CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza n. 15565 depositata il 1° giugno 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – Infedele dichiarazione – Omesso versamento – ICI – Valore venale – Area edificabile – Vincolo di inedificabilità – Accoglimento
Ritenuto che
– la controversia ha ad oggetto l’impugnazione avverso avvisi di accertamento emessi dal Comune di Bologna (d’ora in poi ricorrente) nei confronti di R.F.I. s.p.a. (d’ora in poi controricorrente) per infedele dichiarazione e omesso versamento Ici relativamente agli anni (…) (avvisi nn. (…)), (…) (avvisi nn. (…)), (…) (avvisi nn. (…)), (…) (nn. (…));
– i terreni di proprietà della controricorrente risultavano inseriti nel piano regolatore generale, ma successivamente erano stati sottoposti a vincolo per la realizzazione di un’opera di pubblica utilità, consistente nella linea ferroviaria ad alta velocità;
– il ricorrente aveva accertato la maggiore imposta ritenendo le aree edificabili e prendendo come base per il calcolo il corrispettivo pagato dalla controricorrente ai vecchi proprietari a titolo di giusta indennità dell’esproprio;
– la CTP aveva accolto i ricorsi introduttivi del giudizio sul presupposto della finalità di pubblica utilità dell’area destinata al transito della linea ferroviaria e della carenza del requisito di edificabilità;
– la CTR aveva confermato le sentenze di primo grado, ritenendo trattarsi di area edificabile, ma non utilizzabile allo scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici vigenti;
– la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso (Cass. n. 14765 del 2015), aveva rinviato al giudice del merito sul presupposto che: a) la sentenza aveva omesso la pronuncia in ordine al valore dell’area oggetto dell’avviso di accertamento; b) il valore venale di un’area edificabile doveva essere desunto dalla qualificazione dell’area attribuita nel piano regolatore generale, tenendo in debito conto il sopravvenuto vincolo di inedificabilità e la maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie e la possibile incidenza di ulteriori oneri di urbanizzazione;
– riassunto l’appello dalla ricorrente, la CTR ha confermato la sentenza appellata e annullato gli avvisi impugnati affermando che:
– la Suprema Corte si era già pronunciata in riferimento al valore venale da attribuire ad un’area similare per l’anno (…) (Cass. n. 11654 del 2015) confermando le pronunce di merito e aveva ritenuto che tali aree fossero prive di valore edificatorio, in quanto l’astratta destinazione edificatoria è stata espressamente annullata dal successivo provvedimento amministrativo approvato dal comune;
– il vincolo dell’area ad un’opera di pubblica utilità integra oggettivamente la negazione di una possibile edificabilità della suddetta area “a meno di un’ulteriore intervento amministrativo che ne cambi la destinazione e/o il vincolo..”;
– l’area oggetto dell’avviso non può avere un valore venale “cioè un valore scaturente da una libera contrattazione di compravendita, in quanto il suo stato di fatto e di diritto fa venire meno la possibilità di trovare un compratore disponibile”;
– il ricorrente propone ricorso fondato su cinque motivi, la controricorrente si costituisce con controricorso e deposita istanza di discussione orale.
Considerato che
1. Deve preliminarmente essere rigettata l’istanza di discussione orale presentata dalla controricorrente, in quanto la controversia non solleva questioni di rilevanza nomofilattica. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c. Si duole che la sentenza impugnata non si sia uniformata a quanto stabilito nella sentenza rescindente la quale ha richiesto al giudice del rinvio una pronuncia sull’effettivo valore venale dell’area. La sentenza ha affermato che le aree sono “prive” di valore venale, ma, ad avviso del ricorrente, la stessa non doveva decidere sulla sussistenza del valore venale, dovendo solamente procedere alla sua determinazione. La motivazione risulta, ad avviso del ricorrente, poi fondata su un precedente della Corte di Cassazione (Cass. n. 11654 del 2015) da considerarsi errato.
Si contesta che il giudice del rinvio abbia omesso di verificare la natura, l’estensione, le caratteristiche e le conseguenze del vincolo di inedificabilità, limitandosi ad affermare che l’esistenza di un vincolo di inedificabilità priva di valore l’area. Sotto un altro profilo evidenzia che il valore attribuito a tali aree dal comune, dell’importo di Euro 765 di media degli 11 accertamenti, rendeva già evidente che era stato tenuto in considerazione il vincolo, mentre la sentenza impugnata ha fondato il proprio giudizio riferendosi agli esiti di un giudizio relativo ad altre aree e ad altre annualità e ad altri valori.
1.1. Il motivo è fondato. La sentenza rescindente ha stabilito che “la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice di secondo grado affinché valuti con congrua motivazione la corretta determinazione del valore dell’area da parte del comune in base al quale parametrare l’imposta ICI sulla base dei valori venali in comune commercio e tenuto conto del sopravvenuto vincolo di inedificabilità”.
Il giudice del rinvio ha chiarito che la specifica destinazione dell’area e la sua inclusione del Piano regolatore generale come “zona destinata a servizi pubblici o di interesse pubblico” non esclude il carattere oggettivo di area edificabile secondo lo strumento urbanistico generale e l’appartenenza alla predetta categoria in base al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2. Tale inclusione incide piuttosto nella determinazione del valore venale dell’immobile, che dovrà essere parametrato alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie. Posto, infatti, che l’edificabilità di un’area dipende dalla sua inclusione come tale nel PRG, condizione necessaria e sufficiente per la sua assoggettabilità all’ICI, i vincoli di inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva, devono tenersi distinti dai vincoli di destinazione per la realizzazione della linea ferroviaria che non fanno venir meno la originaria natura edificabile dell’area secondo il Piano Regolatore Generale.
La sentenza impugnata ha affermato, invece, che “seppure in astratto l’area oggetto dell’avviso impugnato sia da considerarsi edificabile, però, nei fatti, il successivo vincolo dell’area ad un’opera di pubblica utilità integra oggettivamente la negazione di una possibile edificabilità della suddetta area…” e ancora “l’area oggetto dell’avviso, gravata dal vincolo di inedificabilità per pubblica utilità, non può nei fatti avere un valore venale, cioè un valore scaturente da una libera contrattazione di compravendita, in quanto il suo stato di fatto e di diritto fa venir meno la possibilità di trovare un compratore disponibile”.
Negando ogni valore alle aree in oggetto la sentenza impugnata ha disatteso le indicazioni del giudice del rinvio, che, riportandosi ad un orientamento di legittimità consolidato, ha affermato che la semplice inclusione dei terreni nel Piano regolatore generale comporta la loro edificabilità e ciò costituisce condizione necessaria e sufficiente per la sua assoggettabilità all’ICI.
La sussistenza di un vincolo di edificabilità, ad avviso del giudice del rinvio, infatti, pur non avendo inciso sulla natura edificabile originaria del terreno, così come qualificato in base allo strumento urbanistico generale, ha sicuramente inciso sulla determinazione del valore venale in comune commercio dell’area in questione, valore che comunque sussiste.
Il ricorrente in proposito ha precisato che la variante urbanistica dallo stesso approvata ha comportato l’inclusione delle aree in oggetto della zona M, sottozona MF ferroviaria, che il Piano regolatore generale qualifica espressamente come edificabile. In tali zone sono consentite trasformazioni edilizie, sulla base di quanto disposto dalle Note tecniche di attuazione (artt. 13 e 16, doc. n. 2 e 3 allegati al ricorso).
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c.
Avendo affermato che le aree sono prive di valore venale, la sentenza, ad avviso del ricorrente, ha fornito solo un’apparente risposta a quanto richiesto dalla Suprema Corte.
2.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha fornito una motivazione in ordine al valore delle aree, come sopra riportata per esteso, e la circostanza che abbia concluso nel senso che le stesse siano prive di valore commerciale non equivale ad una omessa pronuncia.
3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza che le aree oggetto del giudizio non erano gravate da un vincolo di inedificabilità assoluta, ma da vincolo di destinazione per la realizzazione della linea ferroviaria.
Ci si duole che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto delle indicazioni della sentenza rescindente la quale aveva chiaramente specificato che “i vincoli di inedificabilità assoluta stabiliti in via generale e preventiva devono tenersi distinti dai vincoli di destinazione per la realizzazione della linea ferroviaria che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile dell’area secondo il piano regolatore generale”. In proposito il ricorrente precisa che la variante urbanistica approvata, con la quale le aree sono state destinate alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità, ha comportato l’inclusione delle stesse nella zona M, sottozona MF ferroviaria, che il piano regolatore generale qualifica espressamente come edificabile.
4. Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 2 e 5. Si censura che la sentenza impugnata, affermando che il vincolo per destinazione alla linea ferroviaria rende le aree in oggetto completamente prive di qualsiasi valore venale, si è posta in contrasto, non solo, con l’indicazione del giudice del rinvio, ma anche con un consolidato orientamento di legittimità violando le norme sopra citate.
5. Con il quinto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti. Evidenzia, in particolare, che dalla stessa perizia posta base del giudizio di rinvio risulta che le aree sono gravate da un mero vincolo di destinazione e non da un vincolo di inedificabilità e che quindi si tratta di aree fabbricabili. Evidenzia anche che l’elaborato peritale della controricorrente riconosce che alcune aree sono interamente soggette a vincolo di inedificabilità assoluta, mentre altre no, e che in alcune aree la possibilità di edificazione è negata da vincoli ambientali. Ci si duole, pertanto, che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto delle sensibili differenze tra le aree oggetto del giudizio in ordine alle relative possibilità edificatorie e che l’accertamento doveva essere condotto sulle aree oggetto del giudizio e non in astratto con riferimento ad aree ritenute similari.
6. I motivi terzo, quarto e quinto restano assorbiti, stante l’accoglimento del primo motivo.
7. Da quanto esposto segue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e il rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, assorbiti gli altri;
cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.