CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 15549 depositata il 1° giugno 2023
Tributi – Accise sull’energia elettrica autoprodotta da fonti rinnovabili – Cessione a titolo oneroso dell’energia ai soci di cooperativa – Agevolazione prevista dall’art. 52 del D.Lgs. n. 504/1995 – Mancanza dell’autoconsumo dell’energia – Autoproduttore di energia – Legge n. 208/2015, art. 1, comma 911 – Rigetto
Rilevato che
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli inviti al pagamento con cui l’Agenzia delle dogane richiedeva alla predetta cooperativa, con riferimento agli anni d’imposta dal (…), il versamento delle accise sull’energia elettrica dalla medesima autoprodotta da fonti rinnovabili e poi fornita ai propri soci, la CTR della Valle d’Aosta con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello proposto dalla cooperativa avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo l’inapplicabilità dell’agevolazione prevista dal d.lgs. n. 504 del 1992, art. 52 (ndr d.lgs. n. 504 del 1995, art. 52) in quanto la cooperativa non aveva autoconsumato l’energia prodotta ma l’aveva ceduta ai propri soci e della l. n. 208 del 2015, art. 1 comma 911, che estendeva l’applicabilità di quell’agevolazione anche nei casi di cessione di energia ai propri soci, in quanto norma non retroattiva, ritenendo, altresì, non applicabile in ambito tributario la nozione di autoproduttore contenuta nel d.lgs. n. 79 del 1999, art. 2 c.d. decreto Bersani. Sosteneva, infine, che il principio di buona fede e di legittimo affidamento di cui alla l. n. 212 del 2000, art. 7 pure invocato dalla ricorrente, operasse solo con riferimento alle sanzioni e agli interessi ma non escludeva la debenza del tributo.
2. Avverso tale statuizione la cooperativa propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. L’Agenzia delle dogane resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, viene dedotta la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 52, comma 3, lett. b) (ndr d.lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b) ), (TUA) nonché dell’art. 12, comma 1 preleggi. La ricorrente censura la statuizione impugnata perché la CTR, nell’affermare la differenza soggettiva tra socio e società cooperativa, aveva effettuato una “lettura estremamente restrittiva e formalistica della norma di esenzione” che portava alla “negazione di ogni rilevanza e peculiarità dello schema causale tipico della società cooperativa e dello scopo mutualistico, peraltro fondata anche sulla violazione del d.lgs. n. 79 del 1999, art. 2 comma 2, che aveva espressamente riconosciuto la qualifica di autoproduttore anche ai soci delle società cooperative.
2. Il motivo è infondato e va rigettato.
2.1. Richiamando quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in particolare nell’ordinanza n. 18863 del 2020, “la previsione di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 52, comma 3, lett. b), (ndr d.lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b) ) riconosce il diritto all’esenzione solo ai soggetti autoproduttori di energia elettrica da fonti rinnovabili che la consumano direttamente per sé, mentre diversa è l’ipotesi, quale quella di specie, in cui il soggetto autoproduttore, cioè la società consortile, cede a titolo oneroso l’energia elettrica autoprodotta: in questo caso, invero, il soggetto che autoproduce non coincide con il soggetto che la consuma; sicché, l’esenzione deve essere riconosciuta unicamente alla società consortile che produce l’energia, nei limiti del consumo dalla stessa praticato, e non già per l’ipotesi in cui la società consortile ceda l’energia elettrica a distinti soggetti giuridici quali sono i consorziati (nello stesso senso, sebbene con riferimento alle addizionali locali sull’energia elettrica, vd. Cass. civ., 9 aprile 2014, n. 8203; Cass. civ., 12 settembre 2008, n. 23529), pena facili ed intuibili elusioni della disposizione agevolativa”.
2.2. Quanto alla nozione di “autoproduttore” contenuta nel d.lgs. n. 79 del 1999, art. 2 comma 2, attuativo della direttiva n. 96/92/CE del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, stabilisce che, agli effetti del menzionato decreto, “Autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui alla l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4 n. 8, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
2.3. Orbene, richiamando ancora Cass. n. 18863 del 2020 (ma in termini, tra le più recenti, anche Cass. n. 20819 del 2020, Cass. n. 26142 del 2019 e Cass. n. 33 592 del 2019), “va osservato che questa Corte (Cass. civ., 12 settembre 2008, n. 23529) ha precisato che non può influire sulla regolamentazione della presente fattispecie una definizione contenuta in una legge diretta a scopi diversi da quelli perseguiti dalla normativa tributaria, essendo il d.lgs. n. 79 del 1999 finalizzato a regolare il mercato interno dell’energia elettrica ed i comportamenti dei principali operatori, restando la materia fiscale estranea a tale normativa; pertanto, la nozione di autoproduttore di cui al citato d.lgs. n. 79 del 1999 non è idonea ad individuare i soggetti esentati dal pagamento delle accise ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b) TUA, i quali non rientrano nella menzionata definizione; ad ulteriore supporto di tale argomento valgano le seguenti considerazioni: a) il d.lgs. n. 79 del 1999, art. 2 comma 1, precisa che le definizioni di cui ai successivi commi valgono ai soli fini del decreto e, pertanto, la definizione di autoproduzione di cui al comma 2 trova un limite applicativo testuale; b) le finalità del Decreto Bersani, in linea con la direttiva n. 96/92/CE sono quelle di perseguire un mercato concorrenziale dell’energia elettrica, mentre il T.U. Accise, come modificato dal d.lgs. n. 26 del 2007, in attuazione della direttiva n. 2003/96/CE, ha come obiettivo l’armonizzazione della tassazione degli Stati membri della UE in materia di accise sui prodotti energetici: in questo contesto, la definizione di autoproduzione di cui al Decreto Bersani deve fare i conti con la qualifica di soggetti obbligati al pagamento delle accise che hanno le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio ai sensi del T.U. Accise”.
2.4. Peraltro, a conferma della tesi qui sostenuta è sufficiente osservare che l’estensione dell’agevolazione in esame anche alle cessioni di energia prodotta dalla cooperativa ai propri soci è stata attuata dal Legislatore attraverso l’emanazione di una specifica disposizione, ovvero la l. n. 208 del 2015, art. 1 comma 911, di chiara portata innovativa e, quindi, non applicabile retroattivamente, per come si dirà esaminando il secondo motivo.
3. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, viene dedotta la violazione e falsa applicazione della l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 911, (Legge di Stabilità 2016) e dell’art. 12, comma 1 preleggi. La ricorrente censura la statuizione impugnata per avere la CTR ritenuto la disposizione della legge di Stabilità citata avere portata innovativa, come tale inapplicabile al caso in esame, e non interpretativa.
3.1. la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 911 (Legge di Stabilità 2016) prevede che “il d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 52 comma 3, lett. b), si applica anche all’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kw, consumata dai soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui alla l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4 n. 8), in locali e luoghi diversi dalle abitazioni”.
3.2. Il successivo comma 999 prevede che “La presente legge, salvo quanto diversamente previsto, entra in vigore il 1 gennaio 2016”. Ne consegue che, in mancanza di una espressa previsione di applicabilità retroattiva del comma 911, l’esenzione dall’accise alle cessioni di energia elettrica da parte della cooperativa ai propri si applica soltanto dall’anno d’imposta 2016. Ne’ alla citata disposizione può attribuirsi natura interpretativa del previgente d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 52 comma 3, lett. b) (ndr d.lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b), in difetto di un’espressa qualificazione in tal senso e di pregressi dubbi di tipo esegetico in ordine all’effettiva portata della stessa, ma anche perché la norma in esame ha portata fortemente innovativa (e non esplicativa) della citata disposizione, estendendo anche ai soci delle cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica l’esenzione dalle accise, prima chiaramente esclusa. Non è quindi suscettibile di applicazione retroattiva (così in Cass. n. 27628 del 2020; sull’irretroattività della disposizione censurata anche la giurisprudenza sopra citata, Cass. n. 20819 del 2020, Cass. n. 18863 del 2020, Cass. n. 33592 del 2019 e Cass. n. 26142 del 2019).
3.3. Il motivo in esame è, quindi, infondato.
4. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, viene dedotta la violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 10 comma 2 proponendo, altresì, istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE ex art. 267 TFUE.
4.1. La ricorrente censura la sentenza d’appello per avere, con riferimento ai tributi pretesi dall’amministrazione doganale, escluso la violazione dei principi di buona fede e legittimo affidamento ingenerato dal comportamento dell’amministrazione stessa che in precedenza aveva avallato l’inapplicabilità delle accise alle cessioni della cooperativa ai propri soci.
4.2. Al riguardo la ricorrente ha chiesto investirsi la Corte di giustizia dell’applicabilità dei principi di cui sopra anche ai tributi oltre che alle sanzioni e agli interessi.
5. Il motivo è infondato e va rigettato come pure va rigettata l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.
5.1. Invero, la CTR ha peraltro fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dalla l. n. 212 del 2000, art. 10 commi 1 e 2, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. ed, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione Europea, sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni” (così Cass. n. 370 del 9/01/2019, con ampi riferimenti alla giurisprudenza Europea in materia di tributi armonizzati; sempre con riferimento all’esclusione delle sole sanzioni, si vedano ancora Cass. n. 10499 del 3/05/2018; Cass. n. 12635 del 8/02/2017; Cass. n. 5934 del 25/03/2015; Cass. n. 16692 del 3/07/2013; Cass. n. 21070 del 13/10/2011; Cass. n. 19479 del 10/09/2009; v. anche Cass., sez. un., n. 23031 del 2007, in motivazione, par. 3).
5.2. Orientamento, questo appena ricordato, che la Corte ha più volte confermato e ribadito proprio in relazione a fattispecie del tutto analoghe, nelle pronunce sopra citate (cfr. Cass. n. 20819 del 2020, Cass. n. 18863 del 2020, Cass. n. 33 592 del 2019 e Cass. n. 26142 del 2019) alle cui ampie argomentazioni non può che rimandarsi.
5.3. Nelle stesse si è anche affrontata e risolta la questione posta con l’istanza di rinvio pregiudiziale negandone l’accoglimento. Richiamando sul punto quanto affermato nella successiva Cass. n. 22002 del 2020 (cfr. in motivazione, p. 9.9. e 9.10.) va detto che “non sussistono i presupposti per dar luogo al chiesto rinvio pregiudiziale, tenuto conto che la Corte di giustizia ha già ampiamente chiarito che, se è vero che il diritto ad avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento “si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito” (ex multis, CGUE 14 giugno 2017, in causa C-26/16, punto 76; CGUE 9 luglio 2015, in causa C-183/14, punto 44; CGUE 5 marzo 2015, in causa C-585/13, punto 95), tuttavia “il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’amministrazione” (CGUE 11 aprile 2018, in causa C-532/16, punto 50; CGUE 6 febbraio 1986, in causa C-162/84, punto 6). Rientra, pertanto, nella specifica competenza del giudice nazionale stabilire se, avuto conto della specificità del caso concreto, sussistano i presupposti per il riconoscimento della inapplicabilìtà del tributo ovvero, più semplicemente, delle sanzioni e degli interessi. Ne consegue che, se l’Amministrazione finanziaria non ha fornito una corretta interpretazione del dato normativo, non per questo è possibile escludere il diritto alla riscossione dell’imposta, opportunamente temperato, nel caso di specie, con la mancata applicazione di sanzioni ed interessi” (Cass. n. 22002 del 2020, in motivazione, p. 9.9. e 9.10.)”.
6. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e le spese processuali compensate in quanto la decisione è stata assunta sulla base di pronunce giurisprudenziali successive o comunque coeve alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.
Ai sensi del D.P.R. N. 115 DEL 2002, ART. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
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