Corte di Cassazione ordinanza n. 22051 depositata il 12 luglio 2022
deroga al principio di cui all’articolo 97 della Costituzione – stabilizzazione nell’impiego pubblico
RILEVATO CHE:
1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 1.10.2015, respingeva il gravame proposto dal Comune di San Felice Circeo avverso la decisione del Tribunale di Latina che, ritenuta la giurisdizione del G.O., aveva riconosciuto il diritto di C.M. alla stabilizzazione, ex art. 1 comma 588, legge n. 296/2006 (legge Finanziaria per l’anno 2007), dichiarando, previa disapplicazione della delibera (recante n. 28/2009) adottata in via di autotutela dall’ente locale, sussistente un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dal dì di pubblicazione della graduatoria.
2. la Corte distrettuale, ferma la giurisdizione del O. non più sottoposta a contestazione in appello, respinta l’eccezione di litispendenza in ordine al giudizio incardinato dinanzi al TAR Lazio per l’annullamento della delibera cit., osservava che la C.M. era in possesso di tutti i requisiti per la chiesta stabilizzazione avendo: a) prestato attività lavorativa per il Comune dal 2001 al 2008, dapprima con incarichi professionali, poi con collaborazioni coordinate e continuative e infine con contratti di somministrazione di lavoro subordinato nel settore «servizi alla persona» per cui era stato bandito il posto di Istruttore Direttivo Specialista in Attività Socio-Assistenziali e Servizi alla Persona, Cat. D1; b) partecipato alle relative prove selettive a evidenza pubblica, all’esito delle quali la commissione esaminatrice aveva individuato nella ricorrente, con graduatoria approvata dal Comune, la sola vincitrice;
3. evidenziava come la prova testimoniale, espletata in prime cure, aveva accertato, al dì là del formale inquadramento come lavoro autonomo, l’effettiva natura subordinata dei rapporti intercorsi con il Comune nell’intero periodo 2001/2008;
4. rilevava come fosse incongruo il richiamo all’art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, posto che la configurabilità dei pregressi rapporti di lavoro subordinato, oggetto di indagine istruttoria, non era in funzione della «conversione» in rapporti a tempo indeterminato, ma requisito fattuale per conseguire la stabilizzazione cui la ricorrente, in definitiva, aveva diritto dopo l’attivazione, e il favorevole completamento, della relativa procedura selettiva;
5. di tale decisione domanda la cassazione il Comune di San Felice Circeo, affidando l’impugnazione a unico motivo illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, la C.M.;
CONSIDERATO CHE:
1. il Comune denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 35 e 36 del d.lgs. 165/2001, dell’art. 1, comma 588, legge n. 296/2006, degli artt. 2126 e 2932 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte distrettuale affermato l’esistenza di una prestazione di fatto di lavoro subordinato a tempo determinato, onde precostituire, in tal guisa, il presupposto per l’accesso alla stabilizzazione ex lege Finanziaria per l’anno 2007;
1.1 evidenzia che l’accertamento dell’abuso delle forme contrattuali flessibili di cui si avvalgano le pubbliche amministrazioni non può implicare la conversione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato;
1.2 aggiunge che si era verificato «un doppio salto logico- giuridico» trasformando dapprima un rapporto di lavoro autonomo in uno subordinato a tempo determinato e poi convertendo quest’ultimo, pur in assenza di concorso pubblico, in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con illegittima costituzione dello stesso ex art. 2932 cod. civ.;
1.3 che dal rapporto di lavoro subordinato di fatto a tempo determinato avrebbe potuto solo scaturire il riconoscimento dei diritti stabiliti dall’art. 2126 cod. civ.;
1.4 che per poter partecipare alla procedura di stabilizzazione la C.M. avrebbe dovuto essere stata preventivamente assunta validamente con contratti a tempo determinato, il che non si era verificato visto che la ricorrente, al momento della selezione, non era in forza presso l’Ente locale con contratto di lavoro a tempo determinato;
2. il ricorso è fondato perché la sentenza impugnata, nell’affermare che potesse essere valorizzata, ai fini della partecipazione alle procedure di stabilizzazione, l’instaurazione in via di mero fatto del rapporto di impiego, ha deciso la controversia discostandosi dal principio di diritto recentemente affermato da questa Corte secondo cui «le norme sulla stabilizzazione del personale in servizio a tempo determinato costituiscono una deroga al principio dell’accesso mediante concorso, di cui all’art. 97 Cost., e devono pertanto considerarsi tassative, non potendo applicarsi, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, oltre i casi da esse regolati» (Cass. 10 marzo 2021, n. 6718; conf. Cass. n. 21200/2020);
2.1 le disposizioni normative che vengono in rilievo non consentono in alcun modo di valorizzare, ai fini dell’accesso alle procedure, lo svolgimento solo in via di fatto di prestazioni di natura subordinata, rese in difformità rispetto alla qualificazione formale del rapporto intercorso fra le parti, perché l’art. 1, comma 558, della legge n. 296/2006 individua la platea dei destinatari mediante il richiamo al «personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge […] purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge» ed è chiaro, quindi, nel richiedere il requisito della formale assunzione, requisito al quale fa riferimento anche il periodo successivo («Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive»);
2.2 la giurisprudenza della Corte Costituzionale da tempo ha evidenziato che un interesse pubblico idoneo a giustificare la deroga al principio del pubblico concorso, al fine di valorizzare pregresse esperienze professionali dei lavoratori assunti, può ricorrere solo in determinate circostanze (Corte Cost. sentenza n. 167 del 2013), in quanto se «il principio dettato dall’art. 97 Cost. può consentire la previsione di condizioni di accesso intese a consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione» (Corte Cost. n. 189 del 2011), occorre, tuttavia, che «l’area delle eccezioni alla regola del concorso» sia «rigorosamente delimitata» e non si risolva «in una indiscriminata e non previamente verificata immissione in ruolo di personale esterno attinto da bacini predeterminati» (Corte Cost. n. 227 del 2013, richiamata dalla più recente Corte Cost. n. 113 del 2017 in tema di passaggio da società privata ad ente pubblico);
2.3 sulla base dei richiamati principi è stata affermata l’illegittimità delle leggi regionali che avevano esteso la platea dei destinatari delle procedure di stabilizzazione sul rilievo che spetta al legislatore nazionale individuare i limiti entro i quali si può consentire l’accesso all’impiego pur in assenza di concorso pubblico ed a tal fine «non è in particolare sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l’amministrazione, né basta la “personale aspettativa degli aspiranti” ad una misura di stabilizzazione» (Corte Cost. n. 51/2012 che richiama Corte Cost. n. 150/2010);
2.4 la giurisprudenza del Giudice delle leggi, pertanto, esclude che le norme qui in rilievo possano essere applicate oltre i casi tassativamente previsti e che, ai fini dell’accesso alla procedura, al requisito dell’assunzione con contratto a tempo determinato, obiettivamente verificabile in quanto documentato, possa essere equiparata l’instaurazione di fatto di un rapporto diverso da quello formalmente intercorso fra le parti;
2.5 al riguardo giova rammentare che nell’impiego pubblico contrattualizzato la difformità con il tipo contrattuale, in violazione delle norme imperative che fissano i limiti e le condizioni per il ricorso al lavoro flessibile, produce ex art. 36 d.lgs. n. 165/2001 la nullità del rapporto e consente solo di invocare le tutele di cui all’art. 2126 cod. civ., tutele limitate al versamento di retribuzioni e contributi e non suscettibile di essere estesa anche ad altri diritti;
2.6 conclusivamente, la sentenza impugnata non è immune da censure, perché la Corte territoriale, dopo avere accertato che gli schemi formali della collaborazione coordinata e continuativa e della somministrazione di lavoro subordinato erano stati utilizzati per instaurare di fatto un rapporto di natura subordinata a tempo determinato, ha affermato, in evidente conflitto con i principi richiamati nei punti che precedono, che fosse possibile l’accesso alle procedure di stabilizzazione;
3. alla stregua delle suesposte argomentazioni, deve pervenirsi all’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa compensazione
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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