Corte di Cassazione, ordinanza n. 16717 depositata il 14 giugno 2021
l’impugnativa giudiziale dell’atto impositivo, pur impedendo di considerare l’atto stesso definitivo e dunque esaurito il rapporto tributario, non esclude tuttavia che l’ente impositore ne faccia valere, eventualmente anche tramite il concessionario del servizio di riscossione nei casi in cui ciò sia previsto dalla legge
Rilevato che
§ 1. La I. Alberghi snc propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 11617/31/2016 del 20.12.2016, con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in parziale riforma della prima decisione, ha ritenuto solo in parte legittime le ingiunzioni emesse nei suoi confronti da Sorit spa (concessionario per la riscossione del Comune di Casamicciola Terme) per il pagamento di lei 2006-2008.
La commissione tributaria regionale, per quanto ancora rileva, ha osservato che:
le ingiunzioni fiscali si basavano su avvisi di accertamento impugnati dalla società contribuente, avanti alla CTP di Napoli, con diversi esiti: di annullamento (avvisi nn. 650373 e 750369) o di inammissibilità del ricorso (avvisi nn.550144, 650146, 750116);
in relazione ai primi, le ingiunzioni dovevano effettivamente ritenersi illegittime dal momento che, pur potendo esse venire notificate anche in pendenza del giudizio sugli atti impositivi (posto che questi ultimi, per quanto impugnati, mantenevano carattere esecutivo, salva sospensione giudiziale), la definizione (anche se non ancora passata in giudicato) di tale giudizio con l’annullamento dei prodromici avvisi travolgeva invece necessariamente anche le ingiunzioni, aventi natura riscossiva assimilabile a cartella di pagamento;
in relazione ai secondi, le ingiunzioni erano invece legittime, non ostando alla riscossione la pendenza di un giudizio di opposizione già definito, anche se soltanto in primo grado, con sentenza di inammissibilità dei ricorsi;
le ingiunzioni fiscali da ultimo considerate dovevano inoltre ritenersi legittime anche se prive del visto di esecutorietà giudiziale (dapprima sostituito ex lege con il visto dell’Intendente di Finanza, e poi soppresso), ed anche se notificate direttamente dal concessionario per la riscossione a mezzo del servizio postale, atteso che le modalità di notificazione, equiparate a quelle delle cartelle, dipendevano dalla natura intrinseca dell’atto e non dalla natura soggettiva (privatistica) attribuibile alla società concessionaria dell’ente impositore;
il motivo di appello con il quale la società contribuente intendeva ottenere l’annullamento delle ingiunzioni, perché relative ad avvisi di accertamento lei basati su classamento e rendite catastali definitivamente annullate con sentenza della CTR Campania n. 4710/45/14 del 10 aprile 2014, era inammissibile in quanto nuovo ex art.57 d.lgs. 546/92, perchè dedotto per la prima volta con memoria illustrativa 17 novembre 2016.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalle parti intimate Comune di Casamicciola Terme e Sorit spa.
La ricorrente ha depositato memoria.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1° co. n. 3 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 comma 163 della legge 296 del 2006, atteso che le ingiunzioni in questione si basavano su avvisi di accertamento lei non definitivi, perché ancora sub judice avanti alla commissione tributaria regionale della Campania.
§ 2.2 Il motivo è infondato.
La sola circostanza della pendenza di giudizio di opposizione avverso il prodromico avviso di accertamento non comporta, di per sé, la preclusione alla riscossione (nella specie affidata allo strumento dell’ingiunzione fiscale).
Ciò perché l’impugnativa giudiziale dell’atto impositivo, pur impedendo di considerare l’atto stesso definitivo e dunque esaurito il rapporto tributario, non esclude tuttavia che l’ente impositore ne faccia valere, eventualmente anche tramite il concessionario del servizio di riscossione nei casi in cui ciò sia previsto dalla legge (e sempre fatta salva la sospensione giudiziale interinale degli effetti), l’esecutività conseguente al suo carattere autoritativo (Cass.n. 21582/16; 5759/10 ed altre).
Altro è a dire che la riscossione in pendenza di giudizio sia assoggettata a limitazioni di legge in ragione di un recupero solo frazionato del tributo, perché modulato sulla base dell’esito decisorio dei vari gradi del giudizio stesso.
Si tratta però di profilo che non è stato qui neppure dedotto, e ciò ben si comprende dal momento che, per il tributo in questione, la legge non prevede alcun regime di recupero frazionato; il che rileva anche ad escludere l’applicabilità nella specie della disciplina generale di cui all’articolo 68 d.lgs. 546/92 sul pagamento del tributo in pendenza del processo.
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art.360, F’ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 229 ci.Ivo 51 del 1998 e dell’articolo 2 r.d. 639 del 1910: per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente affermato la legittimità delle ingiunzioni nonostante che queste ultime fossero state E:imesse, non direttamente dal Comune, ma da una società concessionaria di diritto privato, come tale priva del relativo potere; e che, inoltre, esse fossero state notificate direttamente da quest’ultima senza ricorso ad ufficiale giudiziario o messo notificatore del competente ufficio del giudice di pace.
§ 3.2 Il motivo è destituito di fondamento, essendosi in proposito più volte stabilito che: “L’ingiunzione fiscale, anche dopo l’entrata in vigore (1 ° gennaio 1990) del d.P.R. n. 43 del 1988, che ha generalizzato le modalità di riscossione mediante ruolo, costituisce un atto accertativo rivolto a portare la pretesa fiscale a conoscenza del debitore ed a formare il titolo per l’eventuale esecuzione forzata, sicché è consentito allo stesso concessionario, e non più solamente all’uffciale giudiziario o al messo notificatore, procedere alla sua notifica a mezzo posta” (Cass.nn. 24757/20, 2912/17 con ulteriori richiami).
§ 4.1 Con il terzo motivo di ricorso ci si duole – ex art.360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. – della violazione e falsa applicazione dell’articolo 57, secondo comma d.lgs. 546/92 e dell’articolo 2909 cod.civ.: per non avere la Commissione Tributaria Regionale consid1: rato che le ingiunzioni si basavano su un classamento catastale, e sulle relative rendite, annullati con la citata sentenza, passata in giudicato, della CTR Campania n. 4710/45/14 (già depositata in appello ed allegata al ricorso per cassazione); fatto processuale che, sopravvenuto al giudizio di primo grado e non concretante eccezione in senso proprio, ben poteva dalla società essere fatto valere per la prima volta anche in appello.
§ 4.2 Il motivo è fondato.
La Commissione Tributaria Regionale non ha esaminato la doglianza concernente l’effetto sortito sui prodromici avvisi di accertamento – e dunque sulle stesse ingiunzioni fiscali opposte – dall’avvenuto annullamento (si sostiene con effetto di giudicato) delle rendite catastali utilizzate dal Comune per la determinazione della base imponibile, ex art.5 d.lgs.504/92; e questa omissione è stata dalla CTR basata sul convincimento che “trattasi di motivo nuovo e come tale inammissibile ai sensi dell’articolo 57 d.lgs. 546/92, stante il divieto di proposizione di nuove domande o eccezioni in grado di appello (…)”.
Diversamente da quanto così affermato, va invece considerato che la deduzione in oggetto doveva ritenersi ammissibile, perché integrativa non di un ‘nuovo motivo’ avverso la sentenza di primo grado, e neppure di un’eccezione in senso proprio, quanto di un elemento difensivo basato su una circostanza (giudicato esterno su un elemento costitutivo dell’imposizione) sopravvenuta e suscettibile di essere fatta valere in ogni stato e grado del giudizio.
Per quanto intervenuto tra soggetti parzialmente diversi (vertendo il giudizio catastale nei confronti dell’amministrazione finanziaria dello Stato), il giudicato sul classamento e la rendita costituiva fattore decisivo di imposizione a fini lei ex art.5 d.lgs.504/92, cosi’ da determinare – una volta verificato dal giudice di merito – un vero e proprio obbligo conformativo da parte dell’ente comunale impositore, parte anche nel presente giudizio (SSUU n.758/17).
In definitiva, la sentenza va cassata in accoglimento del terzo motivo di ricorso, con rinvio alla CTR Campania in diversa composizione, la quale riesaminerà la fattispecie verificando gli effetti su di essa prodotti dalla più volte menzionata sentenza CTR Campania n.4710/45/14.
Il Giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
PQM
La Corte
accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti qli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.
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