CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 17235 depositata il 15 giugno 2023

Lavoro – Indennità suppletiva clientela – Pensione anticipata di vecchiaia – Dimissioni – requisito contributivo – Pensione di anzianità – Indennità di cessazione del rapporto – Rigetto

Rilevato che

1. La Corte d’appello di Firenze ha accolto l’appello della V.F. sas di V.M. srl e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da S.I. di condanna della società al pagamento dell’indennità suppletiva di clientela, condannando l’agente alla restituzione di quanto ricevuto in esecuzione della sentenza del tribunale.

2. La Corte territoriale ha premesso:

– che la I. era stata agente della società appellante dal maggio 1994 e nel dicembre 2015 si era dimessa per aver maturato il diritto alla pensione anticipata di vecchiaia;

– che la pensione anticipata di vecchiaia è stata introdotta dal decreto legge n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011, che a decorrere dall’1 gennaio 2012 ha abrogato la pensione di anzianità;

– che la domanda azionata dall’agente non poteva fondarsi sull’art. 1751 cod. civ. (secondo cui l’indennità di cessazione non è dovuta “quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività”);

– che gli Accordi economici collettivi (Aec) Commercio 2009, applicabili al rapporto in esame, riconoscevano espressamente il diritto alla indennità di cessazione del rapporto al solo agente dimissionario per il pensionamento di vecchiaia, ma non anche in favore degli agenti che rassegnavano le dimissioni avendo il requisito contributivo per la pensione di anzianità (sostituita nel 2011 dalla pensione anticipata di vecchiaia);

– che tale previsione non poteva essere superata dal fatto che i successivi Aec Commercio del 2017 avevano esteso il diritto alle indennità di cessazione del rapporto anche agli agenti dimissionari per il pensionamento di vecchiaia anticipata, in modo analogo a quanto previsto dagli Aec Industria del 2014.

3. Avverso tale sentenza S.I. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria. La V.F. sas di V.M. srl ha resistito con controricorso.

4. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Considerato che

5. Preliminarmente, deve darsi atto che parte ricorrente, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c., ha eccepito l’inammissibilità del controricorso per difetto di procura speciale. Ha, in particolare, rilevato che il controricorso è stato promosso sulla base di procura generale alle liti notarile, dunque con data certa, risalente al 30.1.2018, ossia ad epoca anteriore sia alla pronuncia della sentenza della Corte di Appello di Firenze (emessa il 13.11.2018 e pubblicata il 18.12.2018) oggetto del presente giudizio, sia alla notifica del ricorso introduttivo avvenuta il 16.5.2019; che la procura generale non contempla specificamente il presente giudizio di cassazione né contiene alcun riferimento alla decisione impugnata; che il procuratore generale alle liti non è abilitato a conferire, a nome del proprio rappresentato, né a se stesso né ad altri la procura speciale per il ricorso in cassazione; che nel caso di specie, in forza della citata procura generale, l’Avv. M. ha poi nominato quale codifensore l’Avv. A.C..

6. L’eccezione è fondata.

7. Secondo l’indirizzo consolidato, il procuratore generale alle liti non può svolgere, in rappresentanza e per la difesa del mandante, l’attività propria del difensore davanti alla Corte suprema di Cassazione, essendo necessario per il relativo giudizio che il difensore stesso sia munito, a pena di inammissibilità del ricorso e del controricorso, della procura speciale prevista dall’art 365 cod. proc. civ. (Cass. n. 3277 del 1976). Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 10266 del 2018) hanno definito “inammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto da un avvocato munito di una procura notarile di carattere generale, priva di ogni riferimento alla sentenza impugnata e all’impugnazione da proporsi”. Parimenti inammissibile è stato considerato il ricorso per cassazione sottoscritto dal difensore al quale sia stata rilasciata la procura speciale da un avvocato munito di procura generale alle liti (peraltro priva di ogni riferimento alla sentenza impugnata e all’impugnazione da proporsi), poiché il procuratore generale alle liti non è abilitato a conferire, a nome del proprio rappresentato, né a se stesso né ad altri, la procura ex art. 365 c.p.c.” (Cass. n. 28217 del 2019). Alla luce di tali rilievi deve dichiararsi inammissibile il controricorso della società.

8. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1751 c.c. in combinato disposto con l’art. 3 Cost. e con l’art. 12 delle preleggi. Si censura la sentenza d’appello per avere interpretato l’art. 1751 c.c. in senso preclusivo del diritto all’indennità di cessazione del rapporto invocato dalla ricorrente, sull’erroneo presupposto che il riferimento alle ragioni di età previsto da detta norma sarebbe incompatibile con l’istituto della pensione anticipata di vecchiaia, che ha sostituito la pensione di anzianità, in quanto fondato su un requisito contributivo; si afferma che l’istituto della pensione anticipata di vecchiaia è concepito al precipuo scopo di anticipare l’età anagrafica pensionabile in presenza di una rilevante anzianità contributiva e, pertanto, rientra nel novero delle “circostanze attribuibili all’agente quali l’età” di cui all’articolo 1751 c.c.; che l’interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma, in virtù dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, impone di intendere la stessa nel senso che il diritto dell’agente all’indennità sussiste anche in caso di pensione anticipata di vecchiaia.

9. Con il secondo motivo di ricorso si addebita alla sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 degli Aec Commercio 2009, in relazione all’art. 1362 c.c., e dell’art. 13 degli Aec Commercio 2017, per avere la stessa escluso la sussistenza della fonte collettiva del diritto della ricorrente all’indennità suppletiva di clientela. Si assume che la Corte di merito, nell’interpretare l’articolo 12 degli Aec Commercio 2009 avrebbe dovuto tener conto del comportamento successivo delle parti e attribuire rilievo agli Aec del 2017 con cui le medesime parti, preso atto della sopravvenuta introduzione della pensione anticipata di vecchiaia, hanno previsto il diritto all’indennità suppletiva di clientela nel caso di “conseguimento di pensione di vecchiaia e/o anticipata e/o APE Enasarco e/o Inps”.

10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 degli Aec Commercio 2009, in relazione all’art. 1365 c.c., per non avere la sentenza impugnata eseguito un’interpretazione estensiva delle disposizioni degli accordi collettivi, sì da comprendere nell’art. 12 cit. il diritto all’indennità anche in caso di pensione anticipata di vecchiaia, sul rilievo che detto art. 12 non poteva contenere una simile previsione in quanto riferita ad un istituto introdotto legislativamente solo nel 2011.

11. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 degli Aec Commercio 2009, in relazione all’art. 1374 c.c. e ai principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza. Si censura la sentenza d’appello per non aver applicato le fonti di eterointegrazione negoziale indicate dall’art. 1374 c.c., ossia la legge e l’equità; in particolare, per non aver fatto riferimento alla sopravvenuta disciplina di cui alla legge 214 del 2011 e per non aver utilizzato l’equità quale fonte integrativa della norma collettiva, in modo da evitare un diverso trattamento tra gli agenti che hanno avuto accesso alla pensione di vecchiaia e quelli che hanno avuto accesso alla pensione anticipata di vecchiaia per il solo fatto di avere una minore età anagrafica ma una maggiore anzianità contributiva.

12. I motivi di ricorso, che si trattano unitariamente per connessione logica, non possono trovare accoglimento.

13. La sentenza impugnata si è uniformata all’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui l’indennità di cessazione del rapporto, disciplinata dall’art. 1751 cod. civ., non è dovuta quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, in particolare l’età, l’infermità o la malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività (Cass. n. 8008 del 2018; Cass. n. 20089 del 2013; Cass. n. 15784 del 2008 in motivazione).

Al di fuori delle previste eccezioni, il recesso dell’agente rappresenta per legge, sempre (anche in caso di maturazione del diritto alla pensione anticipata di vecchiaia), un fatto impeditivo del diritto all’indennità (conformemente a quanto statuito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 75 e n. 185 del 1970). D’altra parte, l’uso del termine “età” nell’art. 1751 c.c., accanto a quelli di “infermità o malattia”, rende evidente la ratio legis come volta a limitare il diritto all’indennità a ipotesi caratterizzate da impedimento assoluto dell’attività idoneo, appunto, a giustificare il recesso. In tale contesto l’età non può che richiamare il concetto di raggiunti limiti di età per il pensionamento di vecchiaia.

14. La previsione legislativa è certamente derogabile, in favore dell’agente, dalla contrattazione collettiva ma una simile deroga, pur prevista dagli Aec Industria del 2014 e dagli Aec Commercio del 2017, non era contemplata dagli Aec Commercio del 2009, pacificamente applicabili alla fattispecie oggetto di causa.

15. Non è ravvisabile una violazione dei canoni ermeneutici atteso che il comportamento successivo delle parti, che negli Aec 2017 hanno espressamente esteso il diritto all’indennità all’ipotesi di pensione di vecchiaia anticipata, depone logicamente in senso opposto a quanto

preteso dalla ricorrente, come peraltro risultante dalla circolare FNAC citata nella sentenza d’appello.

16. Occorre inoltre considerare che l’art. 1365 c.c. consente l’interpretazione estensiva di clausole contrattuali se inadeguate per difetto dell’espressione letterale rispetto alla volontà delle parti, tradottasi in un contenuto carente rispetto all’intenzione, sicché l’esclusione da tali clausole di casi non espressamente previsti va attuata dall’interprete tenendo presenti le conseguenze normali volute dalle parti con l’elencazione esemplificativa dei casi menzionati onde verificare, alla stregua del criterio di ragionevolezza imposto dalla norma, se sia possibile ricomprendere nella previsione contrattuale ipotesi non contemplate nell’esemplificazione (Cass. n. 9560 del 2017; v. anche Cass. n. 31839 del 2018 in motivazione; Cass. n. 19585 del 2012, in motivazione). Simili caratteristiche, specie quanto al contenuto esemplificativo delle clausole, non sono rinvenibili nella previsione dell’art. 12 degli Aec, e la stessa parte ricorrente nulla argomenta in proposito.

17. Del tutto improprio è il riferimento all’art. 1374 c.c. atteso l’univoco significato letterale dell’art. 1751 c.c., dovendosi inoltre escludere, proprio in ragione della oggettiva diversità e non comparabilità dei presupposti della pensione di vecchiaia e della pensione di vecchiaia anticipata, qualsiasi contrasto con i principi di cui all’art. 3 Cost.

18. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.

19. Non si provvede a regolare le spese di lite in ragione della inammissibilità del controricorso.

20. Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.