approvato dall’autorità regionale, gravava sul contribuente medesimo l’onere di superare la presunzione relativa di vantaggiosità specifica, mediante prova contraria (cfr. 2 settembre 2016, n. 18891; Cass. 31 ottobre 2014, n. 23223; Cass. 11 giugno 2014, n. 13167; Cass. sez. 5, 24 febbraio 2012, n. 2831; Cass. sez. 5, 18 gennaio 2012, n. 656 e 657, dopo gli interventi delle Sezioni Unite con le pronunce n. 26009 del 30 ottobre 2008 e n. 11722 del 14 maggio 2010);
3.11 la decisione impugnata risulta quindi conforme ai principi dianzi illustrati laddove è stato posto a carico del contribuente l’onere «di provare l’assenza del beneficio»;
3.12 sono inoltre inammissibili le censure relative alla dedotta mancata valutazione della prova documentale, fornita dal contribuente, circa l’assenza di vantaggi o benefici arrecati al fondo dalle opere di bonifica a causa dell’incuria e assenza di manutenzione da parte del consorzio;
3.13 invero, trattasi di critica formulata alla sentenza di appello che investe l’inesatta ricostruzione della fattispecie concreta alla stregua delle risultanze istruttorie, e non l’errata applicazione del canone di riparto dell’onere della prova, sicché la denuncia, così come formulata, non prospetta un vizio di violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, bensì un errore di fatto, che doveva essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque entro gli stretti limiti consentiti dall’attuale art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 L. n. 83/2012, convertito con modificazioni in L. n. 134/2012;
4.1 da ultimo, è infondato anche il quarto motivo;
4.2 in merito alla violazione del principio di non contestazione ex 115 cod. proc. civ., come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. 6 febbraio 2015, n. 2196) la non contestazione, assurta dopo la novellazione dell’art. 115 cod. proc. civ., a principio generale del processo, e come tale suscettibile di essere applicato anche nel giudizio tributario, seppure al netto della specificità dettata dalla non disponibilità dei diritti controversi nel processo de quo, concerne esclusivamente il piano (probatorio) dell’acquisizione del fatto non contestato, ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo;
4.3 inoltre, va considerato che il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui in ogni caso un limite strutturale insito nel fatto che l’atto impositivo non è l’atto introduttivo del processo quanto piuttosto l’oggetto (immediato), per lo meno nei casi in cui venga in questione la pretesa tributaria in esso riportata, sicché la cognizione del giudice è limitata dai profili che siano stati contestati col ricorso, e anche laddove, in base all’art. 23 del d.lgs. n. 546/1992, l’attenzione sia rivolta (come nella specie) alle difese dell’ente impositore resistente, e si intenda sottolineare che la parte resistente deve all’atto della costituzione in giudizio esporre «le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente», indicando «le prove di cui intende valersi» e proponendo «altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio», non per questo può trascurarsi che l’ente impositore fonda la pretesa su un atto preesistente al processo, nel quale i fatti costitutivi sono stati già allegati in modo ovviamente difforme da quanto dal contribuente ritenuto;
4.4 ne consegue che l’onere di completezza della linea di difesa, che in concreto si desume dal suddetto art. 23, per quanto interpretato in coerenza col principio di non contestazione desumibile dall’art. 115 cod. proc. civ., non può essere considerato come base per affermare esistente, in capo all’amministrazione (o dell’ente consortile, nel caso in esame), un onere aggiuntivo di allegazione rispetto a quanto già dedotto nell’atto impositivo, sicché, in definitiva, con riferimento alla fattispecie, è nella richiesta di pagamento dei contributi consortili che va ricondotta l’affermazione, da parte del Consorzio, della spettanza degli importi richiesti circa l’esistenza del beneficio e vantaggio a favore del fondo del contribuente, e la conseguente contestazione delle contrarie deduzioni di quest’ultimo, ed anche un’eventuale mancata, specifica, presa di posizione dell’ente impositore sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi;
4.5 è opportuno, inoltre, ribadire che l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti, e non già i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria, la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice di merito (cfr. Cass. n. 12748 del 21/06/2016, conforme Cass. n. 6606 del 06/04/2016, secondo la quale in particolare resta in ogni momento la significatività o valenza probatoria dei documenti prodotti oggetto di discussione tra le parti e suscettibile di autonoma valutazione da parte del giudice), e con l’ulteriore precisazione che il principio di non contestazione di cui agli artt. 115 e 416 cod. proc. civ. riguarda solo i fatti c.d. primari, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, mentre non si applica alle mere difese (cfr. Cass. n. 17966 del 13/09/2016);
4.6 nella specie, non vi è dubbio, quindi, che il Consorzio abbia tempestivamente e ritualmente contestato in primo grado le pretese avversarie circa l’assenza di una utilitas generata dalle opere di bonifica e dunque spettava al Giudice valutare se i documenti prodotti costituissero prova del fatto contestato, senza alcuno spazio operativo per il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c.;
5. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto;
6. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida, in favore del Consorzio, in misura pari ad Euro 3.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.