Corte di Cassazione ordinanza n. 21526 del 7 luglio 2022
emendabilità della dichiarazione fiscale
Rilevato che:
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso due cartelle di pagamento relative ad IRES per l’anno d’imposta 2013 e 2014 e la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno d’imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia, di cui già usufruiva la società, e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. Tremonti ambientale, incertezza interpretativa risolta solo a seguito del D.M. 5 luglio 2012, art. 19 che ha chiarito che i due benefici sono cumulabili.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.
Considerato che:
con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 11 del D.L. n. 83 del 2:012 convertito in legge n. 134 del 2012 e 6 della legge n. 388 del 2000 in quanto la detassazione prevista dalla c.d. Tremonti Ambiente non sarebbe applicabile a quegli investimenti che, pur effettuati prima dell’abrogazione (26 giugno 2012) della suddetta agevolazione sono stati oggetto di richiesta mediante dichiarazione integrativa presentata in data successiva (nella specie il 27 dicembre 2012) a tale abrogazione.
Il motivo di impugnazione è infondato.
Secondo questa Corte, infatti:
«1.1. La lettura restrittiva del principio generale di emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede contenziosa non appare corretta.
In primo luogo, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento. Il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8, permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8-bis, inoltre, consentiva nella versione vigente ratione temporis di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
1.2 In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito (a partire da: , Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378) che in tema di imposte dirette che il principio di generale emendabilità della dichiarazione è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli adii:. 1427 ss. e.e. (tra le tante: Cass., Sez. 5, 30 settembre 2015, n. 19410; Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2015, n. 20208; Cass., Sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30172; Cass., Sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., Sez. 5, 24 aprile 2018, n. 10029; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2018, n. 31061; Cass., Sez. 6-5, 12 ottobre 2018, n. 25596; Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2019, n. 2921; Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2019, nn. 26677 e 26678; Cass., Sez. 5, 4 marzo 2020, n. 6016; Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, n. 18079; Cass., Sez. . 30 giugno 2021, n. 18378). In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.
1.3 In tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 , l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è emendabile anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (Cass., Sez. 5, 17 settembre 2014, n. 19537; Cass., Sez. 6-5, 26 ottobre 2015, n. 21740; Cass., Sez. Un., 30 giugno 2016, n. 13378; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11507; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27583; Cass., Sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 20201 n. 1862; Cass., Sez. 5, 28 ottobre 2020, n. 23669; Cass., Sez. 5, 20 luglio 2021, n. 20684; Cass., Sez. 5, 24 agosto 2021, n. 23382). Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass., Sez. 5, 28 novembre 2018, n. 30796; Cass., Sez. 5, 17 ottobre 2019, n. 26382; Cass., Sez. 5, 14 novembre 2019, n. 29651; Cass.., Sez. 5, 29 aprile 2020, n. 8352).
1.4 Dunque, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati Del resto una interpretazione giurisprudenziale che non consentisse la correzione della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito, incompatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cast., comma 1, e de/l’oggettiva correttezza de/l’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cast., comma 1 (Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2011, n. 2226; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862).
Tali principi sono stati altresì di recente ulteriormente precisati ritenendo che il termine annuale di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa e finalizzata all’utilizzo in compensazione del credito eventualmente risultante, così come non interferisce sul termine di decadenza di quarantotto mesi previsto per l’istanza di rimborso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (tra le tante: Cass., Sez. 5, 20 aprile 2012, n. 6253; Cass., Sez. 5,:17 settembre 2014, n. 19537; Cass., Sez. 5, 27 febbraio 2015 n. 4049; Cass., Sez. 5, 5 dicembre 2018, n. 31398; (ass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862) non esplica alcun effetto sul procedimento contenzioso instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria, quand’anche fondata su elementi o dichiarazioni forniti dal contribuente medesimo.
1.5 In conclusione, è stata affermata l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’amministrazione tributaria, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione, impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella (tra le tante: Cass., Sez. 5, 4 maggio 2004, n. 8456; Cass., Sez. 5, 29 maggio 2006, n. 12787; Cass., Sez. 5, 24 marzo 2010, n. 7086; Cass., Sez. 5, 5 maggio 2011, n. 9872; Cass., Sez. 5, 28 gennaio 2020, n. 1862; Cass., Sez. 6-5, 27 luglio 2020, n. 15982).
Ora, con riferimento al caso in esame la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal conto energia (D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 25, comma 10), di cui già usufruiva la società contribuente, e della detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “Tremanti ambientale” (L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19). Incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito del D.M. 5 luglio 2012, art. 19, il quale ha posto fine ad ogni incertezza circa la possibilità di cumulare i due benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione (in termini: Cass., Sez. 6-5, 27 luglio 2020, n. 15982).
In tale direzione, anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle Entrate il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione c.d. “Tremanti ambientale” (L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 6, commi da 13 a 19) mediante dichiarazione dei redditi integrativa D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ex art. 2, comma 8-bis, chiarendo quanto segue: “Con riguardo, infine, alla possibilità di beneficiare dell’agevolazione in un periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento ambientale, conformemente a quanto chiarito con la risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010 in relazione alla già citata agevolazione “Tremonti-ter”, si è ritenuto che la mancata indicazione della deduzione per fruire della detassazione ambientale entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale deduzione in sede di dichiarazione dei redditi integrativa ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis. Decorsi i termini per la presentazione della dichiarazione a favore di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, è altresì possibile recuperare l’agevolazione presentando un’istanza di rimborso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38″.
1.6 La sentenza impugnata si è pienamente uniformata al principio enunciato, evidenziando che: “Nel caso che ci occupa non è previsto né un termine entro il quale il contribuente deve manifestare l’intenzione di valersi della “detassazione” connessa all’investimento ambientale, né è previsto un modulo di dichiarazione predisposto dall’amministrazione La “detassazione” in commento, lungi dal dover essere specificamente indicata nella dichiarazione ai fini delle imposte dirette, consiste in una semplice variazione in diminuzione dell’imponibile IRES che sicuramente rientra nella categoria “di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti e/o valutati” di cui alla citata sentenza n. 15063/2002. Il motivo di appello tendente ad affermare la natura di opzione irrevocabile della dichiarazione fiscale relativa al 2011 e conseguentemente di quella relativa al 2013 qui in esame nella parte in cui non fruisce del beneficio “Tremanti Ambiente” deve essere perciò disatteso”» (Cass. 16 febbraio 2022 n. 5058)
Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionali – affermando che la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno d’imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società ma all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni nella tariffa incentivante prevista dal conto energia, di cui già usufruiva la società, e della detassazione de9li investimenti ambientali previsti dalla c.d. Tremanti ambientale, incertezza interpretativa risolta solo a seguito del D.M. 5 luglio 2012, art. 19 che ha chiarito che i due benefici sono cumulabili – ha correttamente ritenuto che nel caso di specie la mancata richiesta del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad un comportamento discrezionale e negligente della parte contribuente ma ad una obiettiva incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità delle agevolazioni, incertezza interpretativa che è stata risolta solo in un momento successivo rispetto a quello della dichiarazione, cosicchè non può ragionevolmente rimproverarsi ,al contribuente! di non avere tempestivamente avanzato richiesta dell’agevolazione, e d’altra parte il riconoscimento della possibilità di chiederla in seguito mediante dichiarazione integrativa è coerente con l’impossibilità cli assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.), e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).
Pertanto, infondato l’unico motivo di ricorso il ricorso va conseguentemente rigettato; la condanna alle spese segue la soccombenza.
Poiché risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778;; Cass. 27 ottobre 2021, n. 30191).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 5.600 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.