Corte di Cassazione ordinanza n. 17314 depositata il 18 agosto 2020
pubblico impiego – reiterazione illegittima di contratti a termine – personale A.T.A. e docenti
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Campobasso ha riformato parzialmente la pronuncia del Tribunale della stessa città con la quale erano state rigettate le domande proposte dai ricorrenti meglio indicati in epigrafe, appartenenti al personale docente o A.T.A., finalizzate alla condanna del Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca Scientifica (Miur) al risarcimento dei danni per la abusiva stipula di plurimi contratti di lavoro a termine e per non esser stata loro riconosciuta, stante la natura a tempo determinato dei rapporti intercorsi, la progressione stipendiale per anzianità di servizio maturata nel tempo; la Corte territoriale in particolare:
– riteneva infondati gli appelli proposti dal personale che era stato medio tempore stabilizzato, avendo i predetti ottenuto il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale essi avevano agito in via risarcitoria;
– riteneva infondata altresì, quanto ai predetti lavoratori, la domanda di riconoscimento del diritto alla progressione stipendiale, stante la portata satisfattiva ad ogni effetto dell’avvenuta stabilizzazione;
– confermava il rigetto della domanda coltivata dagli eredi di F.T., per essere con essa intercorsi soltanto due incarichi a tempo determinato, peraltro con aspettativa contestuale;
– accoglieva l’appello proposto da T.R., P.R. e T.D., i primi due docenti ed il terzo appartenente al personale A.T.A., di condanna del Ministero al risarcimento danno da abusiva reiterazione dei contratti a termine, sul presupposto che vi era stato superamento della durata complessiva di 36 mesi ed era mancata la stabilizzazione, liquidando in favore dei medesimi rispettivamente tre, cinque e 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
– rigettava gli appelli proposti dai lavoratori C.D., R.G. e T.A., perché i relativi rapporti di lavoro non avevano superato la durata complessiva di 36 mesi;
2. avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi, nove appartenenti al personale A.T.A. (N.,M.P.,T.,C.,S.,I.,D.,M.) e sedici docenti (i restanti ricorrenti indicati in epigrafe), cui ha resistito il Ministero con controricorso;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo i ricorrenti assumono la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 97 Cost. e dell’art. 36 d. lgs. 165/2001, per avere ritenuto la Corte territoriale che la intervenuta stabilizzazione impedisse il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno lamentato;
il secondo motivo adduce la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) della Direttiva 1999/70/CE, dell’art. 400 t.u. 297/1994, dell’art. 36 d. lgs. 165/2001, dell’art. 32 d.l. 183/2010, per avere la Corte territoriale ritenuto che le nomine effettuate su organico di fatto non fossero da considerare come effettuate su posto libero e vacante e non dovessero essere quindi computate nel triennio ai fini della verifica dell’abusività della condotta del Miur;
con il terzo motivo è invece dedotta la violazione, ancora ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 1218 e 2697 c.c., per essersi ritenuto, rispetto alla distinzione tra posti attribuiti a termine su organico di fatto o su organico di diritto, che spettasse ai ricorrenti, e non al Ministero, dimostrare le concrete modalità delle corrispondenti assunzioni, al fine di comprovare la concreta abusività;
2. i motivi, da esaminare congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati;
si deve premettere che i ricorrenti, sulla base di quanto si desume dalla motivazione resa dalla Corte territoriale e come è evidente dal tenore dei motivi stessi, sono tra coloro la cui domanda risarcitoria è stata rigettata per essere medio tempore intervenuta nei loro riguardi stabilizzazione con rapporti a tempo indeterminato;
trova dunque applicazione il principio, reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui «nel settore scolastico, nelle ipotesi di reiterazione illegittima di contratti a termine stipulati su cd. organico di diritto, avveratasi a far data dal 10 luglio 2001 e prima dell’entrata in vigore della l. n. 107 del 2015, per i docenti ed il personale A.T.A. deve essere ritenuta misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”, secondo l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia UE nella sentenza dell’8 maggio 2019 (causa C494/17, Rossato), la stabilizzazione acquisita attraverso il pre vigente sistema di reclutamento, fermo restando che l’immissione in ruolo non esclude la proponibilità della domanda di risarcimento per danni ulteriori, con oneri di allegazione e prova a carico del lavoratore che, in tal caso, non beneficia di alcuna agevolazione da danno presunto» (da ultimo, v. Cass. 12 febbraio 2020, n. 3472, a conferma dell’orientamento inaugurato da Cass. 7 novembre 2016, n. 22552);
ciò impone dunque il rigetto di tutti i predetti motivi;
3. il quarto motivo è invece destinato dai ricorrenti alla denuncia di violazione dell’Accordo Quadro, di cui alla direttiva 1999/70/CE (art. 360 n. 3 c.p.c.), in relazione anche all’art. 360 n. 4 c.p.c., sostenendosi che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che, in esito alla stabilizzazione, non fossero dovute le differenze retributive riconnesse alle anzianità di servizio maturate durante i rapporti di lavoro a tempo determinato; il motivo è fondato;
è evidente la differenza sussistente tra l’azione di adempimento per il riconoscimento delle differenze retributive consequenziali alla maturazione dell’anzianità di servizio nella consecuzione dei rapporti a termine tra le parti e la domanda risarcitoria per illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato;
se, pertanto, la sopravvenuta stabilizzazione, sulla base del citato orientamento giurisprudenziale, tacita la pretesa risarcitoria, essa non può comportare l’assorbimento della pretesa retributiva, esercitata in modo indipendente ed autonomo;
rispetto a tale progressione stipendiale vale peraltro il principio, anch’esso ampiamente consolidato, secondo cui «nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere l’anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato» (Cass. 5 agosto 2019, n. 20918; Cass. 7 novembre 2016, n. 22558);
è dunque errata la reiezione della domanda pronunciata dalla Corte territoriale sul presupposto del venire meno del diritto per effetto della stabilizzazione;
tale diritto, in quanto ne ricorrano gli altri presupposti, da accertare in sede di rinvio, è autonomo dal diritto al risarcimento da illegittima reiterazione dei contratti a termine e la stabilizzazione ha semmai l’effetto di comportare, per il periodo successivo ad essa, il ricalcolo dell’anzianità di servizio (a fini giuridici ed economici) in base ai criteri stabiliti, quanto al personale docente, da Cass.28 novembre 2019, n. 31149 (secondo cui «in tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, l’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della l. n. 124 del 1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ah origine” a tempo indeterminato; il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato») e, quanto al personale A.T.A., da Cass. 28 novembre 2019, n. 31150 (secondo cui «in tema di riconoscimento dei servizi preruolo del personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola, l’art. 569 del d.lgs. n. 297 del 1994, si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, nella parte in cui prevede che il servizio effettivo prestato, calcolato ai sensi dell’art. 570 dello stesso decreto, sia utile integralmente ai fini giuridici ed economici solo limitatamente al primo triennio, mentre per la quota residua rilevi, ai soli fini economici, nei limiti dei due terzi; il giudice, una volta accertata la violazione della richiamata clausola 4, è tenuto a disapplicare la norma di diritto interno in contrasto con la direttiva e a riconoscere a ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell’amministrazione, l’intero servizio effettivo prestato»), ma certamente non fa venire meno i diritti retributivi maturati anteriormente per effetto dell’anzianità di servizio stessa;
4. all’accoglimento del quarto motivo segue la cassazione della sentenza e il rinvio della causa alla Corte d’Appello indicata in dispositivo, affinché essa definisca la domanda di riconoscimento delle differenze retributive proposta dai ricorrenti facendo applicazione dei corretti principi sopra indicati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i primi tre, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di L’Aquila, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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